Nico Cereghini: “Viva Márquez, abbasso le cadute”

Nico Cereghini: “Viva Márquez, abbasso le cadute”
Campione vero, ha imparato anche a gestire il campionato. Adesso chi lo ferma più? Le cadute invece hanno fermato troppi piloti a Motegi: se ci fosse un modo per cadere senza danni?
18 ottobre 2016

Punti chiave

Ciao a tutti! Grande Márquez, che conquista in anticipo un titolo strameritato: dopo un anno - il 2015 - che lui stesso giudica negativamente “con un titolo buttato via”- è diventato un vero fuoriclasse anche nella gestione delle gare, e non solo in quella della moto. Ventitré anni, ci pensate? Talento 10, guida 10, lucidità 10. Sul valore dell’uomo ancora sospendo il voto: il finale della stagione scorsa non mi è piaciuto, vedremo in seguito, non c’è fretta, di sicuro Marc sarà sotto i riflettori per tanti anni ancora.


E dopo la premessa, passo alle cadute. Quelle di Rossi e Lorenzo in gara sono state clamorose e forse imperdonabili, d’accordo, ma a Motegi fin dalle prove le emozioni sono state troppe. L’immagine del volo di Pedrosa il venerdì, una ventina di metri in aria prima di rovinare a terra e fratturarsi una clavicola, vale quell’altra di Lorenzo il sabato, lanciato a quasi tre metri dal suolo e poi precipitato a terra. Due high side terrificanti come non si vedevano da tempo, due sequenze che fanno pensare. Primo, il controllo elettronico della trazione non doveva scongiurare le perdite improvvise di aderenza in accelerazione? Pareva funzionare, ma qui ha toppato completamente: chiederò all’ingegner Bernardelle di spiegarmi l’arcano e ne parleremo in DopoGP. Secondo, le conseguenze fisiche sono state pesanti anche senza alcuna problematicità della pista. Dani salterà ben tre gare e Jorge ha pagato subito, cadendo ancora domenica - questa volta in modo più convenzionale, con la perdita dell’avantreno - nel tentare di difendersi dal Dovi e dal dolore.


Le protezioni dei piloti hanno fatto passi da gigante, l’air bag si sta evolvendo in fretta, e tutti i professionisti lo usano: Lorenzo, una volta piombato sull’asfalto, è rimbalzato vistosamente proprio perché “gonfio” d’aria. Ma la sicurezza assoluta non esiste. Non c’è sulla strada – e questo ci deve spingere a proteggerci sempre e a guidare con grande attenzione - e non c’è nemmeno sulle migliori piste del mondo. Un amico, noto medico e specialista delle arti marziali, ieri mi ha detto: “Se Pedrosa si fa sempre male un motivo ci sarà: magari non sa cadere”. “Magari è fragile e basta” ho risposto io, aggiungendo “non credo che esista una tecnica per cadere bene, solo fortuna”. Però poi osservo come cade Thomas Luthi e un dubbio mi viene. Il pilota svizzero, da qualche anno, quando vola via tiene le braccia attaccate al tronco e non prova a ripararsi o a fermare le capriole successive. E’ probabile che in questo modo abbia evitato qualche frattura a braccia e clavicole, e di sicuro si fida ciecamente della tuta, del casco e delle sue protezioni.


Certo, Lorenzo e Pedrosa sono stati catapultati in aria in pochi millesimi di secondo, forse sono stati sorpresi dal tradimento del loro traction control, forse non hanno avuto nemmeno il tempo di realizzare, ma un po’ mi stupisce che non ci abbiano almeno provato, a raccogliersi prima dell’impatto. L’istinto di sopravvivenza lavora così anche nel mondo animale, tant’è vero che per definire chi cerca di difendersi da un pericolo esterno, materiale o immateriale che sia, si dice “chiudersi a riccio”. Lorenzo e Pedrosa: forse si può evitare qualche danno, forse il mio amico medico non parla a caso.

Nico_Motegi
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