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Ciao a tutti! Ho lasciato passare qualche giorno, ma sulla vittoria di Valentino Rossi a Misano devo tornare: troppo bella, troppo importante per non aggiungere qualche nota personale. Mi ha colpito come è arrivato il famoso primato: diciotto anni tra la sua prima vittoria in carriera (Brno, agosto 1996, con la 125 Aprilia) e quella della settimana scorsa. Sarebbe anche bastato un successo fortunoso, una gara baciata dalla sorte come ogni tanto succede, fuori uno fuori due e il terzo vince, il vecchio record di Capirossi sarebbe saltato comunque. Invece è stata una vittoria autentica, ottenuta di forza, tanto bella quanto sorprendente. Ecco, la grandezza della domenica romagnola è proprio qui: Valentino Rossi celebra diciotto anni di carriera con il sorriso più radioso che ha, una soddisfazione totale e che si merita tutta.
Li leggo sempre, i vostri commenti, anche quelli che sono fuori dal coro perché non amano il 46. In certi casi posso anche capire: a me non piaceva Agostini perché vinceva troppo e poi era vanitoso e non sembrava tanto appassionato di moto; mi pareva che mettesse i soldi e le ragazze sui primi gradini del suo podio personale, le corse soltanto al terzo posto. E questo allora mi pareva brutto. La mia era soprattutto invidia, lì per lì non mi sembrava, l’ho capito dopo. Rossi, come Ago, ha vinto tanto, ha vinto troppo; a molti sta sullo stomaco soltanto per questa ragione, mentre altri detestano la sua destrezza mediatica, o la leggerezza, o il carattere, o la fortuna, o tutto quanto. Del resto non si può piacere a tutti e anche Valentino ormai se n’è fatto una ragione.
Rossi, come Ago, ha vinto tanto, ha vinto troppo; a molti sta sullo stomaco soltanto per questa ragione
Io, che sono in una posizione speciale perché posso dire di averlo visto nascere e ho fatto qualche corsa in 500 con il suo babbo, per Vale ho simpatia e affetto. Posso non essere tanto obiettivo, però ho una certa esperienza avendo studiato da vicino Ago, Hailwood, Nieto e tutta la compagnia fino a Roberts, Doohan e ai giorni nostri. Sono convinto che chi ama lo sport, chi è sportivo davvero, non può non apprezzare un atleta che dura così tanto nel tempo gareggiando quasi sempre al vertice. E tutti, credo, potranno condividere questo: Valentino ama la moto non come un pezzo di ferro ma come una forma d’arte; la ama profondamente, prova una passione per la moto che è comune a molti di noi.
Mi viene in mente Kenny Roberts, tra i grandi appassionati. Anche lui amava i traversi, e gli piaceva pasticciare con telai e motori fino a diventare costruttore di moto da corsa. Nel suo ranch in California c’erano piste e pistine, bici e motorette dappertutto, un grande garage con moto segate e saldate in tutti i modi. Kenny tirava su così i suoi ragazzini. Tanti altri piloti hanno amato la moto, naturalmente, e quasi tutti hanno cominciato per passione; ma poi si sono riempiti i garage di automobili prestigiose e sulle moto “normali” non ci sono andati più.
Questo mi piace di Valentino Rossi. In moto ci va tanto. E quando lo vedi guidare come ha fatto a Misano, così bene e così pulito, capisci che la sua carriera lunga diciotto anni sta a metà tra lo sport e l’arte.