Intervista a Troy Bayliss

Il grande Bayliss, alla vigilia del terzo titolo in SBK, ci racconta perché abbandona le corse e cosa farà. Il suo pensiero sugli avversari e sui giovani piloti
3 ottobre 2008


La nostra intervista a Troy Bayliss - Magny Cours (Francia)
Dal Team Ducati Xerox arriva la conferma dell'appuntamento con Troy Bayliss, un'occasione preziosa per conoscere da vicino il campione australiano e fare il punto della situazione in vista del suo imminente addio alle corse motociclistiche. Troy è il pilota simbolo della Superbike, uno dei più grandi piloti dei nostri tempi. Temevamo di dover fare l'intervista in fretta e furia, incalzati da Eurosport e dalle altre televisioni. Sono bastate però poche parole con Troy per confermare la sua incredibile disponibilità e gentilezza. Ancora una volta Troy si è dimostrato una grande persona e di questa intervista ci resteranno in mente la sua umiltà, quel suo tenere i piedi per terra - come lui stesso ha detto più volte - e il suo grande affetto per la famiglia. In lui i sentimenti e i valori si fondono con la grinta e la determinazione. Troy in pista si trasforma in un leone che mette in cima a tutto la vittoria che - sempre per usare parole sue  - è una cosa meravigliosa e speciale.

Da tempo hai comunicato la tua intenzione di smettere di correre, ma qual è la motivazione principale di questa importante decisione?
Troy Bayliss: "Ho trentanove anni che saranno quaranta il prossimo anno. Non sono certo vecchio, ma inizio ad esserlo per questo sport. La mia ambizione era quella di vincere tre titoli mondiali in Superbike con tre diverse Ducati e sono molto vicino a realizzare questo sogno. In molti mi hanno accusato di aver preso una decisione sbagliata quando ho comunicato con largo anticipo la mia intenzione di ritirarmi, ma non hanno capito che in quel modo io mi sono messo nella condizione di non poter più tornare indietro e di dover rispettare quanto avevo affermato. Sapevo che in molti avrebbero provato a farmi cambiare idea. Ho avuto molte proposte che in effetti mi hanno fatto vacillare, ma ormai avevo fatto un comunicato ufficiale ed ero quindi  "costretto" (sorride) a rispettarlo. Sono convinto che sia questo il momento giusto per smettere. Voglio smettere da vincitore e lo farò anche se sarà un passo molto difficile perché io sono un pilota e le corse sono la mia vita. Amo questo mondo e mi piace farne parte, ma è venuto il momento di cambiare di impostare il mio futuro e quello della mia famiglia in modo diverso".

Ora che non sarai più un pilota quali sono le tue ambizioni, i tuoi progetti?
Troy Bayliss: "Voglio occuparmi della mia famiglia. Ho tre figli che stanno crescendo e voglio impegnarmi affinché lo facciano nel migliore dei modi. Le corse sono state una parte importante della mia vita, mi hanno procurato popolarità ed una buona posizione economica, ma passa tutto in secondo piano rispetto ai miei affetti. Voglio che mia moglie ed i miei figli siano felici. Questo è il mio prossimo traguardo. Per quanto riguarda il lavoro, mi sono state fatte alcune offerte anche molto interessanti e vantaggiose dal punto di vista economico, ma io resterò legato alla Ducati, che considero come la mia seconda famiglia. Stiamo valutando insieme alcuni progetti legati non solo al mondo delle competizioni. Tornerò in Europa cinque o sei volte l'anno per restare in qualche modo legato al mondo della Superbike, anche perché non riuscirei a starne lontano per molto tempo. E' un mondo affascinante che mi è sempre piaciuto molto e non me la sento di uscirne definitivamente e in poco tempo, ma anzi vorrei continuare a farne parte anche se non più come pilota. Mi piace l'ambiente del paddock e amo i miei tifosi. Non voglio separarmi da loro in modo definitivo".

Vedremo mai un Bayliss team manager?
Troy Bayliss: "No assolutamente. Tanto varrebbe continuare a correre".

Però potresti correre nelle gare automobilistiche.
Troy Bayliss: "Ci ho pensato e non lo escludo. Mi sono state prospettate alcune buone possibilità in Australia, ma le devo valutare attentamente, perché non ho intenzione di impegnarmi in una nuova carriera o in qualcosa che mi potrebbe tenere lontano dalla mia famiglia e dai miei impegni futuri".

Cosa ritieni sia più importante: vincere gare e campionati o avere l'affetto di migliaia di tifosi che ti ammirano e ti sono vicini con il loro affetto?
Troy Bayliss: "Le due cose sono molto legate tra di loro. Io ho avuto la fortuna non solo di vincere molto, ma di vincere con la stessa casa motociclistica. Negli anni io sono sempre stato fedele ad un marchio e la gente identifica me con la Ducati e viceversa. I tifosi Ducati sono anche i miei tifosi. Questo mi ha portato una popolarità notevole che è stata alimentata dai nostri successi e dai titoli che abbiamo vinto insieme. Sono stato due volte campione del mondo della Superbike (per scaramanzia e dopo quanto è successo a Vallelunga non abbiamo mai parlato del suo possibile e vicinissimo terzo titolo mondiale, nda), ho vinto il British Superbike, ho gareggiato e vinto in MotoGP. Vincere è sempre una cosa speciale, meravigliosa. E' la cosa più importante e che io amo di più. I soldi arrivano dopo, di conseguenza. Ma sono come la ciliegina sulla torta. L'essenziale è vincere. L'affetto della gente deriva principalmente dalle mie vittorie. A me piace stare vicino ai miei tifosi e sentire il loro affetto. A volte diventa stancante ed impegnativo concedersi all'abbraccio della gente, ma di certo sarà una delle cose che mi mancheranno maggiormente".

Tu hai corso sia in MotoGP che in Superbike. Due mondi diversi.
Troy Bayliss: "Si sono due ambienti completamente differenti. La maggior parte dei piloti che gareggiano in MotoGP arrivano dalle cilindrate minori, dalla 125 o dalla 250. Io ci sono arrivato dalla Superbike, da un mondo e da un ambiente diversi e non è stato facile. La MotoGP era uno dei miei obiettivi, un piccolo sogno, ma ripensando alle stagioni trascorse in GP sinceramente ritengo di non essere riuscito ad esprimere in pieno tutto il mio potenziale. E' stata comunque una bella esperienza che mi ha fatto crescere e che mi ha reso più forte. Il mio ultimo anno non è stato positivo, ma per fortuna ho potuto girare pagina, rientrare in Superbike con il team giusto, e ho ottenuto subito dei grandi risultati che mi hanno reso felice e soddisfatto. Ora mi accingo a girar pagina un'altra volta e spero di essere in futuro altrettanto felice e soddisfatto".

Come mai non sei riuscito a ripetere con la Honda  gli ottimi risultati che hai invece ottenuto con la Ducati?
Troy Bayliss: "Diciamo che il binomio Honda/Bayliss non era vincente. Il binomio giusto è Ducati/Bayliss".

Parlando dei tuoi avversari quali sono stati quelli che ti hanno impegnato di più o che comunque ti hanno impressionato per la loro bravura?
Troy Bayliss: "Sono stati davvero molti i piloti che mi sono piaciuti e che mi hanno dato del filo da torcere. Haga, Corser, Biaggi, Valentino, Gibernau e Capirossi sono senza dubbio tra quelli che ricordo maggiormente, ma ho fatto delle belle battaglie in pista anche con Edwards e Toseland. Tutti grandi piloti, campioni che hanno reso ancora più esaltanti le mie vittorie".

E dei tuoi compagni di squadra? Cosa ricordi?
Troy Bayliss: "Pensando ai miei compagni di squadra mi viene in mente che ne ho avuti di molto giovani come ad esempio Xaus o Bostrom. Io ero un poco più vecchio rispetto a loro che erano single, con tanta voglia di divertirsi e matti per le belle ragazze e per le macchine sportive.  Il mio compito molte volte è stato quello di tenerli calmi e di fare loro da fratello maggiore. Un impresa a volte molto ardua. Ora però anche loro sono cresciuti e ad esempio Ruben ha un bellissima famiglia ed è molto più sereno e maturo".  

E Loris Capirossi?
Troy Bayliss: "Loris è stato per me un grande compagno ed un vero amico. Una delle persone migliori che io abbia mai incontrato nel mondo delle corse. Un pilota davvero forte ma anche una persona eccezionale. E' sempre stato un uomo con i piedi per terra (dicendolo Troy batte entrambi i piedi sul pavimento, nda) e la testa sulle spalle. Un uomo  molto concreto e che in pista va davvero fortissimo".

Negli ultimi anni l'elettronica ha cambiato molto le gare motociclistiche sia in GP che in Superbike. Cosa pensi delle applicazioni dell'elettronica alle moto da corsa?
Troy Bayliss: "Ora le moto sono più facili da guidare e si può arrivare più velocemente al massimo delle prestazioni che una moto possa raggiungere. E' aumentata la velocità di percorrenza delle curve e contemporaneamente sono diminuiti gli incidenti e le cadute. Io sono favorevole all'introduzione dell'elettronica sulle moto perché ormai sono vecchio (ride) e perché le rende più sicure. L'elettronica è il futuro ed è importante che venga applicata anche alle moto di serie. Molte Ducati stradali ora dispongono del traction control e questo evita molte cadute e perdona gli errori dei motociclisti. Certo la gente preferiva le derapate con i pneumatici che fumavano e in effetti devo dire che le gare di alcuni anni fa erano più belle da vedere. Ora le moto sono più veloci, ma le corse sono effettivamente meno eccitanti. E' il tributo che dobbiamo pagare per una maggiore sicurezza".

Parlaci della tua vittoria a Valencia nel 2006. Te la ricordi?
Troy Bayliss: "Me la ricordo come fosse successa ieri. Dopo la gara di Magny Cours abbiamo festeggiato a lungo. Poi sono tornato a casa dove abbiamo fatto baldoria per altri tre giorni. La settimana successiva era quella della MotoGP a Valencia e ricevetti una telefonata da Davide (Tardozzi) che mi chiedeva se mi sarebbe piaciuto correre l'ultima gara della GP. Risposi che ci sarei andato a condizione che i ragazzi del mio team fossero venuti in Spagna con me. Era la stessa richiesta che avevo fatto quando mi era stato richiesto di passare dalla Superbike alla GP. Allora non era stato possibile, ma questa volta la mia richiesta venne accettata e così mi ritrovai a Valencia con tutto il mio team. Nelle prove andai subito molto forte e miglioravo ogni volta che scendevo in pista. Feci delle ottime qualifiche. Il venerdì ero secondo solo a Valentino ed il sabato ottenni la pole position. La moto non era molto diversa da quella che avevo guidato negli anni precedenti.
Mi trovai subito a mio agio e mi piacque subito molto guidarla e portarla al limite. Dopo il warmup di domenica mattina dissi a Davide: sai, non penso di poter vincere oggi. Ma lui mi rispose deciso: tu oggi vinci!
In effetti sentivo di potercela fare e ripensandoci oggi penso che era destino che io vincesi quella domenica. Ero molto rilassato e spinsi forte dall'inizio ala fine. Fu un gran giorno per me e per la Ducati, grazie anche al secondo posto di Loris".

Troy possiamo solo ringraziarti per aver smentito chi sosteneva che i piloti della Superbike fossero inferiori a quelli della GP. Ma parliamo dei giovani. Hai recentemente dichiarato che il tuo posto in Ducati poteva essere preso da Brendan Roberts. Segui le gare della Superstock e della Supersport? E quali sono i giovani che ti hanno maggiormente colpito?
Troy Bayliss: "Credo molto in Brendan che è un vero talento. Un ottimo pilota con grandi potenzialità. Certo che seguo la Stock e la Supersport. Mi piace guardare quelle gare che sono sempre molto combattute. I giovani che mi piacciono di più sono, oltre a Roberts, il belga Simeon e soprattutto Maxim Berger, molto forte. E poi c'è quel ragazzo, quello che guida come un matto (usa il termine wild, selvaggio. Nda), sempre scomposto, ma molto molto veloce,  Davide Giugliano.  In Supersport invece vi sono molti piloti esperti e che corrono da vari anni in questa classe. Per questo penso che per un giovane sia molto difficile mettersi in luce nella 600".

Cosa pensi delle nuove generazioni, non solo in pista, ma anche nella vita comune. Sembra non siano intenzionati a fare dei sacrifici. Vogliono subito mezzi competitivi e molti soldi in tasca.
Troy Bayliss: "Penso che sia sempre più difficile per un giovane poter emergere, ma in effetti quando io ero giovane la vita non era per niente facile. Ho guardato alcuni giorni or sono delle vecchie fotografie e ce n'è una dove io e la mia famiglia stiamo salutando i parenti. Eravamo in partenza per l'Inghilterra, un paese lontano e sconosciuto. Avevamo pochi soldi in tasca e tanta voglia di riuscire e di avere successo. Spero che anche i giovani di oggi abbiano questo spirito di sacrificio e la nostra voglia di dimostrare al mondo di cosa eravamo capaci".

Grazie Troy. Non solo per questa intervista, ma per tutto quello che hai fatto per i tuoi tifosi e per la Superbike.
Troy Bayliss: "Grazie a te, Carlo. Finalmente qualche domanda diversa dalle solite. Mi sono stufato di dover sempre parlare dei miei risultati, di questo campionato e del mio terzo titolo mondiale".

Senza parole. Stringendogli la mano, gli auguriamo le migliori fortune per le prossime due gare e soprattutto per la sua vita futura. Arrivederci Troy.

Carlo Baldi

 

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