Intervista esclusiva a Paolo Flammini CEO di Infront Motor Sports

Intervista esclusiva a Paolo Flammini CEO di Infront Motor Sports
A poche settimane dall’inizio del mondiale abbiamo intervistato Paolo Flammini per parlare di Superbike, ma anche di CRT e di elettronica, di sicurezza e di giovani. Un manager appassionato che ama il suo lavoro | C. Baldi
25 gennaio 2012

Punti chiave


Nonostante i suoi molti impegni ed un un periodo molto impegnativo come quello attuale, che precede l’inizio del campionato, Paolo Flammini, CEO di Infront Motor Sports, ci ha concesso una lunga intervista. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio di Roma ed abbiamo conosciuto una persona gentile ma anche un manager risoluto, con le idee ben chiare e la ferma volontà di mantenere in alto la Superbike. I temi affrontati sono stati molti e vi riportiamo qui di seguito il testo della nostra intervista.

Sono da poco state rese pubbliche le liste dei piloti iscritti ai mondiali Infront. Ventiquattro in Superbike e trentadue in Supersport. Un ottimo risultato considerando il difficile momento che sta attraversando l’economia mondiale.

"Sì, sono numeri importanti che rappresentano la conferma che la formula tecnico-sportiva di entrambi i campionati è vincente, visto che anche in un momento difficile come quello attuale, con una crisi economica che ha colpito tutto il mondo, le nostre griglie sono comunque piene. In Supersport avevamo già visto un netto miglioramento nella passata stagione, grazie anche alle modifiche regolamentari che avevamo apportato e che riguardavano principalmente il fatto di poter utilizzare una sola moto per pilota. Questa regola si è rivelata talmente positiva che abbiamo pensato di introdurla anche in Superbike. Forse i team ufficiali Superbike non ne trarranno un gran beneficio, ma quelli privati sicuramente si. E lo conferma il fatto che, parlando di privati, quest’anno abbiamo ricevuto le iscrizioni di nuove squadre così come le conferme di tutti i team dello scorso anno (ad eccezione del team Supersonic che ha deciso di cessare l’attività). Quest’anno poi abbiamo la bella novità del team Crescent Suzuki che schiererà due ottimi piloti come Hopkins e Camier. Una grande struttura, una piacevole ed importante presenza per il mondiale Superbike. Direi inoltre che a questo successo hanno contribuito anche i regolamenti tecnici che non sono stati stravolti e che permettono l’utilizzo di mezzi a basso costo e con una competitività diffusa. A tutto questo si aggiunge un calendario sempre più ricco, che quest’anno ci porterà a correre anche in Russia. Grazie a tutti questi fattori siamo riusciti a raggiungere un rilevante successo di partecipazioni".

In futuro avete qualche altra idea per ridurre i costi? Si può ancora fare qualcosa?
"L’attenzione al problema costi è sempre uno dei temi chiave per Infront Motor Sports, ma io credo che siamo ormai arrivati ad un livello di costi quasi minimo per un mondiale, sia in Superbike che in Supersport. Se andiamo a vedere da cosa è composta la lista delle spese di un team, vediamo che il costo tecnico è in una percentuale abbastanza contenuta. L’esborso più significativo riguarda la logistica, ma visto che stiamo parlando di un campionato mondiale e che di conseguenza si gareggia in tutto il mondo, non possiamo comprimere questa voce. La struttura dei costi mi sembra ottimizzata. Certo dobbiamo lavorare per far si che i costi non aumentino e contemporaneamente dobbiamo cercare di permettere sia ai privati che agli ufficiali di utilizzare moto competitive, che garantiscano quello spettacolo che da sempre caratterizza la SBK.
Il nostro maggior impegno ed il nostro obiettivo per i prossimi anni sarà quello di aumentare i ricavi attraverso una crescita mediatica, televisiva ma non solo. Voi di moto.it ne siete una chiara dimostrazione, il pubblico giovane segue le sue passioni soprattutto attraverso i new media e quindi bisogna lavorare in questa direzione. Grazie al fatto di appartenere al gruppo Infront potremo disporre dei mezzi tecnici e conoscitivi necessari per raggiungere i nostri obiettivi. Creando una migliore esposizione mediatica auspichiamo che gli sponsor possano aumentare ed investire di più. E’ questa la nostra grande missione che potrà portare benessere sia a noi che alle squadre".


Meno costi, meno elettronica, meno sofisticazione significano maggior spettacolo. E’ d’accordo?

"Si sono d’accordo anche se devo aprire una parentesi per quanto riguarda l’elettronica autentica “croce e delizia” per il nostro campionato. Delizia perché aumenta le prestazioni e la sicurezza ed è uno degli elementi del grande processo di evoluzione tecnologica degli ultimi 15 anni. Croce in quanto non solo può incrementare le spese, ma purtroppo è anche un elemento non limitabile. Abbiamo analizzato attentamente gli ultimi quattro anni ed abbiamo studiato ed approfondito questo tema. Siamo arrivati alla conclusione che qualsiasi limite si cerchi di porre all’elettronica, non può avere successo. Chiunque volesse aggirare le regole e le costrizioni lo potrebbe fare in quanto l’elettronica dispone di moltissimi sistemi che si attivano e si disattivano e che non permettono un controllo definitivo. Potremmo mettere al lavoro decine di ingegneri per controllare l’elettronica delle moto, ma ci sarebbe sempre qualcuno che, volendo, potrebbe aggirare i regolamenti. E’ un tasto molto delicato in quanto insinuare la possibilità di una presunzione di mala fede non provata da parte di qualche concorrente ucciderebbe questo sport. Per questo riteniamo non esista una valida soluzione per limitare l’elettronica, anche perché poi non dobbiamo dimenticare che noi corriamo con moto derivate dalla serie. Questo significa che dobbiamo assolutamente rispettare la filosofia costruttiva delle case. Un modo per limitare l’elettronica potrebbe essere l’utilizzo di una centralina unica, ma sarebbe una bruttissima soluzione che andrebbe contro la natura stessa del nostro campionato. Le case sono in SBK perché vogliono fare dello sviluppo e vogliono dimostrare la validità del loro prodotto stradale nella sua massima espressione che è quella agonistica. Se una moto stradale è caratterizzata da un certo tipo di elettronica come potremmo azzerarla una volta che la casa decidesse di utilizzarla in pista?"


Si ritirano team e case ufficiali ma vengo sostituti da squadre private. E’ questa la vera forza della SBK?

"Lo scorso anno abbiamo assistito al ritiro della Yamaha e devo dire che siamo stati davvero dispiaciuti per una decisione presa forse troppo in fretta. Un marchio come Yamaha poteva sollecitare il supporto di vari sponsor ed aziende e quindi siamo dispiaciuti non solo per il ritiro, ma anche perché è stata una decisione presa in modo affrettato e senza cercare alternative che sarebbero invece state possibili. D’altra parte però bisogna sottolineare che la Superbike è costituita da squadre ufficiali, ma anche da team privati a diversi livelli. Dal singolo che organizza una piccola squadra magari con un solo pilota al super team che invece si può avvalere di una grande struttura anche se gestita da una società privata. Questo è sicuramente uno dei grandi elementi di forza interna del mondiale Superbike e lo abbiamo dimostrato già nel 2003 quando quasi tutte le case si ritirarono (ad eccezione della Ducati) ma noi riuscimmo a presentare comunque una griglia soddisfacente. Non bisogna quindi badare molto al fatto che un team sia ufficiale o meno, quanto alla qualità del team stesso. Questo è il fattore più rilevante. Se poi è ufficiale o meno a noi interessa relativamente".


In SBK stiamo assistendo ad un cambio generazionale. Corser, Toseland, e Haga hanno lasciato spazio ai giovani Giugliano, Canepa e Zanetti. Un fatto positivo ma anche molta nostalgia per piloti che hanno fatto la storia di questo campionato.

"I nostri grandi piloti resteranno sempre tali e la nostalgia per loro ci sarà sempre. Questo poi sarà il 25mo compleanno per il mondiale SBK nel quale cercheremo di ricordarli ed onorarli il più possibile. Però lo sport è fatto principalmente dai giovani e siamo quindi molto contenti che ce ne siano molti e che si stiano affermando, a conferma che nei nostri campionati esistono notevoli possibilità di emergere. Quest’anno in Superbike avremo alcuni esordienti, ma anche giovani già affermati come Badovini, Laverty, Camier o Rea, senza dimenticare che ad esempio Melandri, pur essendo da anni ai massimi livelli, è anagraficamente ancora giovane. Sarà bellissimo vedere piloti giovani che affiancano campioni consolidati come Checa o Biaggi andando a creare un mix molto interessante. Avere piloti giovani nei nostri campionati è un bellissimo auspicio per il futuro e mi fa piacere notare che sia in SS che in SBK il lavoro da noi iniziato nel 1999 con la stock 1000 e proseguito poi nel 2006 con la stock 600, ha portato e sta portando tanti ragazzi a competere a livello mondiale. Nelle classi cosiddette minori si sono formati molti giovani piloti grazie ad un percorso che consente ad un esordiente assoluto, un ragazzino che magari ha solo sedici anni ed ha corso nei trofei nazionali, di compiere il primo passo a livello internazionale con la stock per poi salire in Supersport o Superbike. Questo è un tema al quale bisognerebbe dare molta più importanza rispetto a quanto sia stato fatto sino ad ora. In un momento economico molto difficile, nel quale le famiglie non possono sostenere grosse spese per i propri figli, in uno sport comunque costoso come il motociclismo, penso sia molto positivo dare ai giovanissimi la possibilità, attraverso la stock 600, di entrare in un mondo professionistico con la stessa spesa necessaria a disputare un campionato nazionale".


In Superbike una delle cose che il pubblico apprezza maggiormente è il poter stare vicino ai propri idoli, grazie al Paddock Show e ad altre iniziative simili. E’ una precisa volontà di Infront?

"Non è solo una nostra precisa volontà ma anche una delle colonne portanti della nostra filosofia. E’ un campionato che noi amiamo definire “inclusive” e non “exclusive”. Ci tengo a sottolineare che abbiamo lavorato e stiamo lavorando a questa importante peculiarità del nostro campionato. Il prossimo anno, accanto a tutto quello che è lo spettacolo già presente nel paddock, faremo crescere il SBK Village, un’area aperta a tutti, anche a chi non dispone del pass paddock. Ogni spettatore potrà così vivere una specie di fiera all’interno dell’evento sportivo. Sarà un ulteriore possibilità di divertimento per il pubblico, ma anche una grande possibilità commerciale per gli sponsor della Superbike e dei nostri team. Sino ad ora lo abbiamo allestito solo nelle gare disputatesi in Italia, ma nel 2012 lo organizzeremo anche in Inghilterra, Spagna e Repubblica Ceca, con l’obiettivo di portarlo in futuro in tutti i round europei".


Come sappiamo nel 2012 la SBK approderà in Russia. In futuro pensate di aggiungere ulteriori gare anche extraeuropee?
"Il nostro calendario presenta spesso delle novità e per quanto riguarda il futuro dobbiamo tenere conto del fatto che il mercato dell’Estremo Oriente stia assumendo un importanza sempre maggiore. La Cina ad esempio è una realtà molto interessante, ma il nostro obiettivo primario a breve termine è quello di approdare in paesi come India, Indonesia, Malesia o Thailandia. Mercati che rappresentano obiettivi primari anche per le case costruttrici. Certo non è facile organizzare competizioni motociclistiche di livello mondiale in nazioni dove ancora non esiste una cultura sportiva, ma stiamo lavorando molto attivamente ad un progetto che ci consentirà in un futuro prossimo di gareggiare in Estremo Oriente".


Parliamo di sicurezza. Certamente sono stati fatti grossi passi avanti per quanto riguarda i circuiti, ma avete dovuto rinunciare a piste considerate storiche per la Superbike.
"Parlando di sicurezza devo spezzare una grossa lancia a favore della Federazione Motociclistica Internazionale. Nel 1992 si è cominciato a pensare in modo concreto alla sicurezza nell’ambito dei circuiti. In quegli anni la FIM ha fatto davvero un ottimo lavoro e assieme a noi, alla Dorna ed ai piloti ha creato un meccanismo di collaborazione che ha portato ad una pressione sugli autodromi che è servita a migliorare notevolmente la sicurezza dei tracciati. La FIM non ha forzato la mano e non ha cercato di sconvolgere i circuiti, ma ha creato un programma da realizzare nel tempo e che prevedeva che i circuiti esistenti venissero adeguati ai nuovi standard, mentre quelli nuovi che fossero costruiti in modo ottimale. Chi non si è adeguato purtroppo è stato estromesso ed è il caso ad esempio di Brands Hatch. Assieme alla FIM abbiamo cercato di migliorare la sicurezza di questo storico circuito inglese, ma giunti ad un certo punto sarebbero servite modifiche strutturali che la proprietà dell’autodromo non ha voluto apportare. Di conseguenza e controvoglia abbiamo dovuto rinunciare ad un appuntamento storico per la Superbike, a quella che era una vera festa del motociclismo. Però non era più un tracciato sicuro e per questo non abbiamo potuto fare altro che toglierlo dal nostro calendario. Oggi il livello di sicurezza penso sia elevatissimo, ma sia noi che la FIM non intendiamo certamente abbassare la guardia ma anzi volgiamo proseguire su questa strada".


Bridgepoint ha acquisito Infront. Può tranquillizzare i tifosi della Superbike allontanando l’ipotesi di una fusione con la MotoGP?
"Si è detto e scritto molto su questo argomento e molte volte a sproposito. Sono contento di poter cogliere questa opportunità per fare chiarezza. Bridgepoint si occupa di fondi di investimento privati e questo significa che ha diversi fondi sotto la propria gestione. Ciascun fondo ha una propria identità e gli investitori non sono sempre gli stessi. Ne deriva che ogni investimento rappresenta una cosa diversa, a se stante. Nella fattispecie la Bridgepoint ha acquisito la maggioranza della Dorna nel 2007 con un fondo ed oggi ha acquisito la totalità di Infront con un altro fondo. Quindi tecnicamente la fusione dei due gruppi è impossibile ed anzi addirittura vietata dalla legge in quanto due fondi gestiti dalla stessa entità non possono scambiarsi aziende o fonderle. Quindi se teoricamente prima una fusione sarebbe anche tecnicamente potuta accadere, ora questo non può più succedere. Ma al di fuori di questo, Dorna e Infront sono due aziende distinte ed indipendenti, che hanno prodotti diversi ed un diverso management. Dopo l’acquisizione di Infront da parte di Bridgepoint esiste quindi la possibilità che le due società si possano confrontare per discutere ad esempio di sicurezza o di altri fattori che siano di comune interesse. Possibilità che potrebbero portare ad un miglioramento delle rispettive attività, ma non certo ad una fusione".
 

E parlando di MotoGP arriviamo alle CRT. Noi le abbiamo definite Superbike camuffate. Lei cosa ne pensa?
"Io penso che si stia creando davvero troppa confusione. Ultimamente però sia attraverso le dichiarazioni di alcuni costruttori (Ducati su tutti) che in alcune interviste ad Ezpeleta, sembra chiara la consapevolezza che questa nuova categoria delle CRT sia solo uno strumento per colmare un gap di partecipazione alla MotoGP che stava mettendo in discussione l’intero campionato. Esiste a mio parere la volontà di studiare una soluzione diversa, più adatta alla categoria MotoGP. Una formula che rispecchi l’esclusività di questa categoria, che è comunque la F1 del motociclismo, e che eviti confusioni con la Superbike. Io spero che questo tipo di mentalità prevalga nei prossimi mesi, perché obiettivamente il quadro che abbiamo davanti non fa bene al motociclismo. Non fa bene alla GP e nemmeno alla SBK. Purtroppo la crisi economica in corso ha creato grossi problemi alla Dorna, ma non penso che questa soluzione delle CRT sia quella giusta, anche se al momento permette alla MotoGP di schierare una ventina di moto. A mio personale parere questa soluzione non è in linea con la filosofia della GP che vede in pericolo anche la necessità di mantenere una propria diversità rispetto alla Superbike. Spero che Dorna possa trovare una soluzione più aderente a quelle che sono e loro esigenze e meno invasiva nei confronti della nostra attività".


I media. Lei ritiene che attualmente la copertura mediatica del mondiale SBK sia pari allo spettacolo che offre?
"Penso che questa sia l’area dove noi dobbiamo migliorare maggiormente. Posso dire che abbiamo fatto un grosso lavoro in questi venti anni portando la SBK da zero ad essere uno dei pochi prodotti sportivi consolidati nel mondo dei media a livelli internazionale. Questo è un risultato forse non eccezionale, ma certamente unico in quanto nessuno è riuscito a fare questo tipo di lavoro. I grandi sport esistono da sempre mentre la Superbike, presentata a livello internazionale quasi dal nulla, in venti anni ha fatto una grande scalata. Scalata che non è certo terminata, anzi questo è uno dei motivi per il quale noi abbiamo voluto questa la joint venture con Infront, società che rappresenta uno dei punti di riferimento dei media sportivi a livello mondiale. Ci aspettiamo che i prossimi anni ci portino ulteriori miglioramenti in questo senso. Mi auguro che già il 2012 possa essere un anno nel quale si possano acquisire alcuni notevoli miglioramenti. E’ chiaro comunque che il nostro obiettivo primario per i prossimi anni sarà il miglioramento della visibilità attraverso i media".

Come si immagina la SBK tra dieci anni o meglio, come le piacerebbe che fosse?
"Dieci anni è un orizzonte molto lontano, ma se potessi realizzare un sogno vorrei vedere tra dieci anni la stessa Superbike attuale, semplicemente con un maggiore visibilità sui media di tutto il mondo e con una conseguente situazione economica più florida che consentirebbe sia a noi che alle nostre squadre di fare tante cose e realizzare progetti che purtroppo oggi non riusciamo a concretizzare. Non cambierei una virgola della nostra filosofia perché sia noi organizzatori che le squadre ed i loro piloti, percepiscono la piacevole atmosfera che pervade la Superbike e questo ritengo sia un valore assolutamente irrinunciabile. Spesso lo sport professionistico viene deviato e crea astio, gelosie e sentimenti negativi che invece qui da noi non esistono e che spero non esisteranno nemmeno tra dieci anni. E questo è il mio più grande desiderio".

 

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