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LOSAIL – Lo dice a caldo, lo ripete a freddo. «E’ stata una delle mie più belle gare di sempre». Ed è vero, perché alla vigilia questa vittoria sembrava impossibile e perché la sfida con Andrea Dovizioso è stata di altissimo livello, contro un pilota forte e determinato.
«E pensare – ripercorre il GP – che non era iniziata nel migliore dei modi. Sono scattato bene, ma alla prima curva tutti sono stati molto aggressivi: sembrava che il mondiale si dovesse decidere in quel momento… Io ho un po’ dormito e mi sono ritrovato indietrissimo, attorno alla decima posizione. Poi, però, ho preso il ritmo, ho superato Pedrosa ed Hernandez (al quarto giro, NDA), ho visto sul cruscotto che avevo fatto un buon tempo, ho capito che Marquez era indietro e c’era una buona possibilità per vincere. Quando ho raggiunto le Ducati, ho visto che ne avevano di più in rettilineo, ma sapevo anche se fossi riuscito a superare Dovi avrei potuto avere un piccolo vantaggio, perché nel T3 e nel T4 ero fortissimo. All’ultima curva, quando non ho sentito il motore della Ducati vicino ho tirato un sospiro di sollievo».
Sono stati due giri incredibili…
«Sì, una delle battaglie più belle in assoluto, paragonabile a quella con Capirossi al Mugello nel 2006, con Lorenzo al Montmelò nel 2009: ho rischiato di cadere 3-4 volte. E poi tre italiani sul podio, come non accadeva non so da quanto tempo (Motegi 2006: Capirossi, Rossi e Melandri, NDA): anche allora, io c’ero…».
Negli ultimi anni hai lottato spesso con gli spagnoli: lottare per la vittoria con Dovizioso è stato più semplice, più difficile, più divertente?
«Ripeto: metto questa battaglia ai primi posti, come una delle più belle della mia carriera: Dovi è un pilota molto intelligente, aggressivo, con una gran voglia di vincere. E’ stato davvero fantastico».
Sei stato l’unico tra i primi a montare la dura anteriore: è stata fondamentale per la vittoria?
«Non lo so, l’ho messa per avere un aiuto a fine GP: credo sia stata la scelta giusta».
Credi che se Marquez non avesse avuto un problema, avresti vinto lo stesso?
«Di getto dico di sì, perché non è comunque riuscito a recuperare lo svantaggio che aveva, ma per rispondere con precisione a questa domanda, devo rivedere la gara, analizzare i dati. Questo, comunque, è un circuito buono per la Yamaha, soprattutto in configurazione gara, e anche se la M1 non è cambiata troppo dall’anno scorso è migliorata in frenata, ha un cambio migliore, è agile, complessivamente più competitiva. Ogni moto ha punti forti e punti deboli, bisogna cercare di sfruttare al massimo ogni vantaggio».
Qui la Honda è stata inferiore alle aspettative, ma con le Ducati così siamo in sei
Alla vigilia hai detto che non è più una lotta a 4 ma a 6: confermi?
«Sì, sicuramente. Qui la Honda è stata inferiore alle aspettative, ma con le Ducati così siamo in sei. E rispetto a qualche tempo fa, quando dominavano Stoner o Lorenzo, le gare sono più avvincenti, si arriva spesso all’ultimo giro».
Ti ricordi l’ultima volta che eri stato in testa al mondiale?
«Direi Qatar 2010: vinsi e iniziarono i guai, perché dopo qualche giorno mi feci male alla spalla facendo motocross, poi mi ruppi la gamba al Mugello, poi firmai per la Ducati…».
A proposito di Ducati, è un caso che molte delle tue battaglie più belle siano sempre contro un loro pilota?
«Direi di sì. Con il Dovi è stata una bella sfida: lui, come tutti, ci tiene particolarmente a battermi e lo stesso vale per me».
Ma come fai a essere ancora a questo livello alla tua età?
«Alla base credo ci sia la passione che ho per le moto: questo non è uno sport così “atletico”, se fai una buona vita puoi stare al massimo livello. La più grande differenza la fa la motivazione e anche la concentrazione».