Valentino Rossi, ecco perché è tornato

Valentino  Rossi, ecco perché è tornato
Perché è tornato? Poche ore prima di scendere in pista il paddock si interroga sull’anticipato ritorno di Valentino Rossi. E, naturalmente, le illazioni si sprecano | G. Zamagni, Sachsenring
16 luglio 2010

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«Lo so che verranno fatti certi discorsi – ha sottolineato ieri Rossi -, ma a me non importa nulla, perché so che non è vero».
Secondo qualcuno - ipotesi, a mio modo di vedere, aberrante soltanto a pensarla -, Valentino avrebbe affrettato i tempi di recupero per una questione di soldi. Ogni pilota, infatti, ha nel suo contratto una clausola che se salta più di un certo numero di GP (generalmente tre), l’ingaggio viene decurtato di 1/18 per ogni gara persa. Ora, è vero che tutti, anche un milionario come Rossi, stanno attenti al denaro, ma Valentino non si è certo fatto ore e ore di camera iperbarica, di fisioterapia, di piscina, di cure dolorose e noiosissime solo per non perdere alcune centinaia di migliaia di euro, cifra enorme per un comune mortale, ma non certo per il nove volte iridato. Insomma, non può essere questo il motivo.

Secondo altri, come per esempio Carlo Pernat, manager di Loris Capirossi e storico personaggio del Motomondiale, Valentino sarebbe tornato perché infastidito dalla troppa attenzione rivolta a Jorge Lorenzo. Ipotesi suggestiva, ma anche questa infondata. Durante i suoi 41 giorni di assenza si è infatti parlato comunque più di Rossi che di Lorenzo, sotto ogni punto di vista: quello sportivo, con discorsi del tipo: “se ci fosse stato Valentino in pista, per lui non sarebbe stato così facile”; quello filosofico, con analisi sul calo di interesse per il motomondiale; quello sul futuro, perché in questo periodo, di fatto, si è parlato solo del matrimonio Rossi-Ducati (a proposito, ieri Valentino ha detto: “di questo ne riparleremo dopo il GP della Rep. Ceca del 15 agosto”).

Prima di vederlo ieri, sinceramente ero un po’ perplesso su questo ritorno anticipato, che mi sembrava una forzatura eccessiva per uno che non ha più nulla da dimostrare. Ma poi, parlando con lui, ti accorgi che, spesso, le cose sono molto più semplici di quelle che uno crede e a spingere Rossi a salire sulla M1 al Sachsenring sono principalmente due motivi: prima di tutto la passione, poi la speranza, seppure piccola, di essere ancora grande protagonista di questo campionato.

«A casa mi annoiavo – è stata la sua prima battuta – e, soprattutto, a un pilota manca tantissimo l’adrenalina della gara. Quando sono salito sulla R1 SBK prima a Misano e poi a Brno (a proposito, apro una parentesi: i tempi ottenuti da Valentino in condizioni fisiche precarie e su una moto mai guidata prima, spero che facciano capire, una volta per tutte, la differenza di livello tra i piloti del motomondiale e quelli della SBK) ho provato sensazioni positive: riuscivo a guidare abbastanza bene. Inoltre, le visite dai medici mi hanno assicurato sul buon recupero della gamba destra operata il 5 giugno a Firenze dal professor Buzzi. Per tutto questo, dico che non è una pazzia anticipare il rientro».

E poi c’è addirittura la speranza di poter in qualche modo di rientrare in lotta per il mondiale.
«E’ chiaro che non sono tornato per il campionato, ma nel motociclismo non si può mai dire, una piccola speranza c’è sempre. Ho 104 punti di svantaggio, ma mancano ancora 11 GP: vediamo cosa succede».

Conosco Rossi da un sacco di anni, ma ogni volta riesce a stupirmi positivamente per determinazione, carattere, coraggio, passione per la moto, fame di successi. In attesa, naturalmente, di vedere cosa saprà fare con le stampelle in questo GP di Germania.

 

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