Storie di MotoGP. Il GP del Giappone

Storie di MotoGP. Il GP del Giappone
Il GP del Giappone, la prima delle tre trasferte nell'estremo oriente. I ricordi del circuito di Motegi e della storia Ducati
12 ottobre 2016

Ho tanti ricordi di Motegi: la caduta sotto l’acqua del quasi debuttante Max Sabbatani nel 1999 a pochi giri dal termine, mentre era secondo e stava provando ad andare a prendere Azuma (in 125); l’ingiusta squalifica di Makoto Tamada nel 2003 per un sorpasso giudicato troppo aggressivo nei confronti di Sete Gibernau; la vittoria dello stesso Tamada nel 2004; l’errore in frenata di Valentino Rossi che travolse l’incolpevole Marco Melandri nel 2005; il successo di Rossi nel 2008 che gli consegnò l’ottavo titolo iridato; la bellissima sfida a sorpassi e controsorpassi tra Rossi e Lorenzo nel 2010; il trionfo dell’anno scorso di Dani Pedrosa, in rimonta, il primo di una stagione piena di problemi. Insomma, sono tanti gli spunti interessanti, ma c’è un GP che più di tutti gli altri è per me legato a Motegi: 23 settembre 2007, primo Loris Capirossi, sesto Casey Stoner.

UN EVENTO STRAORDINARIO

Un evento straordinario, per diversi motivi: fu l’ultimo successo di Capirossi e, soprattutto, la Ducati conquistò matematicamente il suo primo (e per il momento unico) titolo mondiale della MotoGP. Da appassionato di moto e grande tifoso italiano, mi viene ancora la pelle d’oca al pensiero: è davvero emozionante pensare che un piccolo costruttore sia riuscito a battere i giapponesi a casa loro, sulla pista della Honda. Ricordo la festa nel box, l’incredulità di tecnici, ingegneri, meccanici e piloti nonostante la conquista del titolo, grazie ai tanti successi di Stoner, fosse in quel GP solo una formalità. Ma riuscirci proprio lì, a Motegi, nella terra della tecnologia giapponese, è veramente ricco di significati.

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TANTE DELUSIONI

Sembrava l’inizio di una lunga serie di successi, e invece, da allora, la Ducati ha faticato più del previsto, nonostante le tante vittorie di Stoner, comunque in calo: dopo le 10 del 2007, le 6 del 2008, le 4 del 2009, le 3 del 2010, chiaro indice di un declino tecnologico difficile da arginare. Poi i due anni difficilissimi con Valentino Rossi (tre podi, nessuna vittoria), fino alla decisione di sostituire l’ingegner Filippo Preziosi con l’ingegner Gigi Dall’Igna, a fine 2013. Un cambio per certi versi traumatico in Casa Ducati, con l’obiettivo di tornare a primeggiare: ma la strada, purtroppo, è ancora lunga. La Desmosedici sicuramente è cresciuta, il suo 4 cilindri continua a essere il riferimento motoristico della categoria, ma i risultati faticano ad arrivare. E anche il 2016 è stato, fino adesso, al di sotto delle aspettative, nonostante il ritorno al successo, nel GP d’Austria, grazie ad Andrea Iannone: dopo il solito inizio a 1000 all’ora, una costante degli ultimi anni, ecco di nuovo tante difficoltà, con i piloti spesso veloci in prova, ma altrettanto frequentemente in difficoltà in gara. L’ingaggio di Jorge Lorenzo dice che, secondo la Ducati, il limite più grande viene dai piloti: ecco perché si spenderanno 24 milioni di euro (in due anni), per il pilota che, sulla carta, sembra il meno adatto alla Desmosedici, perché Lorenzo, per sua stessa ammissione, fatica quando c’è poco grip. E il poco grip è proprio uno dei difetti più grandi della Ducati. Certo, la versione 2017, che debutterà nel fine settimana con Michele Pirro (ecco perché non sostituirà in Giappone l’infortunato Andrea Iannone), potrebbe colmare questa lacuna, ma con una difficoltà in più da affrontare: Lorenzo potrà provare la Desmosedici solo nei due giorni di test a Valencia dopo l’ultimo GP, ma sarà costretto a saltare i tre a Jerez a fine novembre, per il veto imposto dalla Yamaha, con una decisione quanto meno discutibile.

MOTEGI, PUNTO DI PARTENZA

Insomma, sempre problemi, compreso quello di dover correre a Motegi con un solo pilota, per l’infortunio alle vertebre di Andrea Iannone. Andrea Dovizioso e Ducati, quindi, contro tutti, in Casa dei giapponesi. Una sfida apparentemente impari, ma anche stimolante: dopo il disastro di Aragón, (peggior risultato stagionale), la speranza è che il GP del Giappone rappresenti un punto di svolta per il presente e il futuro della rossa. Un punto di partenza, come quello del 2007 era stato un punto di arrivo.

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