Pasolini e Saarinen, il 20 maggio di 51 anni fa

Non possiamo lasciar passare un 20 maggio senza il ricordo per Pasolini e Saarinen. Quel giorno tragico è vivo nella memoria di tanti appassionati: alcuni di loro erano lì a Monza, gli altri sanno perfettamente cosa facevano quando è arrivata la bruttissima notizia
20 maggio 2024

Purtroppo, c’è subito un’altra data di maggio da ricordare. Domenica 16, anno 1976, quando al Mugello Otello Buscherini e Paolo Tordi videro spezzate le loro vite in due incidenti distinti. Noi, come tanti, non li dimentichiamo e qui sotto c’è un video che denuncia le responsabilità di quel tragico giorno.

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E ora il mio ricordo personale. Il 2 maggio del 1973, per il GP delle Nazioni, ero alla Parabolica, all'interno, sotto la torretta che si protendeva sulla pista all'ingresso della più celebre curva di Monza. Di fronte a me avevo la tribuna di cemento, quella parallela al rettilineo di arrivo, una enorme gradinata coperta che si affacciava nella via di fuga.

Dalla Parabolica avevamo appena assistito alla delusione di Pasolini nella corsa delle 350. Bruciante, enorme delusione: Renzo era in testa con la sua HD bicilindrica due tempi, aveva staccato Ago sulla MV, aveva rotto il motore nel finale quando sembrava fatta.

In tanti eravamo per Pasolini e quel giorno aspettavamo la possibile rivincita in 250; anche se era difficile, ancora più difficile battere Jarno Saarinen, che con la Yamaha aveva dominato le prime tre gare mondiali dell'anno al Castellet, al Salz, ad Hockenheim sette giorni prima. Troppo forte per tutti, il finlandese, ma a qui a Monza si poteva sognare.

C'era il sole, quel 20 maggio, una splendida giornata di primavera. Al box di Renzo c'erano i suoi meccanici ma non i familiari, perché il figlio Stefano Renzo era molto piccolo e la bimba, Sabrina di sette anni, era convalescente dopo l'intervento dell'appendicite. Anna Maria, la moglie, che aveva paura delle moto, quella volta era rimasta a casa. Con Jarno invece c'era la moglie Soili, come sempre, quella bella ragazza bionda di cui tutti eravamo un po' innamorati.

Al primo giro, alla prima curva, l'inferno. Se volete, in questo nostro video di qualche anno fa trovate la ricostruzione dettagliata dell'incidente alla curva Nord, più nota come il Curvone, insieme alle testimonianze di Gallina e del dottor Costa che provò a rianimare Renzo Pasolini in quella bolgia, con una decina di piloti rovinosamente caduti, le moto e la paglia dappertutto. Il pilota italiano dava ancora qualche debole segno di vita, Jarno era morto sul colpo, la testa fracassata.

Lì dove eravamo, alla Parabolica, avevamo sentito l'urlo dello speaker, "partiti!", seguito come sempre da due secondi di quiete assoluta e poi dal concerto lontano dei motori avviati a spinta. Poi più nulla. Davanti a noi passarono lentamente pochi piloti, Lega, Gallina e un paio d'altri. E quel silenzio, irreale, pesante, interminabile, con la certezza che era avvenuto qualcosa di molto grave.

Passavano i minuti, lo speaker taceva e la gente sulla tribuna dall'altra parte della pista voleva sapere, rumoreggiava, c'era chi gridava. Qualcuno mi vide confabulare con un commissario di pista che si era appena staccato dal walkie-talkie e, riconoscendomi come il giovane giornalista di Motociclismo, mi urlò: "Cereghini, cosa ti han detto?".

Non me la sentii di riferire quello che avevo appena saputo, cioè che Saarinen era morto e Pasolini, come Villa, era gravissimo. Come si poteva trasmettere brutalmente, attraverso la pista e ad alta voce, una notizia così terribile? Cercai di sottrarmi, di scappare più velocemente possibile per correre ai box, molti in tribuna mi maledirono.

Renzo Pasolini, come il papà che non ha conosciuto

Aveva soltanto tre anni, il piccolo Renzo, quel 20 maggio del 1973; ricorda che era a casa con la mamma e la sorellina davanti al televisore per seguire la gara, ci fu confusione e qualcuno spense l’apparecchio. Solo qualche giorno dopo gli dissero, tra mille cautele, che il papà non c’era più; ma naturalmente non sa distinguere tra il ricordo personale e i racconti ascoltati in seguito.

Nel periodo successivo alla tragedia di Monza, la mamma Anna Maria, un anno più del marito, ha cercato e trovato lavoro; aveva studiato, era maestra d’asilo, ha tirato su i due figli da sola perché i nonni paterni stavano a Rimini e quelli materni in Sardegna.

“E’ una donna tosta - ci conferma Renzo junior-  ha appena fatto la protesi all’anca e sta riprendendo a camminare; ancora adesso, a 87 anni, vuole comandarci a bacchetta. Ma anche il papà era tosto, io non l’ho praticamente conosciuto, ma deve aver preso da nonno Massimo che invece ricordo molto bene. Entrambi erano estroversi e generosi, ma sapevano quello che volevano. Papà non ha mai avuto tanta fortuna, ha dovuto lottare, ma credo che si sia anche molto divertito”.

Il giovane Renzo lavora da anni alla MV, reparto amministrazione. Per cominciare, in Cagiva aveva fatto di tutto, anche la catena di montaggio. E prima ancora, quando studiava, nei tre mesi estivi lavorava al reparto corse della Schiranna, con Milani e Mascheroni. Bella scuola.

“Ero solo un ragazzo, ma tra le moto da corsa mi pareva di sognare. E lì ho imparato tanto: sulla mia moto so dove mettere le mani, e adesso il tempo manca, perché abbiamo la bambina piccola, ha 17 mesi, ma ho fatto tante gare in salita, prima con le moto d’epoca e poi con la mia F3. Purtroppo sono arrivato tardi alla moto, mamma non voleva nemmeno sentirne parlare e c’era da capirla. Ma la moto l’ho dentro”.

Il nipote di Renzo, Mattia

Infine sento Mattia, che è il figlio di Sabrina Pasolini, purtroppo scomparsa il 26 luglio dell'anno scorso, e di Cristophe Leonce tecnico della MotoGP. Mattia ha venticinque anni, è professionista sanitario, in casa si prende cura di tre gattini e un cagnolino che erano gli animali della mamma. Di nonno Renzo che idea si è fatto?

"Era un grande, come si direbbe oggi. Penso - aggiunge Mattia - che fosse una persona molto legata alla famiglia, uno a cui piaceva divertirsi e che amava quello che faceva. Il suo mondo erano le moto, come il bisnonno Massimo. Lo raccontano tutti come il tipico romagnolo, battuta pronta, scherzi e bravate. Su Pinterest ho una galleria con oltre 200 sue foto salvate".

Nonna Anna è sempre presente. Purtroppo invece non c’è più la mamma, Sabrina, che assomigliava così tanto al padre pilota, anche fisicamente.

"La mamma era identica al nonno, anche caratterialmente. Era forte nonostante le malattie, sapeva essere tenera e dolce. Ma era anche scherzosa, pronta alla battuta, anche a quella un po' pungente. Il mio papà? E qui accanto a me, quasi in partenza per Barcellona...".

Mattia ha la passione della musica. Da piccolo ricevette la minimoto, poi la moto da cross prima di scoprirsi musicista. Ma la moto resta al centro del suo mondo.

"Le gare non le perdo mai e al Mugello vado tutti gli anni. Il mio preferito in MotoGP oggi? Faccio due nomi, Martin mi piace molto come guida e Marc Marquez... che è Marquez, e non chiede permesso per superare e mi ricorda i piloti politically uncorrect di qualche anno fa…"

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