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C'è chi sostiene che le coincidenza, il karma, quelle situazioni che noi incorporiamo in determinate strutture narrative non siano in realtà niente altro se non un meccanismo inconscio del cervello umano per incasellare gli avvenimenti e per comporre storie che abbiano per noi un senso compiuto. Può essere benissimo, fatto sta che vedere Tatsuki Suzuki vincere la sua prima gara iridata a Misano abbia un sapore di compimento e di rivincita, un po' come quando Michele Pirro vinse la sua prima gara con il team Gresini in Moto2, a Valencia nel 2011.
Dopo la tragica morte di Marco Simoncelli, quasi otto anni fa a Sepang, il padre Paolo ha reagito in maniera niente affatto scontata. Avrebbe potuto disconoscere quello sport che gli ha strappato il figlio in quella terribile domenica mattina, e invece ha scelto di abbracciarlo, di amarlo, così come faceva suo figlio. Si è impegnato a far crescere i ragazzi che sognavano di correre come aveva fatto il Sic, dandogli una mano e soprattutto standogli vicino. Prima con le formule minori, e poi, pian piano, tornando ad affacciarsi a quel Motomondiale costato la vita a Marco proprio quando sembrava in procinto di diventarne definitivamente una leggenda.
"Tatsu" Suzuki entra a far parte del team Sic 58 nel 2017, dopo due anni in Mahindra in cui passa largamente inosservato. Nella compagine di Paolo Simoncelli, invece, inizia a crescere. Fa due stagioni praticamente speculari (altra coincidenza) in cui colleziona lo stesso numero di punti - 71 - e finisce al quattordicesimo posto. Ma soprattutto, nella squadra romagnola trova una seconda famiglia, perché lì lo accolgono come un figlio, a partire appunto da Paolo Simoncelli.
Corre con il nomignolo "Callaghan" sulla tuta, come il protagonista di una barzelletta tanto amata da Marco da citarla nella tabella con cui la sua squadra gli segnalò la vittoria del titolo nel 2008. E vive con la squadra, appunto, come in una seconda famiglia, circondato dall'affetto e adottato come un altro figlio da Paolo Simoncelli, che non a caso Tatsuki chiama "babbo" come si fa in Romagna. E promette due anni fa a Marco, davanti alla targa che a Sepang lo commemora, che un giorno sarebbe salito sul podio assieme al padre. "Per favore, guardaci dal cielo".
Quest'anno Suzuki corre con alti e bassi. Però dà l'impressione di aver fatto il salto di qualità, di essere sempre lì con i migliori.
Va sul podio a Jerez, poi infila una serie di prestazioni opache da cui si scuote a Silverstone, dove finisce quinto. E poi qui, a Misano, proprio sul circuito che porta il nome di Marco Simoncelli, sale per la prima volta sul gradino più alto.
E' abbastanza difficile, pur con tutta la razionalità possibile, non cedere alla tentazione di fare i collegamenti che legano Tatsuki Suzuki, Marco Simoncelli, suo padre Paolo, il circuito di Sepang e il Marco Simoncelli World Circuit di Misano. E' altrettanto difficile non commuoversi un po' davanti a una storia di dolore e riscatto che - lo diciamo in senso positivo, sia chiaro - potrebbe essere la sceneggiatura di un film.
Però ci piace restare con i piedi per terra, e limitarci a stringerci in un abbraccio virtuale attorno a Tatsuki e Paolo, perché non si può non essere felici nel vedere lo sguardo che brilla negli occhi dei due nelle foto del dopogara. Coincidenze, semplice casualità dell'universo? Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che Suzuki, da domenica, avrà sicuramente molti tifosi in più.