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Vent’anni fa, a fine marzo 2002, il motociclismo cambiava radicalmente: dopo ben cinquantatré stagioni con la cilindrata ferma a 500 centimetri cubi (dal 1949!), la classe regina prendeva il nome di MotoGP e sperimentava una formula inedita: cilindrata 990, ciclo a quattro tempi, sei cilindri al massimo, pesi diversi secondo il frazionamento. Per la prima stagione, tuttavia, le 500 a due tempi sarebbero sopravvissute: senza di loro griglia miserrima.
Lo scenario. La Honda schiera Valentino Rossi e Toru Ukawa sulle RC211V, le formidabili cinque cilindri a V; la Yamaha affida a Max Biaggi e Carlos Checa la nuova M1 quattro cilindri in linea (con cilindrata limitata a 900…); la Suzuki prepara la V4 XRE0 per Kenny Roberts jr e Sete Gibernau, l’Aprilia la RS Cube tre cilindri per Regis Laconi.
Le altre moto sulla griglia sono tutte 500. Le Honda NSR vanno al team Gresini per Daijiro Kato, al team Pons per la coppia Capirossi e Barros, a Pramac per Harada e al team Kanemoto per Van den Doorbergh. Poi ci sono le Yamaha YZR per Abe, Riba, Jacque, Nakano, McCoy e Hopkins. Infine partecipa pure la Proton KR3 del grande Kenny Roberts per Aoki e McWilliams.
Rossi, conquistato il titolo 500 del 2001 sulla NSR, approda in Honda con Burgess e tutti i suoi uomini (ex Doohan) e non ha un approccio così positivo con la novità. Al primo contatto, nei test privati, Valentino boccia la RC211V che è certamente acerba; poi naturalmente ne capisce il potenziale epperò, nel gennaio del 2002, il rinnovo contrattuale si inceppa!
“Il punto è - affermerà Rossi - che non vogliono che il mio nome sovrasti quello della moto. L'anno scorso, con un team satellite, abbiamo dato la paga ai piloti ufficiali e non l'hanno presa bene”. Scintille, fin da subito. Poi le difficoltà si appianano in tempo, il 10 marzo la Honda vince la sessantunesima 200 Miglia di Daytona con Nicky Hayden che conquisterà il titolo Ama 2002 in SBK, il campionato mondiale scatta ufficialmente a Suzuka, GP del Giappone, 7 aprile.
Quella prima gara del 2002 resta nella storia per tante ragioni. Intanto, nella 250 vince una wild card: Osamu Miyazaki con una Yamaha TZ standard. C’era stato un solo precedente nel ’98: Daijiro Kato sulla Honda. In 125 prevale Arnaud Vincent con l’Aprilia davanti a Giansanti (Honda) e Poggiali con la Gilera.
E la MotoGP va subito a Valentino, che precede il giapponese Ryo sulla Suzuki e Checa con la Yamaha. Un motore a quattro tempi non vinceva dal 29 agosto del 1976, quando Ago aveva portato la MV Agusta all’ultimo successo del Nurburging, con il bagnato, davanti alle 500 due tempi. Dunque sono i due grandi piloti italiani a passarsi il testimone.
Da notare che la Honda è la casa che con i motori a quattro tempi aveva già vinto nel mondiale negli anni Sessanta. La superiorità tecnologica della prima marca motociclistica del mondo è sotto i riflettori. La prima 500 due tempi al traguardo di Suzuka 2002 è quella di Nori Abe, quinta e staccata di 20 secondi.
Tante le curiosità che ricordo di quella stagione di vent’anni fa. A Jerez Jorge Lorenzo, ufficiale Derbi, salta i primi due turni di prove: ha meno di 15 anni, in gara è il più giovane pilota della storia. In quel primo GP di Spagna Biaggi è squalificato per non aver ubbidito alla richiesta dello stop and go dopo la partenza anticipata. Le bandiere nere lo perseguitano.
Al Mugello la Ducati presenta la bellissima Desmosedici di Filippo Preziosi (quattro cilindri a V, 250 cavalli dichiarati) che scenderà in pista nel 2003, Melandri vince in 250 con la moto di Spiderman, Rossi conquista la quarta MotoGP dell’anno dopo un gran duello con Max mentre Poggiali trionfa in 125: questo è il primo dei nostri quattro en plein (con Barcellona, poi Brno e Australia).
Ancora, ad Assen la prima vittoria del giovane Dani Pedrosa in 125, a Donington centesima gara di Vale che vince (per la 46esima volta!) nonostante un pollice rotto in una caduta in prova. Al Sachsenring Melandri porta a casa il successo della 250 dopo… una caduta: la gara per sua fortuna è sospesa subito dopo, causa temporale.
A Brno l’en plein con tre italiani grazie a Cecchinello, Melandri e Biaggi. In MotoGP Valentino si ferma con la gomma posteriore distrutta e secondo è Kato che ha ottenuto la cinque cilindri. In Portogallo tanta pioggia e cadute a raffica, vola anche Gibernau che guidava la MotoGP con la Suzuki. In Australia nota triste: incontriamo Sheene nel paddock per l’ultima volta, a luglio Barry aveva annunciato di avere il cancro.
Dopo sedici Gran Premi, i campioni del mondo sono Arnaud Vincent in 125 (primo iridato francese in questa classe) con l’Aprilia, il ventenne ravennate Marco Melandri con la 250 di Noale, il ventitrenne Valentino Rossi con la Honda in MotoGP, arrivato al suo quarto titolo personale. Tra i migliori anche Poggiali e Cecchinello in 125 con quattro e tre vittorie a testa. Melandri centra ben nove successi, in quel 2002, e Rossi undici.
Dopo Rio, dove Valentino è campione con quattro gare di anticipo, c’è il GP del Pacifico a Motegi e ad Alex Barros (team Pons) viene affidata l’unica V5 concessa alla squadra. Perché al brasiliano e non a Capirossi? Perché Loris andrà in Ducati l’anno successivo. E si scatena il cosiddetto mondialino: Rossi contro Barros che con la 500 aveva fatto un paio di podi.
Ebbene, a Motegi (pole di Kato) vince Barros e Rossi è secondo a 1”6, con Capirossi terzo e staccato. Poi la Malesia a Sepang, dove vince Max Biaggi in volata su Rossi e terzo è Barros a 1”6. In Australia, a Philip Island, domina Valentino che precede proprio Barros di quasi dieci secondi. Infine, nell’ultima gara di Valencia, è Barros che vince in volata su Rossi con Biaggi terzo e staccato.
Per un punto, 86 a 85 in quattro gare, Alex Barros si aggiudica quello che passa alla storia come il mondialino. Gli appassionati lo ricordano ancora perché accese il finale di una stagione piuttosto scontata - la superiorità della Honda e di Rossi era stata subito schiacciante - mentre a Valentino deve bruciare ancora “abbastanza”, come direbbe lui stesso. Probabilmente la conquista del primo titolo della storia in MotoGP lo aveva appagato, ma la motivazione c’era.
La Honda conquisterà per 11 punti anche il titolo mondiale SBK con Colin Edwards sulla bicilindrica VTR 1000 SP-2 davanti alle due Ducati di Bayliss ed Hodgson, quarto Haga con l’Aprilia. Anche il titolo della Supersport andrà alla Honda, con Foret.
Il 20 giugno purtroppo moriva il grande modenese Walter Villa, quattro volte campione del mondo, a soli 59 anni.