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Ho conosciuto Carlos Checa nel 2008 quando arrivò in Superbike proveniente dalla MotoGP. Non tutti quelli che arrivano dalla GP riescono a far bene in Superbike. Basta ricordare piloti come Barros, Tamada, Hopkins o Nakano. E forse anche per questo all’inizio della sua carriera in Superbike c’era un poco di diffidenza nei confronti di questo spagnolo che era stato in molti team ufficiali della GP prima di decidere di salire sulla Honda del team Ten Kate. Gli inizi non furono facili. A Valencia ad esempio cade nel tentativo di superare Neukirchner all’ultima curva dell’ultimo giro, trascinando con se l’incolpevole tedesco. Pochi risultati di prestigio e un solo acuto a Salt Lake City. Nello Utah Carlos si aggiudicò la Superpole ed entrambe le gare.
Ma una rondine non fa primavera e dopo le gare negli U.S.A. Checa ritorna nei ranghi. La luce della sua fama si fa sempre più fioca sino a che, alla fine della stagione 2009, qualcuno parla addirittura di ritiro. Ma invece c’è ancora chi crede in lui ed è pronto a creare un team per metterlo in condizione di tornare ad essere El Toro. E’ Genesio Bevilacqua che organizza un team Ducati e convince un dubbioso Carlos a provare la Ducati 1098.
Sale per la prima volta sulla Ducati a Portimao ed è amore a prima vista tra il trentottenne spagnolo e la gloriosa bicilindrica, orfana di Bayliss. Non so quanto la rinascita di Checa sia dipesa dalle prestazioni della 1098 e quanto dal lavoro di Bevilacqua, che circonda Carlos di mille attenzioni e gli cuce attorno la sua squadra. I test invernali vanno benissimo, ma tutti attendono la prova della verità. Il confronto tra una squadra privata, nata solo pochi mesi prima ed i potenti team ufficiali avviene al primo appuntamento iridato di Phillip Island. In gara uno Checa è solo settimo e anche all’inizio della seconda manche naviga nelle posizioni di centro classifica. Ma poi qualcosa scatta nella testa dello spagnolo che con un ritmo forsennato inizia a recuperare posizioni. Si arriva così all’ultimo giro con Checa secondo, attaccato alla ruota del leader Haslam su Suzuki. Mancano poche curve alla bandiera a scacchi e nell’ultima curva in discesa El Toro affianca e supera l’inglese andando a tagliare per primo il traguardo. E’ un trionfo. Davide ha sconfitto Golia.
Per Carlos inizia una nuova carriera. Un nuovo incredibile capitolo nel romanzo della sua vita. In quella stagione vince altre gare e sale spesso sul podio, ma sia lui che la squadra non sono ancora pronti a vincere il titolo, che va a Max Biaggi. Però l’anno successivo non ce n’è per nessuno. Checa domina il campionato e si laurea campione del mondo. Solo Biaggi cerca di resistergli, ma senza successo. Si aggiudica il suo primo campionato del mondo a Magny Cours, ad una gara dal termine e si arriva così all’ultimo ed ininfluente appuntamento di Portimao. Nemmeno il tempo di assaporare il suo trionfo che Carlos deve affrontare un momento difficile. La Ducati non accetta le proposte del team Althea per il 2012 e propone a Carlos di restare in Ducati, ma in un’altra squadra (il team Effenbert). Checa rifiuta sdegnato. “Non posso accettare che i miei ragazzi – mi confida nel suo box - che mi hanno aiutato a vincere il mondiale ora restino senza lavoro. Non è giusto. Me ne andrò anche io, non resto in Ducati”.
Il team BMW Italia arriva come un falco e Andrea Buzzoni si fa avanti con una mega proposta. E’ sabato sera e sono passate le dieci quando Carlos ed il suo manager escono dal camion della BMW. L’accordo è stato trovato e le firme sui contratti vengono rimandate alla mattina successiva, dopo le gare. Ma domenica mattina arriva una telefonata da Borgo Panigale che rimette le cose a posto. “Sono andato a dormire con una camicia bianca e mi sono risvegliato con una camicia rossa” dichiarerà Carlos felicissimo di poter restare nella sua squadra e di essere diventato un pilota Ducati a tutti gli effetti. L’anno successivo però l’ormai vecchia 1098 non regge più il confronto con le sempre più evolute quattro cilindri, con moto sempre più lontane dalla produzione di serie. Carlos lotta col coltello tra i denti, ma alla fine si deve arrendere.
Nell’inverno si consuma il divorzio tra la Ducati ed il team Althea che non crede alla nuova 1199 Panigale e lascia il posto al team Alstare di Batta. Checa è un pilota della Ducati e si butta anima e corpo nel progetto Panigale. Il resto è storia recente. Carlos cade spesso e si fa male. Il suo fisico che sino ad allora non aveva risentito dei molti anni trascorsi nelle competizioni, inizia ad accusare colpi sempre più pesanti, sino all’incidente di Istanbul, che lo costringe ad un intervento chirurgico all’anca e ad una lunga riabilitazione. Su Twitter Carlos posta le sue foto con le stampelle e capisco che qualcosa si è incrinato. Lui è uno sportivo nel senso vero del termine e non accetta di non poter più praticare tutti quegli sport che ama e che lo fanno sentire vivo. Non vuole trovarsi a 41 anni (compiuti 5 giorni fa, il 15 di Ottobre) con un fisico minato dagli incidenti e dalle cadute. Checa è un uomo intelligente che ha una vita anche al di fuori delle corse e anche per questo ha deciso che è venuto il momento di dire basta.
Le offerte non gli mancavano e su tutte c’era quella che per qualche giorno lo ha fatto vacillare nella sua decisione di smettere. Era quella del team Althea, della squadra che con lui ha vissuto i momenti più belli della sua carriera. Ma per una volta Carlos ha fatto tacere il cuore a favore della ragione.
Ci lascia un grande ricordo. Il ricordo di una persona gentile, sempre disponibile con tutti, che non si negava mai ad un intervista o a una foto, sempre pronto a gettarsi in pasto ai suoi tanti tifosi. In questo momento sono tani i ricordi che mi tornano in mente, gioiosi e tristi. Quando a Salt Lake City, il suo circuito preferito assieme a Imola, dopo aver vinto uscì di pista per salutare i suoi tifosi e cadde nel fango. Tornato a piedi al suo box coperto di fango cercava di abbracciare i suoi meccanici che naturalmente scappavano. Quando dopo aver vinto in Australia al debutto con la Ducati lo accompagnai al podio e lui mi abbracciò e mi disse : “Non avrei mai pensato di vivere momenti simili a 38 anni”.
O quando a Biaggi, che si lamentava per un presunto vantaggio che Checa avrebbe avuto dalle gomme Pirelli, lui replicò come sempre con stile, e fermezza : “Chi vince festeggia e chi perde cerca scuse”. Oppure quando a Portimao mi annunciò che sarebbe passato alla BMW, ma aveva gli occhi lucidi. Molte volte quando vedeva che noi giornalisti lo stavamo aspettando, dopo una prova o una gara, interrompeva il brefing con i suoi tecnici per non farci aspettare troppo a lungo. E’ stato il pilota più facile che mi sia mai capitato di intervistare. A volte bastava mettergli il microfono davanti e lui mi raccontava tutto, sempre in maniera molto lucida quanto sincera.
Un uomo nel quale la grandezza del pilota fa a gara con la grandezza della persona. Ciao Carlos, grazie per averci regalato dei momenti bellissimi e per averci fatto sentire felici per i tuoi successi. Da domani mi sentirò un poco più vecchio.