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Dovi è stato ammesso tra le Leggende della MotoGP, entrerà ufficialmente nel clan al Mugello, e naturalmente ne siamo molto felici per lui. In parte sorpresi - come del resto è rimasto sorpreso lo stesso Andrea - ma felici perché conosciamo direttamente il valore del pilota forlivese: che nella carriera ha espresso classe, tenacia, tecnica, impegno, passione.
Sono tutte qualità che a Dovizioso vanno assolutamente riconosciute, e in più ci mettiamo l’onestà intellettuale, quella dote che qualche volta gli ha complicato la vita ma che a tutti noi, appassionati e giornalisti, ha regalato analisi sicure, precise e comprensibili. E di ciò gli siamo particolarmente grati.
Tutto questo per precisare che non sottovalutiamo e neppure intendiamo mancare di rispetto al Dovi quando ribadiamo in questa occasione ciò che abbiamo già scritto in passato: cosa si aspetta a inserire tra le Leggende piloti italiani come Luca Cadalora e Loris Capirossi? Perché questa volta si è pensato anche ad Hans-Georg Anscheidt e non a Eugenio Lazzarini o Pier Paolo Bianchi che di titoli ne hanno vinti tre nelle piccole cilindrate esattamente come il tedesco? E perché non figura ancora tra le Leggende il grandissimo Walter Villa, scomparso nel 2002, che quattro volte ha conquistato il titolo mondiale nelle classi intermedie come Max Biaggi o Kork Ballington che sono già lì tra i grandissimi?
Se scorriamo la lista dei prescelti, balza agli occhi la mancanza di un criterio riconoscibile. Ci sono giustamente le grandi stelle come Ago, Nieto e Mike, ci sono anche piloti che hanno vinto un solo titolo, come Lucchinelli o Uncini o Schwantz o Gardner o altri. Come il Dovi appunto, che ha conquistato la classe 125 nel 2004. E c’è persino chi non ha vinto nemmeno un titolo, come Randy Mamola. Noi non crediamo che debba essere la simpatia a premiare questo o quel pilota. Ma allora, cosa conta?
Deve per forza contare il palmares individuale di ogni pilota, devono contare i titoli e i GP vinti. E magari, siamo d’accordo, anche il posto che la storia ha loro assegnato nel cuore degli appassionati, come è il caso di Jarno Saarinen o di Marco Simoncelli: hanno vinto un solo titolo ma intorno ai loro nomi c’è un’aura che è davvero leggendaria.
Adesso non si può fare una ammucchiata, naturalmente, non sarebbe bello nominare da un giorno all’altro decine di Leggende. Si capisce insomma che le nomine vadano centellinate, anche per dare prestigio all’operazione. Non ci aspettiamo dunque che da domani possano entrare con le fanfare Villa, Cadalora, Capirossi, Bianchi e Lazzarini. Ciò che chiediamo è che l’organizzatore fughi ogni dubbio di parzialità e renda pubblico e comprensibile il criterio di assegnazione.