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MISANO ADRIATICO – Velocità, grinta, coraggio, battuta pronta: per tanti motivi, Marco Simoncelli è diventato uno dei personaggi di riferimento della MotoGP. I risultati, per il momento, non sono ancora eccezionali, ma in prospettiva futura il Sic, come viene chiamato, sembra essere il pilota con maggiore margine di crescita. Prima di Misano lo abbiamo incontrato, per cercare di conoscerlo meglio.
Come hai iniziato a correre?
“La prima moto in assoluto che ho guidato è stato un minicross 50, con la folle e la prima. Avevo 4 o 5 anni e me l’avevano regalata i miei genitori a Natale. Ho iniziato a girare intorno a casa, poi, a 7 anni, sono salito per la prima volta su una minimoto a noleggio: l’anno dopo il mio babbo me l’ha comperata e da quando avevo nove anni ho iniziato a fare le gare. Ho vinto due campionati italiani, due volte ho fatto secondo, poi sono passato in 125 con Matteoni, disputando il Trofeo Honda e il Campionato Italiano. L’anno successivo, a 15 anni, ho fatto l’Europeo, vincendolo, e poi ho disputato le ultime cinque gare di mondiale”.
Torniamo un attimo alle minimoto: è vero che allora avevi lo stesso stile di guida di adesso?
“Il mio modo di correre è quello: aggressivo, non mollavo mai e gettavo sempre il cuore oltre l’ostacolo. Adesso ho lo stesso stile, naturalmente affinato e migliorato negli anni”.
Puoi raccontarci lo splendido rapporto che hai con il tuo babbo?
“Con lui vado molto d’accordo, anche se, naturalmente, ogni tanto facciamo le nostre “scagnerate”, ci mandiamo a quel paese, come è normale che sia. Io sono molto legato alla mia famiglia e il mio babbo è l’unico che non si è mai perso una mia gara, dalle minimoto a oggi. Con lui mi capisco al volo, senza bisogno di parlare, siamo perfettamente in sintonia: abbiamo una buona simbiosi. Mi aiuta molto, specie nei momenti difficili: so che lui c’è e quello che mi dice può essere giusto o sbagliato, ma sicuramente è vera, senza nessun secondo fine”.
Una domanda da papà: mia mamma mi diceva sempre: “Capirai quando avrai un figlio?” Allora mi dava noia, adesso la capisco. C’è una frase simile che ti diceva tua mamma, che so deve studiare l’inglese, che da piccolo ti dava fastidio, ma che adesso valuti in modo differente?
“Ci sono tante cose che ti dicevano da piccolo che ti facevano sbuffare, mentre adesso le capisci. Sono tante le cose che valuti differentemente crescendo: magari tre anni fa, mi potevano spiegare le stesse cose tutte le volte che volevo, ma non le capivo, mentre adesso ci arrivi da solo”.
E’ un segno di maturità o di “invecchiamento”?
“Tutte e due! Ogni età ha le sue particolarità”.
Torniamo alle moto: cosa ti hanno dato e cosa ti hanno tolto le gare rispetto a un ragazzo della tua età?
“Penso che siano molte di più le cose che le gare mi hanno dato, anche perché i sacrifici non mi sono mai pesati. Tutto quello che ho fatto, l’ho sempre fatto con un obiettivo in mente e, quindi, non lo vedevo come un sacrificio”.
C’è un aspetto delle corse che proprio non ti piace fare?
“In realtà mi piace tutto, anche se alcuni impegni diventano un po’ pesanti, come le interviste, in particolare nei GP con tanto casino. Poi mi spiace che a volte, sei talmente preso dalle gare, che non puoi dedicare ai tifosi il giusto tempo. In qualche frangente passi anche un po’ da stronzo, ma in realtà non puoi fare altrimenti”.
C’è una domanda che continuano a farti, alla quale non ne puoi più di rispondere?
“Sì: quando ti tagli i capelli? Oppure: se vinci ti taglierai i capelli? No!”.
Da quando hai debuttato in MotoGP a metà del 2010 hai fatto un grandissimo miglioramento e un altro, altrettanto grande, l’hai fatto dalla fine dell’anno scorso al 2011: quale è stato più difficile da compiere?
“E’ stato più difficile l’anno scorso, perché sia io sia il mio team non avevamo esperienza in MotoGP: è stata veramente dura. Invece, molto del merito del passo in avanti del 2011 è della moto, perché quello che dispongo oggi è decisamente più competitiva di quella del 2010. Io sicuramente sono migliorato, però la moto mi ha dato una grossa mano”.
Qual è stata la gara più bella della tua vita?
“Tra le più belle, Giappone e Australia del 2008, quando ho vinto il mondiale 250. In MotoGP era stata veramente bella quella in Francia, purtroppo finita con la penalizzazione e con tutto il casino conseguente. Poi il terzo posto di Brno è stato sicuramente una bella emozione”.
Torno a fare il papà: conosco sia te sia Dovizioso, siete due bravissimi ragazzi, due belle persone. Mi verrebbe da dirvi, parlatevi un attimo, sicuramente andrete d’accordo…
“Siamo troppo diversi! Fin dalle minimoto ci stavamo antipatici, ma negli anni mi sono detto: “perché non provare ad andare d’accordo?”. Vedo però che abbiamo una maniera diversa di ragionare: su qualsiasi cosa facciamo fatica a metterci d’accordo. Abbiamo due storie simili, ma siamo completamente agli opposti. Abbiamo solo due cose in comune: ci piacciono le donne e tifiamo Milan…Alla fine, non puoi essere simpatico a tutti e non tutti possono esserti simpatici. Non è che dico che è una cattiva persona, siamo solo diversi”.
Molti tuoi colleghi o addetti ai lavori, ritengono che Valentino Rossi sia troppo tutelato dalla stampa, anche quando non ne ha bisogno: qual è la tua opinione?
“Forse a volte è effettivamente molto difeso, perché molti giornalisti sono anche suoi tifosi, come è giusto che sia. Credo sia una cosa normale, che fa parte del carisma di una persona: lui ha vinto tantissimo. Magari ti può fare un po’ incavolare quando vedi un giudizio differente, ma è normale. Credo che tanti siano solo un po’ invidiosi”.
A proposito di voti: li guardi?
“Ci guardo quando la gara è andata bene… A volte quest’anno sono stato criticato per un quinto posto: è segno che la gente si aspetta tanto da me, quindi è positivo”.