Nico Cereghini: “Superficialità e colpe nella vicenda Márquez”

Nico Cereghini: “Superficialità e colpe nella vicenda Márquez”
Tutte le responsabilità sono finite addosso al professor Mir, un luminare di fama internazionale che tuttavia nemmeno prova a difendersi. L’impressione è che siano stati in tanti a sbagliare, magari inseguendo il business. E la FIM…
24 agosto 2020

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Ciao a tutti! La clamorosa vicenda di Marc Márquez non ha precedenti nel nostro sport. Mai visto un pilota di questa importanza finire k.o. per quella che appare una serie incredibile di leggerezze. Il mio primo pensiero, dopo l’annuncio del lunghissimo stop sabato scorso, è andato subito a Marc, con l’augurio sportivo di recuperare al più presto. E’ un grande, lo dico con sincera ammirazione per il pilota, e immagino quanta angoscia abbiano provato l’uomo e la sua famiglia. Il quadro è evidentemente più complicato del previsto. Ma come diavolo si è arrivati a questa sconfitta della medicina e dello sport professionistico? Tutta colpa del professor Mir? E’ la tesi trapelata dal clan di Marc, ma personalmente dubito che sia semplicemente così.

Il catalano Xavier Mir è primario presso l’apprezzato Dexeus University Hospital di Barcellona, ed è specializzato nella chirurgia del braccio, dalla clavicola alla mano. Per il giornale scientifico britannico Lancet, Mir è “il miglior traumatologo di Spagna” e lo stesso Alberto Puig, dopo l’intervento del 21 luglio scorso, dichiarava al sito della MotoGP: “Sinceramente, l’operazione è stata spettacolare. Sappiamo che il dottor Mir è bravissimo e ha fatto veramente un lavoro fantastico!”.

Poi molti medici hanno espresso dubbi sulla qualità dell’intervento e sulla stabilità del braccio con quella placca. Lo ha fatto per noi anche il professor Lombardi. Sappiamo però che la spalla di Marc aveva già subito operazioni complesse, e che l’introduzione di un chiodo intramidollare era forse sconsigliabile. Tuttavia il punto mi pare questo: può un luminare come Mir sbagliare l’intervento, autorizzare il percorso di una ripresa da record, seguire passo passo il pilota nella sua erculea rieducazione e poi letteralmente sparire senza difendersi? Qualcosa non torna.

Ho in mente un flash. Sabato 25 luglio, terminate le FP3: dopo 18 giri fatti con il diciannovesimo tempo ed evidenti difficoltà alla curva 6 nella frenata da quasi 300 a 70 orari, Marc era molto affaticato, dolente, forse sfinito. Sembrava che ne avesse abbastanza, invece no: Il dottor Charte, con Puig ed Alzamora, fanno un consulto e comunicano: Márquez scenderà in pista anche per la FP4. Dopo undici giri il campione si arrenderà definitivamente.

Il dottor Angel Charte è amico di Mir e presiede la commissione medica: due giorni prima aveva dato il via libera al pilota dopo prove severe e le famose flessioni del protocollo medico. Anche l’italiano Giancarlo Di Filippo, FIM medical officer, dichiarava al sito ufficiale della Dorna che Marc "ha subito l'operazione e sta bene. Ha superato tutti i test in modo eccellente, dal nostro punto di vista è idoneo a correre il GP, non abbiamo dubbi. Tutti i test sono stati positivi, non ha dolore o sofferenza, dal punto di vista medico è in forma”. 

Ora mi pare che, come minimo, il protocollo vada modificato. Se molti medici esterni al gioco avevano espresso dubbi sulla tenuta della placca, è possibile che gli unici a non averne siano stati proprio quelli della commissione? E la Honda, e Puig, e Alzamora, e la famiglia Márquez, ed Ezpeleta, che controlla anche la commissione, tutti santi e vittime del cattivo dottor Mir?

Io ci leggo una generale superficialità colpevole. Non mi interessa stabilire chi abbia più responsabilità e chi ne ha meno, piuttosto mi auguro sinceramente che Marc non abbia subìto altri danni al braccio: qualcuno insinua che due o tre mesi siano addirittura troppi per una “semplice” frattura dell’omero. Aspettando Márquez con fiducia, mi limito a dire che la faccenda fa acqua da tutte le parti, e che la FIM debba intervenire: con una inchiesta, e con la ricerca di misure più serie per l’ammissione in gara di un pilota traumatizzato.

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