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7 aprile 2002, GP del Giappone: una data storica, perché la classe 500 2T viene sostituita dalla MotoGP 4 tempi. Vince Valentino Rossi, con la Honda, davanti ad altre 4 moto giapponesi. Per vedere trionfare una moto europea, bisogna aspettare il 15 giugno 2003, quando Loris Capirossi porta la Ducati al trionfo. Oggi parliamo di quanto è difficile battere i costruttori giapponesi in MotoGP. Io sono lo zam, questo è il decimo episodio di #atuttogas il podcast domenicale di Moto.it
Da quel 7 aprile 2002 sono state disputate 330 gare in MotoGP: 276 (83,63%) sono state vinte da Honda, Yamaha e Suzuki; 54 (16,37%) da Ducati (51 successi) e Ktm (4). Una grandissima differenza, giustificata solo in parte dal maggior numero di moto giapponesi in pista. Una differenza, tra l’altro, che si è ridotta con il passare degli anni, tanto che nel 2020 le moto non giapponesi erano più di quelle nipponiche (12 contro 10). Ma anche nel 2020, i successi giapponesi sono stati 9, contro i 5 del resto del mondo. Insomma, battere Honda, Yamaha e Suzuki è molto, molto complicato. Perché? Lo chiediamo a Claudio Domenicali, Amministratore Delegato di Ducati, l’unica Casa non giapponese che in questo periodo è riuscita a vincere un mondiale piloti e due costruttori.