Valentino Rossi: gli errori di gioventù, la disperazione per il Sic e il “destino che ha fatto un dono"

Valentino Rossi: gli errori di gioventù, la disperazione per il Sic e il “destino che ha fatto un dono"
Intervistato da SportWeek, il nove volte campione del mondo ha ripercorso la sua carriera. Raccontando dell’atteggiamento che aveva da giovane e che forse gli ha negato qualche record in più, del momento difficilissimo vissuto dopo la morte del Sic e del futuro che lo aspetta…
23 novembre 2021

Il passato, il presente e il futuro. E’ così che si guarda a una carriera quando si decide di dire basta ed è così che ha fatto anche Valentino Rossi, nell’intervista concessa a SportWeek subito dopo l’ultimo gran premio a Valencia. Un gran premio che, a proposito di presente, Valentino Rossi ha chiuso al decimo posto, spiegando poi che quel piazzamento, per lui, ha quasi il valore di un podio: “ho chiuso la mia carriera tra i dieci piloti più veloci del mondo. Era importante, questo mi servirà per stare bene quando me lo ricorderò i prossimi anni”.

Anche perché da ricordare ci sarà tantissimo, compresi i cambiamenti della MotoGP in un quarto di secolo. “A riguardare le immagini delle mie gare, di quando vincevo, vedi che andavamo molto più piano di adesso – ha aggiunto il nove volte campione del mondo - Io sono stato bravo, mi sono impegnato, sono riuscito a migliorare tanto in questi anni. Non c’è stato nessun pilota dei miei tempi d’oro che ha corso quanto me. Il mio più grande rimpianto è che adesso è finita”. Un rimpianto che, però, non è l’unico, visto che Rossi ammette di aver forse lasciato per strada qualche record che avrebbe potuto conquistare con un atteggiamento diverso, quando ancora il fisico e l’età lo permettevano: “Le motivazioni della mia carriera sono dipese fortissimamente dai miei rivali. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con due generazioni di campioni: all’inizio Biaggi, Capirossi e Gibernau ed ero il giovane che arriva e vuole battere i grandi. Poi nella seconda parte della mia carriera ne ho trovati altri ancora più forti: Lorenzo, Stoner, Pedrosa, Marquez. E stavolta ero il vecchio che volevano fregare. In verità non ho mai pensato ai record quando correvo, ma se ci avessi messo gli sforzi degli ultimi dieci anni, nei primi avrei vinto di più. Ma da giovane sei una testa di cavolo e con l’esperienza impari di più”.

Piccoli crucci, sia inteso, rispetto all’unico momento della sua carriera in cui Rossi parla di vera disperazione: la morte di Marco Simoncelli e quel maledetto incidente a Sepang nel 2011. “Ricorderò per sempre il momento dopo l’incidente in Malesia come uno dei peggiori della mia vita – ha affermato il campione di Tavullia - Quando sono tornato nel mio ufficio e mi sono ritrovato insieme a Uccio e Max ero disperato. E’ uno di quei momenti in cui non sai cosa fare per continuare, una sensazione che non dimenticherò mai. Ma dopo è stato anche peggio, perché sì s’era perso un gran pilota che avrebbe potuto fare una grande carriera e grandi lotte con i migliori piloti, ma io avevo perso un grande amico”.

Adesso, però, c’è il futuro a cui pensare. Ci sono le auto con cui continuare ad essere pilota e c’è l’esperienza più importante da viversi: la paternità. Con Valentino Rossi che spiega che in questo è stato il destino a metterci le mani: “Fino al 2019 ero preoccupato di smettere con le moto – ha detto Rossi - Ho pensato: visto che avrò tanto più tempo libero bisognerebbe fare un bambino. E la Franci è rimasta incinta dopo cinque giorni. E’ molto romantico e poetico che lei sia rimasta incinta proprio quando ho deciso di smettere. Forse non è proprio il caso: è il destino”.

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