Intervista a Cal Crutchlow

Intervista a Cal Crutchlow
Ha preso il posto di Ben Spies nel Team uffciale Yamaha Superbike, ha già vinto il Mondiale Supersport e conquistato le pole disputate. E il suo sguardo "matto" ricorda quello di un certo Fogarty: farà strada | C. Baldi
20 aprile 2010


Cal Crutchlow è nato a Coventry in Inghilterra nel 1985. Debutta come wild card nel mondiale SBK a ventitre anni sulla pista di Donington, nel settembre del 2008.
Costretto al ritiro nella prima gara a causa di problemi tecnici alla sua Honda CBR1000RR, nella seconda arriva secondo e sale sul podio. Nel 2009 la Yamaha decide di fargli disputare il mondiale Superpsort e lui lo vince con soli 7 punti di vantaggio sull’irlandese Eugene Laverty.
Nel mondiale delle 600 Cal vince 5 delle 14 gare e in tutto sale sul podio 10 volte. Nelle restanti 4 prove si deve ritirare due volte per noie meccaniche (Brno ed Imola) e nelle altre due conclude al quarto posto. Il tutto senza conoscere le piste o gli avversari.  
Nel 2010 la Yamaha lo promuove nel mondiale Superbike.  Nei test di Gennaio a Portimao, primo confronto con gli altri piloti dl mondiale Superbike, fa segnare il quarto tempo assoluto a soli sette decimi dal giro veloce di Johnny Rea. Nelle prime tre gare di quest’anno colleziona in tutto 41 punti che gli valgono il decimo posto in classifica. Sale sul podio nella seconda gara di Portimao, terzo dietro a Biaggi ed Haslam

Ce lo avevano descritto come un tipo  imbronciato e taciturno, ma basta scambiare qualche battuta con lui per capire che dietro a questo suo atteggiamento di facciata, si cela un ragazzo schietto, intelligente e simpatico

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Sia in Portogallo che a Valencia si aggiudica la Superpole. Non pensiamo ci sia bisogno di altre parole per definire questo pilota ed il suo talento. Si presenta al nostro appuntamento con 45 minuti di ritardo, ma ha un alibi inattaccabile: si è appena aggiudicato la Superpole di Valencia. E’ la sua seconda vittoria consecutiva in Superpole, dopo quella ottenuta quindici giorni fa a Portimao. Ce lo avevano descritto come un tipo  imbronciato e taciturno, ma basta scambiare qualche battuta con lui per capire che dietro a questo suo atteggiamento di facciata, si cela un ragazzo schietto, intelligente e simpatico.
E’ vero, assomiglia a Fogarty, ma anche a Bayliss. In comune con questi grandi campioni Cal ha la stessa voglia di vincere e la stessa convinzione che la vittoria si raggiunga con il talento, ma il talento deve essere incrementato con il lavoro e con un grande impegno. Cratchlow è un ragazzo molto sicuro di se e con dei principi importanti, che di certo lo porteranno lontano.

L'intervista

Cal, cosa pensi di questo tuo inizio di stagione in Superbike?
C.C.: «E’ stato un inizio difficile. I primi test sono stati buoni, ma in Australia sia io che James abbiamo dovuto lavorare molto sulle nostre Yamaha. Ci siamo impegnati al massimo senza però ottenere dei risultati soddisfacenti. Ma alla Yamaha hanno continuato a lavorare ed in Portogallo ho conquistato la Superpole e un podio in gara due. Le cose sono migliorate molto. Qui a Valencia non stiamo andando male e le cose stanno ulteriormente migliorando. Abbiamo ancora qualcuno dei problemi che avevamo in Australia ma il nostro ritmo è buono e in gara vedremo cosa succede (ndr : si classificherà settimo e nono)».

L’anno scorso a Portimao dopo aver vinto il mondiale Supersport sei saltato sulla R1 Superbike per fare dei test e sei andato subito molto forte. Non hai trovato nessuna differenza tra Supersport e Superbike?
C.C.: «Per me guidare una Superbike è una cosa normale. Io ho corso per due stagione nel British Superbike e quindi non ho avuto problemi a passare dalla Supersport alla Superbike. La Yamaha R1 è una moto diversa da qualsiasi altra moto io abbia guidato in precedenza sia per quanto riguarda il motore che il telaio, mentre per quanto riguarda l’elettronica posso dire che la utilizzavamo anche in Supersport e che forse era anche migliore di quella che stiamo utilizzando quest’anno. Ora dobbiamo lavorare ancora molto, ma quello fu solo il primo test e non incontrai nessun tipo di problema».

L’anno scorso hai vinto il mondiale Supersport con la Yamaha dopo ben sette anni di dominio Honda. Hai ricevuto qualche premio particolare dal Giappone?
C.C.: «Si. Mi hanno regalato la moto con la quale ho vinto il mondiale. Dopo l’ultima gara me la sono portata a casa. E’ stata una grande stagione per la Yamaha. Io ho vinto la Supersport dopo molti anni senza vittorie per la Yamaha e Ben Spies ha vinto la Superbike».

Però non è stata una stagione facile. Hai avuto qualche problema meccanico, hai dovuto lottare sino alla fine con Eugene Laverty e non conoscevi le piste.
C.C.: «Laverty conosceva alcune piste per averci corso nel mondiale GP mentre io non ne conoscevo nessuna e questo ha rappresentato un problema. Avevamo una buona elettronica ed un buon motore ma il nostro telaio non era al livello di quello della Honda. Però la Yamaha ha fatto un ottimo lavoro e vincere il titolo mondiale è stato fantastico. Sin dal primo girono che sono salito sulla mia moto mi ci sono trovato bene. Purtroppo il problema meccanico che abbiamo avuto a Brno ci ha impedito di aggiudicarci un campionato che avremmo potuto vincere addirittura molto prima, magari già nella prova di Miller negli USA. Ma è andata così».

Hai avuto quasi la stessa storia di Spies. Anche lui ha avuto qualche problema meccanico ed anche lui non conosceva le piste. Cosa pensi di Ben?
C.C.: «Si anche lui ha avuto gli stessi problemi che ho avuto io, anche se a volte non conoscere i circuiti può anche non essere una cosa negativa. Certo il suo compito è stato più difficile del mio perché in Superbike ci sono tanti piloti competitivi, ma anche la Supersport è stata molto difficile. Ovunque siamo stati lo scorso anno abbiamo battuto il record della pista ed in ogni gara abbiamo tenuto un passo davvero molto veloce. Ben ha compiuto un impresa fantastica in Superbike così come io l’ho compiuta in Supersport».

Se non ricordiamo male hai iniziato a correre a quattordici anni. Cosa ricordi della tua prima gara e del tuo primo campionato?
C.C.: «La prima volta che sono sceso in pista sono caduto e mio padre mi ha detto : “questo sport non fa per te”. Il giorno dopo ho vinto la gara. E’ stato naturale per me correre in moto. Naturale, ma non facile. Sono migliorato molto ed ho dovuto lavorare duro per essere dove sono ora. La mia prima stagione in moto è stata divertente, mentre ora è diventato un lavoro. Un lavoro divertente, ma è un lavoro».

Anche tuo padre ha corso in moto. Questo fatto ti ha aiutato oppure ti ha creato una certa pressione?
C.C.: «No. Nessuna pressione da parte di mio padre. Non ha mai insistito affinché io corressi. Lui ha fatto delle gare nell’endurance e nei campionati inglesi. Mi ha aiutato ad avvicinarmi alle corse in modo naturale. Da ragazzo andavo con lui a vedere le corse».

E’ vero che per correre in Superbike hai rifiutato la Moto2 ?
C.C.: «No. In realtà io avrei preferito correre in Moto2 con le 600, ma avevo ancora due anni di contratto con la Yamaha che ha voluto che io corressi in Superbike. Ma sono contento così. Ho un programma da portare avanti con la Yamaha e probabilmente continueremo il nostro rapporto anche in futuro. Al termine del campionato scorso avevo fatto un pensierino alla Moto2 perché so di poter andare forte con le 600. Ne sono convinto tutt’ora, però ora sono qui in Superbike. Magari in GP ci andrò il prossimo anno, in un modo o nell’altro».

Quindi il tuo obiettivo è quello di poter correre un girono in Moto GP.
C.C.: «Si. Penso sia il sogno di ogni pilota».

Perché sei sicuro che sia il sogno di ogni pilota? Cosa ti piace della GP? Non certo solo i soldi.
C.C.: «La MotoGP è il massimo. I migliori piloti del mondo sono in MotoGP e se vuoi essere uno dei migliori piloti al mondo devi correre in MotoGP. La Superbike è un campionato molto importante, ma molti piloti vengono qui dopo essere stati in MotoGP, oppure dalla Supersport vanno in Superbike per poi poter salire in MotoGP. La Superbike sta nel mezzo ed è un campionato comunque molto competitivo».  

A tuo parere, in percentuale quanto è importante il pilota e quanto lo è la moto in Gp e quanto è importante il pilota e quanto lo è la moto in Superbike ?
C.C.: «E’ difficile rispondere. Entrambi i campionati adottano il mono gomma, ma in GP le moto sono molto superiori rispetto a quelle che utilizziamo in Superbike. Se sei un pilota forte e la tua moto non è a posto, in Superbike finisci indietro, mentre se ti succede in GP sei comunque nei primi quattro o cinque. Se Valentino o Lorenzo fanno una brutta gara restano comunque nelle prime quattro posizioni. In Superbike che fai una brutta gara finisci ventesimo».   

Il tuo soprannome è “the Dog” mi spieghi perché?
C.C.: «Non c’è un motivo particolare. Mi chiamano così i miei amici perché sono tutti matti».

Quanto è importante per te vincere?
C.C.: «Quando vinco festeggio perché ho fatto fatica a raggiungere quel risultato. La vittoria per me è la cosa più importante. Io mi impegno sempre al massimo e non è mai facile vincere. Quando hai lavorato tanto e la vittoria ti premia è una sensazione meravigliosa».

E quanto sono importanti i soldi?
C.C.: «Mi pagano bene per correre, ma farei questo lavoro anche se dovessi pagare di tasca mia per poterlo fare. Se dovessi lavorare durante la settimana nel weekend andrei comunque a correre perché io amo correre in moto. Essere pagati per correre in moto è una sorta di bonus perché vieni pagato per fare una cosa che ti piace».

In un'altra intervista hai detto : “Io non ho un grande talento e per vincere devo lavorare molto”. Ne sei sicuro?
C.C.: «Si. Lo penso ancora. Io ho del talento, ma penso di lavorare più di molti altri piloti. Alcuni piloti fanno meno fatica di me e guidano in modo più naturale, mentre io devo applicarmi molto per raggiungere dei buoni risultati ed anche per questo quando ci riesco sono molto felice».

Il mio compagno di squadra è il mio primo avversario? Sei d’accordo?
C.C.: «Si sono d’accordo. Usa la tua stessa moto e rappresenta un termine di paragone. Io voglio arrivare davanti a tutti gli altri piloti, compreso il mio compagno di squadra. Se stai davanti al tuo compagno di squadra la tua squadra e l’azienda per la quale lavori sa che stai facendo un buon lavoro. E comunque io voglio vincere da solo e mai con l’aiuto del mio compagno di squadra».

Ci sono molti piloti inglesi nel mondiale Superbike. Qual è tra loro il pilota che tu preferisci?
C.C.: «Non lo so. Ho un ottimo rapporto con tutti loro. Mi vedo spesso durante la settimana con James Toseland e con Leom Haslam. E’ bello avere tanti piloti inglesi in Superbike ed è bello anche per i tifosi inglesi. Tra di noi non c’è astio o competitività al di fuori della pista».

Quando eri ragazzo hai giocato a calcio. Lo segui ancora?
C.C.: «Lo seguo sempre. Sono un tifoso e mi piace il football. Non lo gioco quasi più anche se sono ancora in grado di dare un calcio ad un pallone. Quando posso seguo le partite ed il calcio mi piace ancora molto».

E la tua squadra preferita?
C.C.: «Il Manchester United».

Conosci qualche squadra italiana? Te ne piace qualcuna in particolare?
C.C.: «No. Per dare fastidio a Maio Meregalli che tifa Inter io gli dico che sono un tifoso del Milan, ma è solo per prenderlo in giro».

Anche noi siamo interisti.
C.C.: «Ecco. Allora ho preso in giro anche voi».

Guarda la video-intervista a Cal


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