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Hanno fatto rumore alcune dichiarazioni che Scott Redding ha fatto in una intervista apparsa su Speedweek intorno alla MotoGP. Il britannico, classe 1993, è alla sua terza stagione in SBK, questa volta in sella alla BMW dopo il biennio Ducati; ebbene, commentando la griglia del campionato mondiale delle derivate, dove l’età media si sta abbassando, Scott se l’è presa con la politica vigente in MotoGP.
“Oggi ci sono tanti giovani piloti in MotoGP - ha detto Redding - e non sono pagati come Rossi, Dovizioso o Lorenzo quando sono apparsi per la loro prima volta. Corrono in MotoGP per un anno o due, e se non ce la fanno sono fuori. Costretti così a fare un passo indietro verso la Moto2 o correre in Superbike, dove finiscono per fare meno gare e possono divertirsi un po'. Ecco perché ci sono così tanti giovani corridori anche in SBK”.
Sembra chiaro che Redding pensi al caso specifico di Iker Lecuona, che dopo solo una stagione e mezzo nel satellite KTM della MotoGP è stato appiedato e costretto a cercare nuove sfide con la Honda tra le derivate. E in effetti il modo in cui il giovane valenciano è stato liquidato dalla casa austriaca - del resto analogo al trattamento riservato al nostro Petrucci - non è piaciuto a nessuno.
Ma da qui a pensare che questo sia il metodo imperante ce ne passa…
Redding è arrivato alla MotoGP dopo l’ottimo 2013, disputato in Moto2 con tre successi e la seconda posizione finale. Nella massima categoria fino al 2018, non ha brillato (un podio con la Honda nel 2015 e uno con la Ducati l’anno successivo) eppure ha trovato una sella per ben cinque stagioni.
Forse questi tempi sono diventati lunghi, per una MotoGP dove le moto ufficiali si moltiplicano ed è più facile emergere, ma il caso di Lecuona rappresenta l’eccezione, non la regola. Quanto agli ingaggi, i confronti a distanza di quindici o vent’anni sono difficili da fare: i tempi e le risorse sono molto cambiati. E di sicuro nessuno ha guadagnato tanto al primo anno.