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L’ultima notizia è che Sito, dopo aver annunciato lo stop della sua squadra, non sparirà dal paddock: dall’anno prossimo sarà dirigente del team RNF Racing di fianco a Razali. Ed è una bella notizia, perché lo spagnolo ha una grande esperienza e gode di una vasta stima nell’ambiente.
Personalmente ho seguito più il Pons pilota che il manager. Ero inviato di Mediaset quando Alfonso detto Sito vinceva in 250 alla fine degli anni Ottanta e poi passava per due stagioni in 500 prima di appendere il casco al chiodo alla fine del 1991. Il catalano, classe 1959, era un pilota meticoloso, veloce e pulito, uno di quelli che si facevano trovare pronti fin dall’inizio di ogni stagione e in tutti i GP. Fu sorpreso soltanto dalla Procura iberica, che a suo tempo chiese per lui addirittura 24 anni di carcere per presunta evasione degli anni tra i 2010 e il 2014. Dieci mesi fa però è stato assolto dal Tribunale di Barcellona: il team manager viveva altrove, fuori dai confini, e le tasse le aveva pagate lì. Storie già viste.
Pons ha corso dal 1981 al 1991, undici stagioni in sella a Cobas, Rotax, Yamaha, Suzuki e soprattutto Honda. Ha vinto 15 GP in 250, la prima volta in casa nel 1984, l’ultima in Svezia nell’89, l’anno del suo massimo splendore con il secondo titolo, sette successi e una raffica di podi.
Ha aperto una strada, è stato una figura determinante, perché la Spagna aveva dominato con Nieto le classi piccole, ma nessun iberico aveva mai vinto il titolo della 250.
Un pilota atipico, arrivato alla moto quasi per caso. Studiava architettura a Barcellona, circolava con la vecchia Vespa del nonno, seppe che un concessionario voleva selezionare un pilota da schierare nel trofeo monomarca Bultaco e si presentò senza esperienza. Vinse la selezione e poi anche il trofeo. Più avanti fu l’incontro con Antonio Cobas ad aprirgli la strada del mondiale. Ma dopo la duemmezzo la 500 chiamava, era una sirena, e nella mezzo litro Sito avrebbe fatto molta fatica.
Sito è sempre stato un personaggio molto calmo e signorile, anche da giovane. Posato, imperturbabile, apparentemente freddo. E con Soldano gli facemmo uno scherzo memorabile. Era la fine dell’89, Pons aveva appena conquistato il secondo titolo mondiale consecutivo della classe 250 e annunciato il passaggio in 500 con la Honda.
Naturalmente nessun pilota spagnolo aveva vinto il titolo della mezzo litro, il primo sarebbe stato Alex Crivillè dieci anni dopo. Non era un momento così favorevole, nella top class: Pons avrebbe trovato piloti del calibro di Lawson, Rainey, Schwantz, Gardner, Doohan, Mamola, Barros, Sarron… C’era poco da essere ottimisti e una cosa era sicura: Sito, per vincere, avrebbe dovuto avere in particolare una qualità, molta ma molta pazienza…
Si trattava di verificare quanta pazienza avesse e preparammo la trappola. Intervista: Pons ed io su due seggioline, Gigi Soldano accucciato con la Betacam in spalla. Partii con una domanda interminabile, una di quelle con lunghissima premessa, un primo inciso, poi un secondo e un terzo e dopo tre o quattro minuti non si capisce ancora dove si va a parare… Lo spagnolo serio, in attesa, e all’improvviso Soldano che si blocca, appoggia la telecamera a terra e dice “batteria!”
Cambio di batteria e si ricomincia dall’inizio: domanda infinita, minuti che passano, Sito sempre paziente e Gigi che si blocca ancora, “cassetta!”. Cambio di cassetta, Pons un po’ meno calmo ma ancora serio e si riparte con la tiritera. “scusate, ancora la batteria!”. Soltanto a quel punto Sito Pons perse la calma e rosso in viso disse soltanto “voi me schersate!”.
Il servizio andò la domenica successiva in Grand Prix, si dovette solo accelerare la lunghissima domanda. Certo non avremmo potuto fare uno scherzo del genere a un Kocinski o a un Gardner: non erano nelle stesse condizioni, soprattutto avrebbero reagito con meno flemma. Ma con Sito Pons si andava sul velluto, c’era un bel rapporto e poi lui era un signore.
Perché Pons, nella 500, fallì? Lo ha dichiarato in seguito lui stesso: avrebbe dovuto aspettare un altro paio d’anni, magari vincere un terzo titolo della duemmezzo e attendere la chiamata della Honda. Serviva più pazienza, appunto. Avrebbe avuto una moto ufficiale, magari la bing bang a scoppi irregolari, più gestibile. E le gomme giuste, perché allora per i privati in 500 c’erano pneumatici di seconda scelta.