Pecco Bagnaia: "Se mi trovassi Valentino davanti? Preferisco non pensarci"

Sportivo dell’anno secondo Moto.it: abbiamo tartassato di domande l’iridato Moto2, in visita alla nostra redazione, scoprendo di lui tante cose sia sul piano personale che su quello sportivo
10 dicembre 2018

E’ per tanti motivi l’uomo del momento. Perché ha vinto – benissimo – il suo primo titolo iridato nella Moto2, perché è il primo campione del mondo torinese nel motociclismo, perché debutta in MotoGP con la Ducati nel team Pramac e perché nei primi test, fra Valencia e Jerez, è andato davvero fortissimo, lasciando presagire una stagione molto interessante. E non è un caso se abbiamo voluto intervistarlo durante EICMA, per farci spiegare meglio il suo 2018 e la vita con il compagno di squadra Luca Marini.

La scelta di premiarlo come Sportivo dell’anno 2018 di Moto.it, facendo seguito al premio consegnato l’anno scorso a Tony Cairoli, è stata quasi scontata. E naturalmente, nell’occasione della consegna del premio ad opera del nostro editore, Ippolito Fassati, lo abbiamo invitato in redazione e non ci siamo fatti scappare l’opportunità di fargli un po’ di domande più o meno private, che potete gustarvi nella diretta Facebook che vi presentiamo in fondo all'articolo e di cui vi proponiamo quelle più interessanti qui a seguire.

Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese

Qual è stata la tua gara capolavoro di quest’anno e quale, invece, la peggiore?

«Di capolavori direi che ce ne siano state due. L’Austria, dove ero secondo in campionato perché Oliveira mi aveva superato, e ho vinto la gara all’ultima curva battendo proprio lui. E poi la Thailandia, dove io e Luca(Marini, NdR) abbiamo fatto una gara incredibile. E’ stato un weekend davvero difficile, perché non riuscivo a essere veloce nelle prime sessioni, poi siamo riusciti a metterci a posto per la gara e abbiamo fatto una corsa pazzesca. La peggiore è quasi sicuramente quella dell’Argentina, la seconda gara del campionato: abbiamo lavorato male, gara da dimenticare».

Rookie dell’anno 2017, campione nel 2018. Dove hai fatto la differenza in queste due stagioni?

«Direi che l’anno scorso la svolta ci sia stata ad Aragon: lì ho cambiato mentalità e modo di lavorare. Quest’anno invece è cambiato tutto già dall’inverno, quando ho fatto diversi aggiustamenti al mio modo di lavorare e mi è “cambiata la testa” che per noi piloti è un buon 60%».

In termini di guida dov’è che ti senti più forte?

«Quest’anno guadagnavo molto in percorrenza. Stacco più o meno dove staccano gli altri, però io riuscivo a portare molta più velocità dentro le curve».

Anche se la GP l’avevi già provata, a Valencia sei salito su quella che poi sarà davvero la tua moto. Com’è?

«Mi è piaciuta molto, è una moto piuttosto intuitiva e soprattutto ha una gran connessione fra acceleratore e ruota posteriore. Soprattutto però mi è piaciuta molto la squadra: mi hanno accolto e ascoltato, mi sono sentito davvero bene».

La GP però è diversissima da tutte le altre moto. Qual è l’aspetto più difficile da gestire, come dovrai cambiare la guida?

«Fortunatamente fra Valencia e Jerez abbiamo beccato quattro giorni di sole e siamo riusciti a girare abbastanza. Alla fine la velocità è l’aspetto a cui ci si abitua prima, e che risulta relativamente più facile da gestire. La staccata, invece, è l’aspetto che mi ha limitato di più all’inizio: pensa che al primo giorno a Jerez perdevo sette decimi nelle staccate, fra la curva uno, la sei e l’ultima perché non riuscivo a capire quanto potessi riuscire a frenare. Ecco, l’anno prossimo mi dovrò concentrare a capire qualcosa di nuovo a ogni gara, concentrarmi su un solo aspetto ogni volta, perché in gara c’è davvero pochissimo tempo per lavorare».

Bagnaia in staccata durante i test di Valencia
Bagnaia in staccata durante i test di Valencia

E l’elettronica? Dalla Moto2 dove non ce n’è sei passato alla classe più complicata. E’ difficile?

«Sono fortunato ad avere nel box Tommy (Pagano, NdR) che ha seguito Lorenzo in questi due anni, che mi ha preso per mano e mi sono trovato bene subito. Mi piace questo aspetto, la possibilità di fare la differenza sugli altri lavorando sui dati – soprattutto in tema di consumo gomme, se sei a posto con l’elettronica c’è una bella differenza».

Sei il primo che parla di elettronica sottolineando quanto serva per andare forte, mentre spesso si sostiene che il pilota, potenzialmente, potrebbe andare più veloce senza elettronica. Dove sta la verità? Serve di più sulla distanza, magari per il consumo gomme o benzina, o sul giro secco?

«L’elettronica adesso è fondamentale, perché attualmente una MotoGP pesa 150kg e ha circa 270 cavalli – troppa potenza, difficile da gestire, e anche se in questi primi test ho provato ad abbassare il livello di intervento per capire il comportamento dell’acceleratore, è importante trovare l’equilibrio se no le gomme si finiscono al volo. Senza sarebbe impossibile dare gas, nemmeno in rettilineo, anche in sesta ci si cappotta».

«Poi chiaramente è anche un discorso di consumo benzina, in gara si cambiano dalle due alle tre mappature, e di gomme anche se paradossalmente, più la gomma si consuma, meno bisogno si ha di traction control: quando sei a gomma finita il traction ti rallenta molto, è più efficace il polso destro del pilota. Ma anche sul giro è importantissimo: pensa che a Jerez, dove si gira con una sesta molto corta, se dai gas continua a impennarsi. Spesso non diamo tutto gas nemmeno fra una curva e l’altra, perché perderemmo troppo tempo per colpa delle impennate».

Che obiettivo di posizione ti sei dato per l’anno prossimo?

«Non ho voluto darmene per non mettermi troppa pressione addosso – ne avrò già abbastanza essendo campione del mondo. Il mio unico obiettivo è quello di imparare, stare vicino ai più forti, e vorrei davvero essere rookie dell’anno, perché sono saliti molti piloti forti dalla Moto2».

Ma ne sono rimasti anche diversi di bravi, e altri ne sono arrivati dalla Moto3. Chi saranno i migliori?

«Marini, Binder e Marquez».

Un momento della nostra diretta
Un momento della nostra diretta

Tu sei anche il primo campione della VR46 Academy…

«L’Academy è stata un po’ la mia salvezza, perché mi ha dato una possibilità nel 2013, quando stavo per restare a piedi dopo che il Team Italia sembrava dovesse chiudere. Il nascente team Sky e la VR46 mi hanno preso, trasferendomi a Pesaro per farmi vivere sempre a contatto con dei piloti. E’ cambiato molto, perché passare tutto il giorno assieme ad altri piloti cambia profondamente la mentalità. E poi avere Vale come riferimento, che tutti i giorni ti aiuta a risolvere situazioni difficili che alla fine lui ha già vissuto, è un vantaggio notevole. Il cambiamento più grosso c’è stato dal 2016 a oggi, dove ho preso sempre più consapevolezza delle mie possibilità».

Però non sei uno da traversi, alla 100km del Ranch non ti abbiamo visto.

«Non mi avete visto perché ero ad Andorra a ritirare il premio, anche se avrei preferito essere al Ranch. Comunque sono migliorato molto nell’ultimo anno, perché fino a prima facevo un po’ fatica. Devo aver capito qualcosa nelle ultime quattro volte, perché ho fatto un passo avanti netto, scendendo di colpo con i tempi».

Ma quando ti troverai Valentino davanti, in gara, più lento di te, cosa farai?

«Allora, trovarmi Vale davanti in gara significa essere nei primi tre, quindi non so cosa succederà. Preferisco non pensarci, non sono pronto. Ma sarà sicuramente una gran figata. A Valencia mi è stato un po’ dietro, secondo me per studiarmi e poi abbiamo chiacchierato un po’. Mi ha detto che non guido male… Scherzi a parte, sembra strano ma lui tiene molto a noi, ci tiene che ci troviamo bene con la moto e con la squadra».

Quindi tu sei il primo campione del mondo dello Sky Racing Team, perché Morbidelli faceva parte dell’Academy ma correva con il team Marc VDS. Quanto ti rende orgoglioso questo primato?

«Moltissimo. Il progetto Moto3 era partito benissimo, ma quello Moto2 è stato ancora meglio, perché entravi nel nostro box e capivi già dall’atmosfera di quanto fossimo a posto nonostante ci stessimo giocando il titolo. Oddio, le ultime gare un po’ meno, ma è ovvio che ci sia un po’ di nervosismo. Abbiamo creato un bel gruppo, lavorando molto bene, e i risultati sono arrivati».

Caricamento commenti...