mondiale Superbike ed ha aggiunto una stella alle quattro che già brillavano come gli altrettanti titoli mondiali vinti nella prematuramente scomparsa classe 250.
Max è il primo pilota italiano a vincere un mondiale Superbike ed ha portato per la prima volta all’Aprilia il titolo mondiale di questa categoria.
Un mondiale conquistato grazie alla sua estrema determinazione, alla sua grande costanza di risultati che lo ha visto andare sempre a punti in tutte e 26 le gare sino a qui disputate, e anche grazie ad ad una moto molto performante e dalla grande affidabilità, visto che in gara non ha mai accusato una sola battuta a vuoto.
Come tutti i campioni Max è stato bravo e fortunato. Bravo quando a Miller ha approfittato dei problemi tecnici di Checa ed è balzato in testa ad una classifica sino ad allora comandata da Haslam. Da lì in poi non ha più mollato il comando delle operazioni ed in poche gare ha portato il suo vantaggio sull’inglese e 68 lunghezze. Margine che ha poi saggiamente amministrato sino alla gara due di Imola quando ha approfittato ancora dei problemi tecnici dei suoi avversari.
Questa volta è stata la Suzuki di Haslam a cedere e l’inglese assieme al suo motore, ha visto andare in fumo ogni residua speranza di vittoria del mondiale. Bravo e fortunato. Ma per vincere un mondiale non basta nemmeno essere bravi e fortunati. Servono anche una moto eccezionale, una squadra di tecnici bravi e preparati, un azienda alle spalle che supporti il pilota e che abbia la sua stessa voglia di vincere. Certamente agli avversari sconfitti da Biaggi mancava qualcuno di questi fattori.
Dopo qualche gara un poco noiosa, ad Imola abbiamo assistito a due gare fantastiche. E sono state due gare entusiasmanti non solo per il braccio di ferro tra Biaggi ed Haslam, ma soprattutto per le prestazioni degli altri piloti, alcuni dei quali sono stati protagonisti completamente inattesi. Ed è questo che rende unica ed affascinante la Superbike. Un campionato dove anche un pilota come Lanzi, che quest’anno non era mai andato più in la di un ottavo posto (Valencia gara uno), può lottare per la vittoria sino alla fine della gara.
E che dire di Sykes che con una Kawasaki ormai prossima al pensionamento e che non ha mai raccolto un solo risultato degno di tale nome, ha prima battuto tutti in Superpole e poi in gara ha dato spettacolo, spazzolando con la sua gomma posteriore tutta la pista di Imola e tenendosi dietro per molti giri i primi della classe?
E si potrebbe continuare con l’eterno Checa, l’altalenante Smrz ed il ritrovato Haga.
Oppure con lo spregiudicato Crutchlow o il nostro Scassa, che quando saprà andare forte in gara come in prova, diventerà il degno erede di Chili, Falappa, Biaggi e degli altri italiani che hanno fatto grande la Superbike. E dire che mancava Rea, infortunatosi nel corso della Superpole.
Sono state due gare che hanno avuto tanti protagonisti e che ci hanno tenuto con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Gare che solo la Superbike è in grado di regalarci e che speriamo di poter vedere anche in futuro.
E’ stata la festa di Biaggi ma anche del motociclismo e dello sport.
Come spesso succede negli sport “veri” ad Imola abbiamo visto il pianto di gioia del vincitore ed il pianto di sconforto dello sconfitto. Ed entrambi ci hanno commosso.
La storia di Max Biaggi
Il Motomondiale
Un universo nuovo, da scoprire, dove Max arriva nel 1992, dopo aver fatto una gara come wildcard in Francia, l’anno precedente, andando a punti.(13°). La squadra era il team Valesi, la moto un’Aprilia 250cc e come compagno di squadra aveva Pierfrancesco Chili. Max indossava un vistoso casco rosa fucsia e di timori riverenziali ne aveva pochi. Spedì nella terra, al Mugello, il suo compagno di squadra Chili e vinse il suo primo Gran Premio in sud Africa, proprio nell’ultima corsa del campionato.
«La mia prima stagione intera nel mondiale, ero arrivato dove volevo e sentivo di poter far bene, molto bene, ci racconta Max ricordando i suoi primi passi nel mondo dei grandi.
Era un mondo nuovo, dovevo imparare l’inglese, le prime volte quando mi parlavano i giornalisti stranieri non capivo niente. Comunque erano dettagli, le piste da scoprire, la nuova squadra, le gare, erano quelle le cose importanti: erano tutto per me, assolutamente tutto. Ricordo i primi errori, le tante scoperte e poi l’emozione della prima vittoria, a Kyalami in Sud Africa, l’ultima gara del mondiale. Mi sono sentito in cima al mondo».
Parlava poco Max, allora, anche perché, contrariamente a tutti i giovani che approdavano al mondiale, non era un animale da paddock. Chiuse il campionato in quinta posizione, l’anno successivo firmò con la Honda, correndo con i colori della Rothmans nel team di Erv Kanemoto. Vinse un solo Gran Premio, ma migliorò di una piazza la sua posizione in campionato.
La trasformazione completa avvenne nel 1994 quando tornò in Aprilia. In quell’anno iniziò
la sua dittatura nella 250, dominata sino al ’97 compreso, l’anno in cui dall’Aprilia fu mandato via e ripiegò sulla Honda, sempre con Kanemoto, confermando la sua supremazia.
Le
29 vittorie, i quattro titoli mondiali di fila, sono un record riuscito a nessun altro nella storia della cilindrata. Ricordi tutti bellissimi per Max ma forse qualcuno più prezioso di altri.
«Dei quattro mondiali l’ultimo è quello che mi ha dato le emozioni più grandi. Ultima gara, Australia a Phillip Island, mi giocavo tutto, una tensione pazzesca. La sera prima ho giocato a biliardo con i miei meccanici, ero nervoso, ho perso. Ho faticato ad addormentarmi ma mi sono svegliato fresco come una rosa. Mi sono alzato, ho fatto la doccia ed ho aperto le tende. Era notte piena, avevo dormito 53 minuti. Allora mi è venuto da ridere. Il giorno dopo abbiamo festeggiato il quarto titolo mondiale».
Il passaggio alla 500 nel 1998 ha fatto scalpore: sempre Honda, sempre Kanemoto. Prima gara, pole, vittoria, giro veloce; solo l’indimenticabile Jarno Saarinen nel 1973, era stato in grado di fare altrettanto.
Max quell’anno forse avrebbe addirittura potuto vincere il titolo se non fosse stato squalificato per aver ignorato uno “stop - and - go” a Barcellona pagando un regolamento assurdo che venne modificato l’anno successivo proprio in seguito a quell’episodio. In ogni caso è arrivato secondo alle spalle di Mick Doohan.
«Delle due vittorie di quell’anno la più emozionante è stata Suzuka, non la scorderò mai. Ma ricordo anche quella di Brno con quell’impennata pazzesca di cui ancora mi chiedono la foto. Non è stata voluta, non proprio così almeno, ma è riuscita bene... Quando mi sono trovato in verticale ho dato un calcio al freno posteriore per rimetterla giù e lei ha ubbidito subito, la mia brava ragazza. Quando mi sono rivisto in TV non ci credevo».
Il 1999 è stato il primo dei quattro anni in Yamaha, anni non sempre belli, costellati di delusioni ma anche di grandi gioie e comunque vissuti con la determinazione, la passione, l’abnegazione di sempre. Sono quelli anche degli incidenti più gravi, come quello nel GP di Francia del ’99 di cui ancora porta i segni su entrambe le mani. Ma sono anni anche di soddisfazioni non da poco, come la vittoria in volata sulla pista di Phillip Island nel 2000 che regalò alla Yamaha in titolo del mondiale marche. Non è arrivato per Max quello più ambito, il mondiale della classe regina, nonostante i due secondi posti mondiale siano quanto di meglio un pilota Yamaha abbia realizzato da dieci anni a questa parte.
«Ho lasciato alla Yamaha qualche persona indigesta, ma si tratta di pochi elementi; tra loro nessuno dei miei meccanici, un gruppo anzi eccellente, e soprattutto nessun giapponese. Dei miei tecnici del sol levante, al contrario, ho un ricordo affettuoso ed una stima costruita negli anni, soprattutto con il gruppo del progetto M1. Siamo partiti nel 2002 con una moto da rifare, e nella seconda metà della stagione sono arrivate due vittorie e il titolo onorifico di vice-campione del mondo. Un risultato non male dopo che nella prima parte della stagione mi ero ritrovato anche diciassettesimo in classifica generale!”».
L’anno successivo è stato per Max quello del grande ritorno alla Honda, nel team Camel Pramac Pons. Nonostante la soddisfazione di due vittorie nel 2003 (una e mezza dirà lui, riferendosi al successo a tavolino di Donington) e una vittoria nel 2004, non sono mancate le difficoltà di doversi adattare a correre con la RC211V versione “clienti”. Il terzo posto alla fine di queste due stagioni non era esattamente quello che Max voleva, ma speriamo che sia il preludio per un 2005 più importante.
Da quando corre nella massima categoria, quest’anno Max è per la prima volta pilota HRC: la Honda si è arresa e gli ha finalmente riconosciuto il ruolo di pilota ufficiale, nel team Repsol, insieme a Nicky Hayden. La stagione è cominciata con un grande punto interrogativo per un grave incidente alla caviglia sinistra rimediato con la supermotard. Un osso tanto piccolo quanto canaglia, l’astragalo, ha messo in forse non solo la carriera ma anche l’integrità fisica di Max. Ma grazie ad un intervento chirurgico perfetto, alle cure del suo amico fisioterapista Marino Laghi e, soprattutto, alla sua grande determinazione, Max è riuscito a scendere in pista per i test invernali in Malesia. Se esiste il destino tutto questo significa che quest’anno Max deve esserci.
La Superbike
Dopo un anno sabbatico, il 15 settembre 2006 viene annunciato il suo ingaggio con la Suzuki per partecipare nel 2007
al mondiale Superbike con la GSX-R 1000 K7 del Team Alstare Suzuki Corona Extra che, pur essendo una struttura privata, è da anni il team di riferimento della Suzuki per la categoria.
Il 24 febbraio 2007 fa il suo esordio nel GP del Qatar, vincendo la prima manche e piazzandosi 2º nella prova pomeridiana. Nei successivi gran premi sale diverse volte sul podio ottenendo discreti risultati che lo tengono in corsa per il Mondiale.
Sul tracciato di Vallelunga, Biaggi, che ha parecchi punti di ritardo su Toseland, vince la prima manche e si piazza secondo nella successiva, rimandando cosi il verdetto sul titolo all'ultimo Gran Premio, che si disputa in Francia e che vedrà il titolo andare a James Toseland davanti ad Noriyuki Haga e allo stesso Biaggi. Biaggi conclude un'ottima stagione d'esordio in terza posizione con 397 punti fruttati soprattutto grazie a 3 vittorie (Qatar, Brno e Vallelunga) e 17 podi. Per la lotta all'iride conclusasi a favore di Toseland pesano alcuni errori commessi dal romano che hanno levato qualche punto che poteva decidere il mondiale a favore suo.
Il 18 ottobre 2007 viene resa nota la notizia che la Suzuki non può rinnovare il contratto di Biaggi per la stagione 2008 perché, dopo aver perso il suo sponsor principale, non ha più le possibilità economiche per pagare uno stipendio così alto.
Il 30 ottobre 2007 in un comunicato congiunto
il Team Sterilgarda del manager-pilota Marco Borciani e Max Biaggi annunciano di aver trovato l'accordo per la stagione agonistica 2008, pertanto il pilota romano, svanita l'ipotesi ritorno in MotoGp con il team Honda Gresini, continua la sua avventura nel mondiale Superbike con una Ducati 1098R versione clienti del Team Sterilgarda Go Eleven. Nel team italiano trova come compagno di squadra lo spagnolo Ruben Xaus.
La stagione è nel complesso peggiore della precedente: Biaggi non riesce ad imporsi su nessun tracciato, ma colleziona comunque 7 podi (3 secondi e 4 terzi posti) e vede Biaggi chiudere il campionato 2008 al settimo posto in classifica generale, risultando il migliore tra i privati. Da segnalare l'infortunio capitatogli nel Gran premio in Australia, che ha condizionato il proseguimento della stagione, nella quale fino ad allora (anche se c'erano stati solo due appuntamenti) aveva dimostrato di essere molto competitivo, imponendo al pilota romano uno stop di circa un mese a causa di una frattura del radio del braccio sinistro.
Il 19 settembre 2008, sfumata la possibilità di salire sulla Ducati ufficiale dalla quale si sente tradito poiché diceva d'avere già un precontratto,
viene annunciato il suo ingaggio da parte dell'Aprilia per guidare la nuova RSV4 con la quale si presenta al via del mondiale 2009 con lo scopo di sviluppare la moto per renderla abbastanza competitiva per provare a conquistare il titolo mondiale nella stagione 2010.
Dopo un inizio non esaltante in Australia, ottiene due terzi posti in Qatar. Nelle gare successive riesce ad ottenere discreti risultati con un Aprilia ancora molto acerba difficile da guidare con cui commette molti errori. Dopo due pessime manche a Misano la stagione di Biaggi cambia radicalmente faccia la gara successiva una settimana dopo a Donington dove ottiene il secondo posto. Da lì in poi Biaggi e la sua Aprilia si trovano costantemente nella parte alta della classifica ottenendo altri sei podi fra cui una vittoria a Brno gara 1 e un podio insperato a Portimao gara 1, visto l'infortunio riportato in seguito a una caduta nelle prove libere. Biaggi migliora i risultati della stagione precedente in Ducati arrivando quarto nella classifica mondiale piloti.
Il 2010 lo affronta sempre con l'RSV4 colorata con i nuovi colori dello sponsor Alitalia. E sappiamo tutti com'è andata a finire.
Primo titolo iridato per un italiano nel Mondiale Superbike, in sella alla fantastica Aprilia RSV4!
(Fonte: Max-biaggi.com; Wikipedia)