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4 agosto 1996: una data storica. Quel giorno, nel GP d’Austria classe 125, un certo Valentino Rossi conquista il suo primo podio iridato, preludio di una carriera a dir poco straordinaria, mentre sul gradino più alto sale, per la prima volta, Ivan Goi. Ivan è il protagonista di questa puntata particolare di “Storie di MotoGP”.
Nato il 29 febbraio 1980, Goi arriva al mondiale dopo la “solita” trafila di quegli anni: minimoto, Sport Production 125, Assoluti d’Italia. Poi il salto nel motomondiale (senza passare dall’Europeo), con il team di Matteoni, a fianco di Emilio Alzamora. Oggi Ivan continua a correre nel CIV, il campionato italiano velocità, ed è il proprietario e gestore di una pista di minimoto a Viadana, il paese in provincia di Mantova dove è nato e vive da sempre.
Ivan, che ricordi hai di quel 1996, tuo primo anno di mondiale?
«Dopo le prime gare extraeuropee di ambientamento, ero in crescendo, sempre nei primi 10, fino al primo podio ad Assen (2° dietro al compagno di squadra Alzamora, NDA). Ai primi di agosto ecco il GP d’Austria a Zeltweg, una pista con grandi staccate e ripartenze, che si addice al mio stile di guida. A causa della pioggia, era stata annullata la seconda giornata di prove e io, per una volta, ero riuscito a partire davanti, dalla seconda fila con l’ottavo tempo».
Il punto più critico sembra essere l’ultima curva, perché all’esterno c’è tanto asfalto e solo un metro di ghiaia, come vuole la F.1
Già che parliamo della pista, com’è il tracciato austriaco? Non è un po’ troppo pericoloso per le MotoGP attuali?
«Sono passati vent’anni, non so esattamente quali modifiche siano state fatte… Sicuramente ci sono almeno tre staccate molto impegnative, con curve molto strette: da quanto mi hanno detto dopo i test effettuati a luglio, il punto più critico sembra essere l’ultima curva, perché all’esterno c’è tanto asfalto e solo un metro di ghiaia, come vuole la F.1. Purtroppo, però, si è visto con l’incidente del povero Salom a Barcellona che per le moto è molto meglio avere più ghiaia all’esterno: l’asfalto è utile solo se arrivi lungo e puoi frenare con la moto dritta. Capisco che con la ghiaia sei fuori se fai un errore, ma è certamente più sicura».
Torniamo al 4 agosto 1996: sentivi di poter vincere?
«In 125 era sempre difficile avere delle certezze: o avevi un passo nettamente superiore, altrimenti sapevi di dovertela giocare fino all’ultimo. Speravo di poter fare bene, ero sempre stato nelle prime posizioni, ma da lì a vincere… Stavo andando forte, in gara avevo un bel passo: a cinque giri dalla fine ero secondo quando Tokudome ruppe il motore per un problema alla candela (era un difetto dell’Aprilia 125 di quel periodo, NDA): così è arrivata la vittoria, davanti a Raudies e Rossi».
A 20 anni di distanza, che ricordi hai di quel successo?
«Quando sei così giovane, non ti gusti completamente una vittoria arrivata prima del previsto: forse se ci avessi impiegato più tempo, se avessi fatto più fatica ad arrivare al motomondiale, l’avrei apprezzata di più».
Come hai finito la stagione?
«Ho continuato ad arrivare nei primi dieci, finendo decimo anche in classifica generale, a un solo punto da Rossi».
Poi, purtroppo, hai incontrato un sacco di difficoltà: cosa è successo?
«Nel 1998 e nel 1999 ho corso con team non all’altezza della situazione, ma nel 2000, mio ultimo anno iridato, sono tornato costantemente nei primi 10 e in classifica generale sono stato il secondo italiano con la Honda».
Poi l’esperienza in SuperSport e Superbike
«Non troppo positiva, per la verità, fino a che nel 2003 ho deciso di correre nel CIV: ho vinto due campionati Stock 1000, nel 2010 e nel 2012, e uno SBK nel 2014. Oggi corro ancora in SBK con la Ducati Panugale e le gomme Michelin».
Che effetto ti fa vedere Rossi ancora grande protagonista a 20 anni di distanza?
«Sono veramente contento dei suoi risultati, sono la conferma che nel motociclismo l’età è solo un numero ed è la testa a fare la differenza: mi fa ben sperare anche per il proseguo della mia carriera…».
Ma non hai qualche rimpianto, in fondo potresti anche tu essere ancora nel motomondiale?
«Per quanto mi riguarda, penso che, piuttosto che fare numero in un campionato mondiale, come la MotoGP o la SBK, è meglio essere protagonista nel CIV, che, negli ultimi anni, ha raggiunto un buon livello».
Sinceramente, speravo che con le Michelin e l’elettronica unica diventasse più combattuta, speravo che più piloti si giocassero il podio
Qual è il tuo giudizio sulla MotoGP di oggi?
«Sinceramente, speravo che con le Michelin e l’elettronica unica diventasse più combattuta, speravo che più piloti si giocassero il podio, invece sono sempre gli stessi di prima a giocarsi le prime posizioni. Speravo che la Ducati fosse più vicina, da appassionato mi aspettavo più “bagarre”. Purtroppo, quando ci sono le Case ufficiali, i team satellite fanno troppa fatica».
E dei giovani italiani in Moto3 cosa pensi?
«Sono contento che ce ne siano tanti che vanno forte e non uno solo: è meglio anche per gli appassionati, così non si fa il tifo solo per un pilota, ma si segue di più il motociclismo in generale».
Chi vedi favorito per domenica in MotoGP?
«Per quello che si è visto nei test di luglio, dico che la Ducati può vincere: il podio sarebbe perfino riduttivo. I due Andrea (Dovizioso e Iannone, NDA) possono fare davvero bene e spero di vedere davanti anche Michele (Pirro, NDA): se lo meriterebbe».
Storie di MotoGP finisce qui: è stato davvero bello ricordare assieme a Ivan Goi quel 4 agosto di 20 anni fa.