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GERNO DI LESMO – Stupito. «Ancora non ho ben capito perché sono stato scelto da Valentino Rossi». Ma determinato. «Lavorerò giorno e notte per preparare per Valentino una moto che gli dia nuovamente fiducia». Silvano Galbusera, 57 anni il prossimo 3 luglio, è il classico uomo da box, uno di quelli che non si danno pace finché non riescono ad accontentare il proprio pilota. E’ proprio questo, probabilmente, uno dei motivi che ha spinto Rossi a sostituire Jeremy Burgess con il tecnico italiano: per provare a battere – o quantomeno, stare più vicino – a “quei tre là” è necessaria massima dedizione, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Proprio le caratteristiche di Galbusera, mentre, forse, l’australiano, dopo tanti anni, non aveva più la stessa devozione di prima.
Silvano, ripercorriamo brevemente la tua carriera.
«Ho iniziato nel 1979 nel motocross: facevo il meccanico alla Gilera. Ho lavorato con Rinaldi, Maddi, poi ai rally e alla Parigi-Dakar, fino a quando, nel 1992, sono entrato nel motomondiale come tecnico Gilera nella squadra esterna che schierava in 250 Paolo Casoli e Alessandro Gramigni. Nel 1994 sono stato chiamato da Giacomo Agostini alla Cagiva 500 con John Kocinski e nel 1995 Davide Brivio mi ha voluto in Yamaha per il progetto SBK. Ho ricoperto un po’ tutti i ruoli, fino a diventare il coordinatore tecnico. Poi, nel 2012 ho seguito Marco Melandri in BMW, dove sono rimasto fino al 2013».
Una curiosità: avresti potuto andare in Aprilia con Melandri?
«Ne stavamo discutendo, ma la situazione non era chiara per la posizione di Dall’Igna (poi passato alla Ducati, NDA). Per questo ho preso tempo, anche perché avevo anche altre offerte».
Compresa quella di Valentino?
«Quella è arrivata più tardi, totalmente inaspettata. Durante la triplice trasferta di ottobre del motomondiale (Malesia, Australia, Giappone NDA) sono stato contatto da Valentino, che mi ha detto se potevo aspettare prima di decidere qualsiasi cosa, perché avrebbe voluto parlarmi. Poi, prima dell’ultima gara di Valencia ci siamo accordati».
Come ti conosceva?
«Io e Valentino avevamo fatto due test insieme nel 2010, con la SBK, quando lui stava recuperando dopo l’infortunio del Mugello. Nel primo, a Misano, avevamo lavorato per un paio d’ore, mentre nel secondo, a Brno, tutta la giornata o quasi».
Un professionista di altissimo livello. Un po’ come Michael Schumacher
Che impressione ti aveva fatto?
«Quella di un pilota di altissimo livello, come non avevo mai trovato nella mia carriera fino a quel momento: il suo approccio alla SBK era stato incredibile. Era informato su tutto, sapeva ogni tempo realizzato con quella moto su quel circuito: non era lì per fare semplicemente 4 giri per verificare le sue condizioni fisiche, ma voleva sapere e capire esattamente cosa stava facendo. Insomma, un professionista di altissimo livello. Un po’ come Michael Schumacher».
Cosa c’entra Schumacher?
«Ho avuto la fortuna di lavorare anche con Schumacher, mi sembra nel 2009, quando lui provò la Yamaha SBK: il suo approccio era stato simile a quello di Rossi. Non mi sarei mai aspettato tanta competenza sulle moto da un pilota di F.1: alla fine dei test, parlammo addirittura di sospensioni e regolazioni, con grande cognizione di causa. Mi aveva stupito, così come, poi rimasi piacevolmente sorpreso da Rossi: pensavo che avesse poca considerazione della SBK, invece prese tutto con la massima serietà. Del resto, non si diventa nove volte campione del mondo per caso».
Ma perché Rossi ha scelto te per il dopo Burgess?
«Sinceramente non lo so! Sicuramente gli sarà piaciuto il mio modo di lavorare in quei due test e probabilmente ha capito che anche in SBK c’è tanta elettronica, anche se allora eravamo ancora all’inizio dello sviluppo».
Hai seguito il mondiale 2013, ti sei reso conto di quali potessero essere le difficoltà di Valentino?
«Non più di tanto, ero molto impegnato con la SBK. Ho iniziato a studiare un po’ di dati, ma non è facile dall’esterno capire cosa sia successo. E, purtroppo, anche il test di Valencia è stato troppo corto e – soprattutto – già tutto pianificato dai giapponesi in funzione dello sviluppo della moto 2014, per rendersi bene conto della situazione. Anch’io non conoscevo la M1 e dopo i giorni di lavoro precedenti per preparare il GP non è che puoi fare più di tanto. Effettivamente il livello è altissimo, con 3-4 piloti davvero stellari».
Cosa ti aspetti da Valentino?
«Che voglia ripartire con ancora più stimoli per vedere se è ancora in grado di competere con i primi».
Per te lo è?
«Sì».
Sono fermamente convinto che Rossi sia ancora competitivo
Beh, non potresti dire diversamente…
«Sono fermamente convinto che Rossi sia ancora competitivo. Sinceramente, nel 2013, mi aspettavo che nella seconda parte della stagione riuscisse a stare più costantemente con i primi, invece ha più battagliato con Bautista e con il secondo gruppo. Bisogna fare un salto di 2-3 decimi al giro, sperando che Marquez e Lorenzo non facciano un ulteriore passo in avanti: Marc, sulla carta, può solo migliorarsi, mentre Jorge sembrerebbe già al massimo. Valentino quest’anno non si è mai sentito completamente a suo agio sulla moto: questo ti impedisce di dare quel qualcosa in più per fare la differenza».
In una intervista a Moto.it (leggila qui), Ramon Forcada, capo tecnico di Lorenzo, ha detto che per Valentino è un po’ più difficile adattarsi, perché la M1 è stata sviluppata per Jorge; sei d’accordo?
«Sicuramente è così: nei due anni in cui Valentino è stato in Ducati, il pilota di punta era Lorenzo e la Yamaha ha naturalmente seguito le sue indicazioni. Faccio un esempio: se per lo stile di Jorge è meglio avere più peso sul posteriore, i tecnici si adattano e Valentino ha dovuto lavorare di conseguenza. Se sei un ragazzino come Marquez, ti viene più facile cambiare guida, ma un plurititolato, con tanta esperienza alle spalle, fa più fatica. Rossi ci era riuscito molto bene nel 2004: si era subito adattato alla Yamaha, realizzando una grande impresa. Anche Lorenzo, nel 2008, si era subito adattato alla M1, realizzata seguendo le indicazioni di Rossi. Per Valentino adesso è più difficile cambiare certi automatismi: tutto ti deve venire naturale, se aspetti di “sentire” la moto perdi decimi. Credo sia stata questa la differenza tra lui e gli altri».
Senti una grande responsabilità?
«Io arrivo da una categoria inferiore e mi ritrovo a sostituire Burgess, che per tutti noi è una sorta di punto di riferimento, con un pilota di altissimo livello: è normale sentire un po’ di responsabilità. Per provare a migliorare la situazione attuale sarò aiutato dal gruppo, da Matteo (Flamigni, il telemetrico, NDA), che lavora con Rossi dal 2004 e da tutti i giapponesi della Yamaha: spero che questo aiuti a velocizzare il processo di integrazione tra me e il pilota. Non avendo mai lavorato in MotoGP, non so quanto tempo ci vorrà per trovare la messa a punto ideale, per sfruttare al meglio l’elettronica e le gomme, che negli ultimi anni sono state sviluppate per esaltare maggiormente le caratteristiche di altri piloti. Insomma, è una categoria difficilissima, dove un piccolo cambiamento può fare una grande differenza. Credo che a Valentino sia mancata un po’ di fiducia, aveva dei dubbi e non si sentiva sicuro a spingere, anche se è difficile specificare esattamente il motivo».
Vai a sostituire un’icona come Burgess in un gruppo che ha sempre lavorato con lui; non temi di trovare un ambiente un po’ ostile dentro al box?
«Sinceramente all’inizio ero un po’ spaventato, adesso molto meno: sono tutti professionisti legati a Valentino e vogliono fare il massimo per il loro pilota. Certamente c’è stato uno shock, ma noi “latini” l’avremmo presa peggio, loro sono più staccati. Tra l’altro, il lunedì dopo il GP ho incontrato in hotel Burgess: è stato un grande, mi ha tranquillizzato, era sincero ed è stato un signore».
Cosa ha “pagato” secondo te?
«Non lo so. Forse dopo tanti anni, ti viene automatico lavorare in un certo modo, fare piccoli passi e non stravolgimenti: Valentino si aspettava un certo feeling, che nel 2013 non c’è stato. Ci può stare dopo tanto tempo che qualcosa non funzioni, ma sinceramente non so di più».
I tre test invernali sono sufficienti per entrare perfettamente in sintonia con il pilota?
«Purtroppo non credo bastino per amalgamarsi, anche perché uno, quello in Australia, è specifico per le gomme e ne rimangono quindi solo due per la messa a punto. Non sarà facilissimo, ma certamente ci proveremo in tutti i modi».
Rossi può vincere ancora?
«Le gare sicuramente, il campionato sarà più difficile. Come del resto anche per Lorenzo e Pedrosa, perché Marquez ha alzato moltissimo l’asticella: la storia insegna che un giovane difficilmente peggiora nella stagione successiva. Speriamo che abbia già fatto tutto nel 2013… Degli altri, Lorenzo è quello che sembra avere più possibilità di batterlo, ma mi aspetto che Valentino si possa inserire costantemente nella lotta: insieme alla squadra bisogna ridargli il feeling per fare nuovamente la differenza».