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L’annuncio del ritiro della squadra ufficiale Yamaha è giunto come un fulmine a ciel sereno soprattutto perché non ci si aspettava che la Casa dei tre diapason abbandonasse il mondiale Superbike dopo aver ingaggiato solo un anno fa Marco Melandri (per il quale si parlava addirittura di un rinnovo per il prossimo anno) e proprio mentre il pilota italiano è ancora in lotta per il titolo mondiale 2011. Un ritiro pesante, un duro colpo per il mondiale Superbike anche perché si va ad aggiungere a quello della Ducati dello scorso anno e giunge in un momento incerto e delicato, nel quale Suzuki e Honda ancora non hanno fatto sapere se vorranno proseguire, ed in che modo, il loro impegno nel mondiale delle derivate dalla serie (e dubbi sono sorti anche per quanto riguarda Aprilia).
Ma quali sono le cause che hanno portato a questa difficile situazione e perché alcuni produttori hanno deciso di abbandonare un campionato che viene da sempre considerato strettamente legato alle vendite ed al mercato? La causa primaria deriva proprio dal mercato. Le vendite delle iper sportive negli ultimi anni è crollato, facendo segnare numeri quasi insignificanti. Basti pensare che Aprilia in un anno ha venduto poco più di 300 RSV4. Il mercato è cambiato e le “street racing” non si vendono più. Inutile quindi impegnare notevoli risorse aziendali in nuovi modelli iper tecnologici con elettroniche sempre più sofisticate quando poi le vendite favoriscono gli scooter e le naked a basso costo. Vendite condizionate anche dalla difficile situazione economica, con una crisi che dura ormai da alcuni anni e che sembra peggiorare anziché migliorare. L’interesse delle grandi Case giapponesi non riguarda più il mercato Europeo bensì i mercati emergenti di Cina, India, Vietnam, Filippine, Malesia. Paesi in piena espansione, dove si vendono ogni anno milioni di motocicli. Honda ha aperto il suo terzo stabilimento in India dove ogni anno vende tre degli otto milioni di motocicli che rappresentano il venduto di una nazione con più di un miliardo e duecento milioni di abitanti, che utilizzano la moto per muoversi nel caotico traffico di megalopoli come Mumbai, Calcutta o Delhi. Numeri che ci devono far riflettere. La stessa Suzuki ha da poco investito quasi 19 milioni di euro per un nuovo impianto produttivo nelle Filippine, un altro mercato in piena espansione.
Questi sono i mercati che interessano i produttori giapponesi, ma anche quelli europei, visto che Piaggio da tempo produce scooter e motocicli in Vietnam, proprio per soddisfare la crescente richiesta di mezzi a due ruote che viene dall’Estremo Oriente.
Non dimentichiamoci poi che solo pochi mesi fa il Giappone è stato terribilmente colpito dal terremoto e dal conseguente tsunami. Una catastrofe che ha messo in ginocchio un'economia che non era certo nel suo momento più florido. I quattro produttori giapponesi devono quindi fare molto bene i loro calcoli ed investire dove sanno di poter avere un ritorno certo. Meglio quindi presentare due nuovi scooter ed una moto da 200 cc per il mercato indiano che non una nuova supersportiva per il mercato europeo. Ne va della sopravvivenza delle loro aziende.
Ma le corse sono anche immagine e le vittorie portano una fama che può avere importanti riflessi sulle vendite in tutto il mondo. E qui entra in gioco la cronica carenza di visibilità sui media del mondiale Superbike, soprattutto se paragonata a quella della MotoGP. Visto che il mondiale delle derivate dalla serie non porta benefici direttamente legati alle vendite, così come era invece sino ad alcuni anni or sono, chi vuole investire sulla propria immagine preferisce continuare ad impegnare i propri budget in MotoGP. Ed è quanto stanno facendo Ducati, Suzuki e ora anche Yamaha. Se devono risparmiare sui budget legati al racing lo fanno sui campionati che hanno meno visibilità e la scelta è, purtroppo per Infront, drammaticamente obbligata.
Ultima ma non certo meno importante, la possibilità da parte di Dorna di poter utilizzare a partire dal 2012 motori di serie in MotoGP. Si apre un nuovo mercato per i produttori che non dovranno investire in onerose squadre ufficiali, ma al contrario potranno vendere i loro propulsori ai team che li potranno utilizzare nel campionato che, di fatto, è il più importante al mondo.