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MISANO ADRIATICO – E’ ancora un punto di riferimento del paddock, anche se da molto tempo non lavora più in un reparto corse. Ma l’ingegnere Jan Witteveen è sempre sul “pezzo”, sempre aggiornato, sempre a conoscenza di tutto quello che succede in MotoGP e nel mondo delle corse in generale.
Ingegnere, spiegaci come funziona il cambio “seamless” e che benefici dà.
“Il cambio “seamless” ha origine in F.1 e nei Rally, dove viene usato già da parecchi anni. A grandi linee, c’è un sistema tra il comando e il cambio per non interrompere la trasmissione di coppia del motore alla ruota posteriore. Con il cambio tradizionale, quando passi al rapporto superiore, c’è un'interruzione di prestazione: più è corta questa pausa, più vai forte in accelerazione, più stabile rimane la moto, perché quando fai un cambio marcia in accelerazione o in curva, si innesca un beccheggio che crea problemi al pilota, alla ciclistica e alle gomme. Per ridurre questa pausa a zero la Honda ha fatto un sistema che, secondo me, in questo momento funziona molto bene, decisamente avanzato e interessante anche meccanicamente, che ha contribuito a velocizzare tutto quanto. Il cambio “seamless” del quale si parla in generale è invece intercambiabile con un cambio tradizionale (come in effetti è successo per la Yamaha, NDA), che limita al massimo l’interruzione di coppia nel cambio marcia: si può lavorare sul comando o sul cambio stesso, per ridurre, ma non azzerare completamente questa pausa. Il passaggio è sicuramente più “dolce”, ma non è come quello Honda che non ha praticamente interruzione tra una marcia e l’altra”.
Perché la Yamaha ha impiegato così tanto tempo per realizzarlo?
“Il problema è solo di sicurezza. Quando hai un problema al cambio, non puoi tirare la leva per disinnestare la frizione, come avviene nei cambi tradizionali: quindi, se c’è qualcosa che non va, si blocca la ruota posteriore. Per garantire che questo non avvenga, ci vuole una sicurezza molto elevata: credo sia questo il motivo per cui ci hanno messo così tanto. Credo che la Yamaha sia arrivata a un livello con una interruzione minima, ma prestazionalmente non è ancora al massimo. Nei Rally e in F.1 sfruttano alcune pompe presenti per altri utilizzi: con tanta pressione idraulica puoi velocizzare meccanicamente il cambio marcia”
Si dice che la Honda abbia un vantaggio tecnico sulla Yamaha; se è così, è solo per il cambio “seamless”?
“Sì è più competitiva. Secondo me la Honda adesso ha un concetto di moto più bilanciato: hanno un motore a V4 (di 90°, NDA) più potente del 4 cilindri in linea della Yamaha. Vantaggi del motore a V: non c’è bisogno del contralbero, puoi fare un air-box nel mezzo molto più grande e voluminoso, un’aspirazione più dritta e, quindi, più efficace. Nella Yamaha, l’albero motore gira al contrario della ruota posteriore, per compensare parzialmente l’effetto giroscopico della ruota stessa e dell’albero motore, che è ovviamente molto lungo e gira ad alti regimi, creando un effetto giroscopico molto elevato. Di conseguenza, la moto diventa più neutra: sotto questo punto di vista, il quattro in linea, per la parte ciclistica, è più efficace. Purtroppo, prestazionalmente è inferiore”.
Parliamo del 2014: i vantaggi di carburante (4 litri in più), motori (12 invece di 5), la gomma morbida posteriore, possono rendere competitive le moto “no factory” rispetto a quelle “factory” (è questa la nuova denominazione ufficiale per distinguere le MotoGP dalle altre moto, NDA)?
“No, perché saranno comunque moto che non verranno sviluppate durante l’anno, senza dimenticare che la qualità dei piloti sarà inferiore. All’inizio potranno anche andare abbastanza bene, con un concetto di moto più vicino a quello delle “factory”, ma alla fine i prototipi saranno sempre più competitivi”.
Quando hai più di 220-230 cavalli, la moto non è più gestibile e per renderla guidabile devi “tagliare”
C’è troppa elettronica nella MotoGP?
“Secondo me il problema è diverso. Nella MotoGP di oggi abbiamo una situazione di potenza addirittura eccessiva: quando hai più di 220-230 cavalli, la moto non è più gestibile e per renderla guidabile devi “tagliare”, ma devi comunque avere un motore che dà il massimo della prestazione possibile consentita dalla gomma, dal grip dell’asfalto, dalla ciclistica. L’elettronica ti consente di sfruttare i cavalli quando ti serve, in ogni condizione: l’elettronica si può ridurre soltanto quando si fa un regolamento che limita in qualche modo la potenza massima”.
Una considerazione sulla Ducati: è “impossibile” che torni competitiva?
“Nel 2007 è stato possibile… Ma oggi è un po’ più difficile: il 2007 era stato favorevole per la Ducati sia motoristicamente sia per l’esclusività delle Bridgestone, con addirittura il “test team” che era quello della Casa giapponese degli pneumatici. Insomma, era una situazione un po’ diversa rispetto a oggi. Honda e Yamaha stanno investendo e spingendo forte: competere con loro economicamente e come risorse è difficile. Ma non impossibile: nelle corse, se fai le cose giuste, è fattibile. Ma non è facile”.