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Moto.it ha intervistato Marco Melandri a Lugano, dove l'ex pilota vive con la moglie e la figlia. L'intervista è stata realizzata da René Pierotti, il montaggio e le riprese sono di Luca Catasta.
Quella che segue è la trascrizione dell'intervista (che uscirà in più parta), ma sotto e sul canale YT di Moto.it trovate la versione VIDEO integrale.
416 gare, 44 vinte, 137 podi, un mondiale di 250, tre volte secondo nella classifica finale, tre volte terzo, lui è Marco Melandri!
Senti Marco, due cose per partire subito, ma con questi numeri chi diceva che non eri costante sbagliava? C'è un altro dato: che su 20 stagioni, in 14 sei finito in top 5...
"Eh allora non male, sai che ho imparato adesso i miei numeri? Tra l'altro ho scoperto che ho tipo un 10% di vittorie, quindi una gara su 10 in carriera vinta, non è male, a ripensarci dico "Wow tanta roba"! Poi sì, è vero, tanti campionati persi, però guardandomi indietro posso solo che essere contento"
Roberto Baggio ha raccontato ultimamente che a lui capita di di sognare quel rigore a USA '94, quando poi vinse il mondiale Brasile. Ti chiedo se c'è un episodio, cioè il mondiale 125 perso a 17 anni che ti capita di risognare...
"Non mi abbandonerà mai... perdere un mondiale per un punto quando tu vinci cinque gare contro uno che non ne ha vinta nessuna, con due infortuni durante la stagione, nella prima gara mi ruppi un polso, nelle prove, tra l'altro era venerdì 17 e avevo il numero 13, i capelli viola, quindi... cioè proprio non poteva andare, è andata anche bene tutto sommato! Mi ruppi un polso perché si inchiodò l'ammortizzatore di sterzo e quella è sfortuna, poi rientrai dopo 3 settimane, quindi prima del previsto, ed ero 9° a Jerez all'ultimo giro, mi buttarono giù, quindi proprio non dovevo proprio vincere quell'anno. Quindi è normale che ci penso di continuo, a Valencia Azuma era in testa e io ero secondo, avevamo quasi un minuto sul terzo, sul bagnato, siamo caduti insieme, stessa curva, non ci siamo presi, potevo tranquillamente ripartire perché la moto non si era fatta nulla, i marshall, ero in Spagna, mi portarono via la moto... Quindi se fossi ripartito, mancavano pochi giri, potevo vincere il mondiale... però non posso cambiare gli eventi, quindi va bene così"
Con Alzamora ha mai parlato di quel mondiale?
"Sì, sì, sempre, ci siamo visti anche poco fa, anche la sera stessa in Argentina... Vabbè avevamo litigato perché io ho provato il tutto e per tutto per cercare di rallentarlo e fare tornare su Locatelli all'ultimo giro, perché a metà gara io ero primo, secondo c'era Cecchinello, eravamo andati via, quindi per me era perfetto, vincevo il mondiale così, poi Lucio è caduto e mancavano due giri, ho visto proprio sfumare tutta la mia vita davanti, ho detto l'unica roba è provare a rallentare Alzamora, aspettare che tornino gli altri, tanto ormai non ho niente da perdere, non è stato un bel gesto, non mi è piaciuto neanche a me, però poi ci siamo chiariti e in quei momenti secondo me ci sta, quando c'è in ballo una cosa così importante. L'importante è ammettere di aver sbagliato e sicuramente perdere in quella stagione lì mi ha poi aiutato in futuro, perché comunque mi ha fatto maturare tanto come persona, perché poi li avevo solo 17 anni appena compiuti, sarei diventato il campione del mondo più giovane di sempre, più giovane di Capirossi, però è andata male, tra l'altro potevo vincere il mondiale già l'anno prima che feci terzo a 23 punti dal primo, ma in Germania mentre ero in testa sono caduto all'ultimo giro quindi persi 25 punti"
Tu eri un talento naturale, in quel tempo lì c'era qualcuno che diceva che comunque eri un talento anche superiore a Valentino Rossi?
"Vabbè lì trovi qualsiasi tipo di commento, cioè chi magari non stimava Valentino tirava più dalla parte dei suoi rivali. Però secondo me sono paragoni che non hanno senso, io comunque ero e sono molto diverso da lui, ho fatto un percorso un po' nella sua ombra, ma molto diverso anche perché soprattutto da ragazzino ero molto, non fragile di carattere, però avevo difficoltà a impormi a volte, mi sembrava di essere maleducato per cercare di imporre le mie idee, invece deve essere così. Anche perché se vuoi vincere devi essere un po' stronzo, cioè il fenomeno, il fuoriclasse deve essere sportivamente parlando stronzo ed egoista, io forse lo sono diventato troppo tardi"
Riavvolgo il nastro e riparto, tu sei nato a Ravenna e racconti in un quartiere di case popolari. Com'era la tua situazione familiare, hai fratelli, sorelle che che vita hai vissuto? So che hai avuto un lutto Importantissimo perché hai perso la mamma quando avevi 4 anni...
"Sì, abitavo in questo quartiere, però è stata un'infanzia in cui mi sono divertito tantissimo, perché eravamo tanti amici, eravamo sempre all'aria aperta a giocare, io ho una sorella che ha 3 anni più di me e da piccoli facevamo BMX, anche lei lo faceva assieme, lei ha sacrificato la sua vita per me. Perché economicamente noi non potevamo permetterci troppo. Anzi se non fosse stato per Tardozzi che mi aiutava quando ero molto piccolo, poi Reggiani quando andai in 125, non avrei potuto correre in moto. Quindi mia sorella diciamo che ha sacrificato anche le sue passioni, perché era appassionata di cavalli, di danza e quant'altro per cercare di agevolare la mia carriera, che sembrava promettente. Dopo, da quando ho potuto, ho coinvolto mia sorella che ha sempre lavorato per me. Ho cercato comunque di partecipare al benessere della famiglia, visto che comunque perdendo la mamma abbiamo avuto
la fortuna di avere i nonni vicini e non ci hanno fatto mancare nulla"
Ho letto un bellissimo racconto che hai fatto, di quando avevi 4 anni, Natale 1986, che ti arriva il primo Grizzly e tu volevi farti vedere da tua mamma mentre andavi in moto...
"Sì, no, la realtà era... lei sapeva già, era malata terminale, quindi sapeva di questa mia passione, ogni moto che vedevo, ogni videocassetta e quindi... cazzo, non mi era successo, mai (Melandri si è commosso, ndr) e voleva vedermi andare in moto e quindi di lì son partito..."
Grazie. In un'intervista a fanpage hai detto "anche se ora vado in moto raramente quelle emozioni sono parte di me, la verità è che il pilota dentro non smette mai di esistere, resta sempre quella parte che vuole spingere al limite". Ecco, io ti chiedo ora che hai smesso di essere un pilota come si convive con il pilota dentro di te, con quella voglia di andare al limite?
"No, la realtà è che non smetti mai di esserlo. Io ho avuto la fortuna, quando ho scelto di smettere di correre in moto, di trovare la mountain bike, così ho
iniziato ad andare con la bici elettrica e fare gare di enduro. Ho iniziato dopo e mi sono appassionato, lì ho trovato quel po' di adrenalina che mi basta per stare bene, quindi sono riuscito a non avere un buco, ho iniziato a compensare subito. Tra l'altro ho scoperto di poter vedere posti nuovi, viaggiare, vedere la natura e mi ha dato tantissimo la bici. Mi è piaciuta, mi tiene in forma e quindi tutt'oggi quando posso vado a fare gare, ho conosciuto gente nuova, un mondo nuovo, essendo un mondo un po' più povero, diciamo, c'è un po' più di relazione umana"
A proposito di forma fisica, quando correvi e quando poi hai smesso, qual era la tua preparazione fisica?
"Beh è cambiata nel tempo, dopo impari a conoscerti, impari a capire anche da solo cosa ti serve di più, inizialmente lavoravo con un un ex giavellottista quindi lavoravo molto diciamo sull'atletica leggera, corsa, scatti poi dopo l'infortunio del Giappone 2003 ho iniziato a avere problemi ad andare a piedi
e ho iniziato ad andare un po' di più in bici, però anche lì ho sempre fatto lavori non estremamente lunghi, perché comunque volevo cercare sempre di focalizzare su quello che mi serviva per la moto. Una gara dura tre quarti d'ora e quindi ho sempre fatto lavori specifici, alternavo circuiti cardio, pesi, cercavo di andare in moto una volta alla settimana. Essendomi fatto male tanto da subito ho fatto tantissima fisioterapia per tornare ad essere una
persona normale, non allenata. Quindi ho capito che con poco sforzo in più potevo allenarmi e essere anche in forma, mi è sempre piaciuto l'idea di essere in forma, stavo attento all'alimentazione, all'integrazione, chiedevo, facevo, è un qualcosa che mi è sempre piaciuto, alla fine il corpo umano è una macchina perfetta"
Del tuo rapporto con Tardozzi non conosco niente...
"Eh, ne ho sempre parlato poco, alla fine Davide è di Ravenna come me, lui conosceva mia mamma da bambini e quindi mi ha visto nascere, aveva un negozio di moto a Ravenna e quindi quando iniziai con le minimoto mi aiutava, mi passava i caschi, ha trovato una sarta che mi faceva le tute e da lì mi ha sempre dato una mano. Poi dopo era disposto a darmi una mano anche per iniziare in 125 però, per puro caso, arrivò questa opportunità da Loris Reggiani e che mi sembrava più adeguata, perché stava partendo il Trofeo 125 GP, quindi era già una moto da Gran Premio"
Il rapporto con Reggiani...
"È stato fondamentale perché comunque, ripeto, economicamente il motociclismo è uno sport che richiede tanto e non avevamo possibilità e da un certo punto dopo per me è stato un limite, nel senso che sentendomi così riconoscente con lui era difficile imporre le mie idee. Per esempio quando dalla 125 andai in 250 in Aprilia lavorai col team Brazzi. Era un team con cui aveva lavorato Loris quindi secondo lui era un team molto buono, e lo era. Però secondo me non lo era per il mio carattere, perché io ero ancora un bambino, ma non ebbi il coraggio di dirlo che secondo me non era il posto giusto. In quel momento avevo bisogno di qualcuno magari meno bravo tecnicamente, però che capisse di più le mie necessità, quando iniziavo a parlare delle mie esigenze sembrava un po' no un capriccio"
Quand'è che avete interrotto il rapporto con Reggiani?
"Fine 2004, quando ebbi delle difficoltà, perché comunque avevo alcuni sponsor che persi, perché non erano andati d'accordo col mio manager, a un certo punto ho detto 'non posso perdere sponsor perché non vanno d'accordo col manager', così come con Gresini, quando parlavamo per il 2005, a un certo punto Fausto mi disse "Io non ce la faccio più. Cioè o parliamo io e te o o devo cambiare strada". Lì il contratto con Gresini lo feci da solo. Intanto mi aiutava, mi dava consigli Vergani, in amicizia e a fine 2004 ad Alberto chiesi se fosse stato disposto a darmi una mano. Lui giustamente disse che doveva chiedere a Checa. Carlos disse che andava bene perchè io ero giovane e quindi da lì partì con Vergani. Lo conoscevo da sempre, perché era presidente di Nolan e io usavo Nolan da sempre"
Avete chiarito con Reggiani dopo quei fatti?
"No, perché lui secondo me è una persona un po' chiusa, nel senso che ha le sue idee, quelle sono e non esiste parlare di altro. Secondo lui qualcuno ha lavorato da sotto per portarmi via da lui, la realtà non è quella però nella sua testa quello è, quello rimane, quindi mi dispiace. Quando ci vediamo, parliamo, però finisce lì"
(L'intervista invece continua in un prossimo articolo)