Wrooom 2013. Dovizioso: "Ci vuole pazienza, ma arriveremo"

Wrooom 2013. Dovizioso: "Ci vuole pazienza, ma arriveremo"
La Ducati mi ha conquistato con i suoi programmi. Bisognerà produrre meno materiale, ma di migliore qualità. Ci vorrà metodo e tranquillità | G. Zamagni, Madonna di Campiglio
15 gennaio 2013

E’ Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Ducati Holding, ad aprire ufficialmente l’edizione 2013 di Wroom, il tradizionale appuntamento che riunisce sulle nevi di Madonna di Campiglio gli uomini della Ducati e della Ferrari. Del Torchio, (a breve la conferenza stampa integrale), conferma che il 2012 è stato un anno da primato per le vendite, il migliore della storia della Casa di Borgo Panigale, ma deficitario dal punto di vista sportivo. Per questo, spiega il manager italiano, si è arrivati a grandi cambiamenti, con la sostituzione dell’ingegnere Filippo Preziosi con Bernhard Gobmeier, nuovo direttore generale di Ducati Corse (Gobmeier parlerà domani). Ma la principale attesa, naturalmente, è per Andrea Dovizioso, scelto per il dopo Valentino Rossi: il Dovi, purtroppo, ha potuto provare pochissimo la Desmosedici, ma nella conferenza stampa ha confermato di essere un pilota intelligente, metodico, riflessivo, ambizioso, ma anche realista. Insomma, la prima impressione è certamente positiva. Ecco la trascrizione integrale della conferenza stampa.


Sei stato costretto a saltare i test di Jerez, ma hai effettuato quelli a Valencia; la Ducati è una moto così difficile come si dice?
«Purtroppo anche a Valencia ho potuto fare pochi giri in un’ora e mezza in condizioni non ideali. Posso quindi dire poco, se non che il primo feeling è stato più positivo delle aspettative: per quanto si diceva della Ducati, mi aspettavo una moto totalmente ingestibile. Il primo approccio non è stato così negativo, ma per emettere in giudizio bisogna aspettare quando si girerà più forte e i primi andranno più veloce. Purtroppo non ho potuto provare a Jerez, ma sono in programma 6 giorni (5-6-7 e 26-27-28 febbraio, NDA) in Malesia: c’è il tempo per capire questa Ducati».

         

Dobbiamo ridurre la differenza che c’è con Honda e Yamaha. E’ una sfida difficile, ma ci sono le potenzialità per fare bene

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Quali sono gli obiettivi per questa stagione?
«Molto semplici. Tutti conosciamo qual è la situazione attuale, sono molto determinato a lavorare: sappiamo benissimo che dobbiamo ridurre la differenza che c’è con Honda e Yamaha. E’ una sfida difficile, ma ci sono le potenzialità per fare bene, tenendo ben in mente che si tratta di un progetto a lungo termine di due anni: per questo non bisogna pensare alla prima gara o di ottenere già risultati alla terza o alla quarta… In Malesia, naturalmente, inizieremo a lavorare duro, ma è solo in gara, quando ti confronti direttamente con gli altri, che capisci meglio quello che stai facendo. Sono molto determinato, ma anche tranquillo e conscio di dover rimanere con i piedi ben piantati per terra».

 
Il tuo sogno era diventare pilota ufficiale Yamaha; come e quando la Ducati è riuscita a conquistarti?
«La Ducati mi ha conquistato nei primi incontri con Filippo Preziosi, che mi ha messo al corrente dei progetti futuri. Con l’arrivo dell’Audi c’è alle spalle un budget e una tecnologia importante per poter fare bene: sia Preziosi sia Del Torchio mi hanno spiegato i programmi, che mi sono sembrati interessanti. E, per certi versi, si può dire che ci trovavamo nella stessa situazione. Tutti sanno che per vincere un mondiale ci vuole un team ufficiale: se lavoreremo bene, si potrà anche lottare. Ma nessuno, né i tecnici né i piloti, ha la bacchetta magica: ci vuole tempo e metodo».


Ma quanto tempo ti dai?
«Il mio contratto è di due anni: spero possa bastare. La prima stagione sarà particolare, non dobbiamo avere particolari obiettivi, anche perché ci sono pochi test e devi fare la maggior parte dello sviluppo durante le gare, quando capisci più cose, ma hai meno tempo. Insomma, il primo anno servirà soprattutto per capire la direzione del lavoro da seguire, poi vedremo a che livello saremo».


Quali sono le prime impressioni che hai trasmesso ai tecnici dopo aver provato la GP12? Quando eri in Honda e Yamaha ti sei concentrato soprattutto sul posteriore, mentre il grosso problema della Ducati sembra essere sull’anteriore: dovrai cambiare metodo?
«La prima cosa che ho detto ai tecnici è stato sul rumore del motore: davvero impressionante, addirittura destabilizzante, anche se poi quello che viene trasmesso alla ruota posteriore non è altrettanto devastante. Purtroppo, avendo provato solo 90 minuti a Valencia non si può dire molto di più, quindi bisogna aspettare i prossimi test. Per quanto riguarda il mio lavoro fatto in passato, non era dovuto al mio stile di guida, ma al comportamento delle nuove Bridgestone, che richiedevano un differente lavoro sul bilanciamento della moto».

 

Ducati e Rossi non hanno fatto benissimo, i risultati sono stati inferiori alle aspettative: sostituirlo oggi non è come in passato, quando lui era il re e vinceva tutto

In passato ti sei lamentato di essere poco considerato in generale perché poco personaggio; adesso sostituisci sulla Ducati Valentino Rossi, il personaggio per eccellenza della MotoGP: credi cambierà qualcosa?
«Mi sono lamentato per la considerazione mediatica, non certo con chi ha lavorato con me, con i quali mi sono sempre trovato bene. Prendere il posto di Valentino è molto particolare, ma Ducati e Rossi non hanno fatto benissimo, i risultati sono stati inferiori alle aspettative: sostituirlo oggi non è come in passato, quando lui era il re e vinceva tutto».

 
Sulla carta, come si fa a rendere competitiva la Ducati? Bisogna renderla più simile a una moto giapponese o bisogna continuare per la propria strada?
«La mia esperienza è che non bisogna copiare un altro, perché se lo fai sarai comunque sempre indietro. Ogni moto ha la sua filosofia, anche se, naturalmente, bisogna sempre studiare gli aspetti positivi delle altre Marche, ma non bisogna assolutamente copiare. Adesso la situazione non è ancora chiara e solo in Malesia capiremo meglio cosa bisognerà cambiare».


Hai detto di essere stato convinto da Preziosi, ma adesso lui non c’è più; hai già parlato con Gobmeier?
«Filippo non è più il responsabile delle corse, ma rimane in Ducati e la sua mentalità era ed è quella dell’azienda. Il primo approccio con Gobmeier è stato positivo: mi è parso determinato e tranquillo nel trovare insieme un metodo di lavoro da seguire. E’ un aspetto fondamentale».


Gobmaier è arrivato a inizio gennaio, quindi non c’è sicuramente stato tempo per fare grandi cambiamenti; si può dire che inizierete la stagione con lo stesso materiale con il quale è stato finito il 2012?
«Sì. E’ inevitabile, quando fai un cambiamento importante ci vuole un po’ di tempo. Questo è il lato negativo, non era possibile fare diversamente, ma Ducati ha già iniziato a lavorare su certi aspetti. Ci vuole pazienza».


Abiti vicinissimo al Reparto Corse: conoscendoti, vorrai andare là tutti i giorni a “rompere le scatole”…
«Credo sia una situazione mai accaduta in passato ed è solo positiva. Nella nostra situazione, il lavoro più importante si farà ai GP, ma è fondamentale avere la possibilità di riprendere certi concetti con gli ingegneri che stanno a casa e che, solitamente, non vedi mai: è una grande possibilità».


Cosa pensi di Nicky Hayden? Collaborerete?
«Nicky è un pilota molto corretto e tranquillo: sono molto contento di averlo come compagno di squadra. Sono il primo a voler collaborare e mi ha già detto le sue idee. Naturalmente dobbiamo ancora conoscerci meglio, ma posso già dire che è una bravissima persona: non ce ne sono tante nel paddock».

 

Vedere guidare Casey era uno spettacolo assoluto: personalmente, mi mancherà quello che faceva e come lo faceva

Nel 2013 non ci sarà più Stoner: cosa cambia per la MotoGP?
«Cambia tanto. Per me che sono appassionato di moto, vedere guidare Casey era uno spettacolo assoluto: personalmente, mi mancherà quello che faceva e come lo faceva. Sicuramente è meglio per tutti che lui abbia smesso di correre, perché era un avversario difficilissimo da battere. Per certi versi, Stoner ha cambiato la MotoGP, l’approccio alle prove, le linee in pista. E’ sempre stato un punto di riferimento, gli bastava un giro per andare forte. Mi ricordo che quando io facevo la 250, Rossi dominava la MotoGP e ci si stupiva che nei test dopo gara, dopo solo quattro giri, Valentino arrivasse già al primato della pista. Stoner lo faceva in un solo giro: impressionante! Ha fatto capire che si possono fare certe cose e, a modo suo, è sempre stato molto incisivo in tutto quello che faceva: mancherà alla MotoGP».

 
Uno dei grandi limiti dell’accoppiata Rossi-Ducati è stata quella di sviluppare la moto in corsa; non è un errore pensare di fare lo stesso? Credi che Ducati farà per te tutto quello che ha fatto per Valentino?
«E’ inevitabile lavorare durante i GP, perché, per regolamento, non ci sono tante possibilità di farlo durante la stagione: non so se è il metodo migliore, ma bisogna fare così. Per quanto riguarda il materiale che Ducati produrrà, spero in una minore quantità, ma in una qualità migliore… Provare troppo materiale potrebbe essere controproducente, perché non c’è tempo per valutare tutto con attenzione. Per me è diverso, perché con Rossi c’erano tante aspettative, che, sicuramente, non ci sono per la coppia Ducati/Dovizioso».


Secondo te bisogna andare avanti con il telaio perimetrale in alluminio o si può tornare al motore portante?
«Non so cosa dire. In ogni caso, non ho nessuna preclusione».


Perché a Jerez non hai provato?
«Solo dopo quei test ho scoperto di avere una micro ernia, ma già durante il Rally di Monza, avevo avuto qualche problema al collo, ma non avendo esperienza automobilistica, pensavo fosse determinato dalle sollecitazioni della macchina. A Jerez mi sentivo bene, ma alla prima staccata in fondo al rettilineo mi sono bloccato e non c’è stato nulla da fare, nonostante abbiamo provato ogni tipo di intervento e di medicinale. Poi, quando sono tornato in Italia, sono andato a correre a Latina, perché era importante farlo per Simoncelli e, sopratuttto, perché la posizione in sella a una SM e molto differente a quella di una MotoGP. Durante questo periodo ho fatto tutti i trattamenti del caso, con anche punture di ossigeno: la situazione è migliorata, ma non è ancora perfettamente a posto. Ci vuole tempo, ma riesco a fare motocross e non dovrei avere nessun problema per la Malesia».
 

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