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Davide Tardozzi è uno dei personaggi che hanno fatto la storia del mondiale Superbike, prima come pilota e successivamente come team manager. Ha iniziato a correre nel 1979 e nel 1988 ha vinto la prima gara della storia del mondiale Superbike, sul circuito di Donington. Dopo aver attaccato il casco al chiodo, ha iniziato una carriera di team manager che lo ha portato a cogliere grandi successi. Con il team Ducati Corse, Tardozzi ha portato alla vittoria piloti come Carl Fogarty, Troy Corser, Neil Hodgson, James Toseland ed il grande Troy Bayliss. Una storia fantastica conclusasi però nel 2009, quando Davide decise di passare al team BMW Motorrad. Un’avventura durata un solo anno che lo ha poi di fatto estromesso dal mondo della Superbike.
In seguito non gli sono mancate le proposte e le possibilità di tornare a lavorare nel suo mondo, ma come dice lo stesso Tardozzi nella nostra intervista, lui le corse le fa per vincere ed evidentemente sino ad ora nessuno gli ha ancora presentato un progetto vincente.
E’ un personaggio autentico, diretto e dotato di una grande determinazione. E proprio questo suo carattere non gli ha mai permesso di accettare compromessi di nessun tipo e qualche volta gli ha anche attirato antipatie. Chi ha un carattere forte non può piacere a tutti, ma non se ne cura più di tanto. Se si esclude la breve parentesi in BMW, Tardozzi è sempre stato e lo è ancora oggi, molto legato alla Ducati. Ed è proprio considerando il vento di rinnovamento che sta attraversando l’azienda italiana che abbiamo voluto intervistarlo, per conoscere il parere di chi le corse e la Ducati le conosce molto bene.
Sappiamo però che segui sempre il mondo delle corse e quindi saprai cosa sta succedendo in Ducati, dove è in corso un grande rinnovamento. Ritieni abbiano intrapreso la strada giusta?
«Io penso che l’Ing. Claudio Domenicali, che ha del tutto meritatamente preso il posto di Dal Torchio alla guida della Ducati, stia facendo le mosse giuste. Chi meglio di Claudio conosce Ducati e Ducati Corse? Nessuno meglio di lui sa cosa serve a Ducati per ritornare ad essere vincente. Io giudico dall’esterno, in base a quanto leggo e sento, ma credo che abbiano intrapreso la strada giusta, pur consapevole del fatto che nemmeno Domenicali abbia la bacchetta magica e che quindi gli servirà il tempo necessario per lavorare e raggiungere i suoi obiettivi. Però sta scegliendo le persone giuste ed impostando il futuro nel modo migliore».
Ritengo che non siano mai mancate le persone, perché in Ducati ci sono senza dubbio tecnici in grado di fare delle moto eccezionali. Però questo non è sufficiente se manca il giusto coordinamento
Sono stati e sono anni difficili per la Ducati, sia in GP che in SBK. Pensi che a Borgo Panigale abbiano sbagliato i progetti o la scelta delle persone?
«Per quanto ne so io e per quello che conosco della Ducati, con la quale ho lavorato per 18 anni, in azienda ci sono tutte le competenze necessarie. C’è gente che sa fare il proprio mestiere. I motivi per i quali negli ultimi anni non si sono ottenuti i risultati sperati non dipendono certo da una sola persona. E’ una cosa molto più complessa. Ritengo però che Domenicali si sia accorto di cosa non funzionasse, tanto che ha messo al posto giusto una persona capace di organizzare e di coordinare il lavoro delle varie aree presenti in azienda. Dalla progettazione di una moto, al motore, alla ciclistica e all’elettronica. Non c’è dubbio che Dall’Igna sa come gestire queste situazioni. Io ritengo che non siano mai mancate le persone, perché in Ducati ci sono senza dubbio tecnici in grado di fare delle moto eccezionali. Però questo non è sufficiente se manca il giusto coordinamento. Ed è qui che Domenicali è intervenuto, per valorizzare le grandi professionalità e le capacità tecniche già presenti in Ducati».
Quindi sei favorevole all’ingresso di Dall’Igna in Ducati?
«Sono assolutamente favorevole. Era la persona che mancava. Dopo le dimissioni dell’Ing. Preziosi c’era la necessità di trovare un supervisore tecnico che affiancasse Paolo Ciabatti nella gestione di Ducati Corse. Ciabatti è una persona di grande esperienza e capacità, ma non è un tecnico».
Ho sempre sostenuto che l’attuale rapporto di cilindrata tra il due ed il quattro cilindri sia sfavorevole alle bicilindriche
Cosa ci puoi dire della Panigale? Progetto sbagliato o moto da sviluppare?
«Premetto che non ho lavorato a questo progetto e che non conosco bene la moto, ma se posso dare il mio parere ritengo che sia una moto con ampi margini di sviluppo. Che questo succeda a breve o che ci voglia più tempo non lo so. Gli eventuali problemi legati alla ciclistica si risolveranno. Il problema è nel motore, perché con l’attuale regolamento Superbike i motori a quattro cilindri hanno avuto uno sviluppo tale che ben difficilmente un bicilindrico di 1200 cc potrà competere con loro in termini di potenza. Io ho sempre sostenuto che l’attuale rapporto di cilindrata tra il due ed il quattro cilindri sia sfavorevole alle bicilindriche. Sino a qualche anno fa i quattro cilindri non esprimevano ancora le potenze e le prestazioni attuali, ma mi è sempre stato chiaro che ci sarebbero arrivati. Era solo questione di tempo. I successi della Ducati non erano certo dovuti alla cilindrata maggiore, ma al fatto che la casa di Borgo Panigale era arrivata in breve tempo a sfruttare al massimo il suo motore e lo aveva messo in mano ad un certo Troy Bayliss».
E quale sarebbe il giusto rapporto di cilindrata tra due e quattro cilindri?
«Ve lo posso dire con precisione perché me lo ricordo ancora. Vennero fatti degli studi eseguiti da ingegneri di Formula 1 ed ingegneri universitari e per un bicilindrico la cilindrata necessaria per contrastare un motore di 1000 cc a quattro cilindri, sarebbe di 1414 centimetri cubici. Non lo dico io, ma uno studio ben preciso, condotto da persone competenti. Questo il calcolo ingegneristico. Ne consegue che la Panigale faccia senza dubbio fatica a competere con motori a quattro cilindri, specialmente ora che deve probabilmente ancora risolvere qualche problema di ciclistica che però, a mio parere, potrà essere risolto in tempi brevi».
In SBK il 2014 sarà un anno di transizione e poi nel 2015 solo Evo. Sei d'accordo?
«Certamente si, anche perché rappresenterebbe un ritorno alle vere origini della Superbike, con moto veramente derivate dalla serie. Lo si deve fare per i costi e per poter fare emergere la migliori moto di serie».
Tu hai sempre quello spirito Ducati che negli ultimi anni è invece venuto a mancare. Non tutti quelli che sono passati in Ducati sembravano avere a cuore le sorti dell’azienda.
«Come dicevo prima, sono stato 18 anni in Ducati, prima come pilota e poi come team manager ed è chiaro che mi sia rimasta nel cuore. Ho ancora tanti amici in un’azienda alla quale sono legato da un grande affetto. Ducati fa parte della mia storia e a loro posso dire solo mille volte grazie. Ritengo che la Ducati vada ridata ai “Ducatisti” e sono certo che anche Domenicali sia d’accordo con me. Certo Dall’Igna non è ancora un Ducatista, ma oltre ad essere la migliore soluzione possibile per sostituire Preziosi, non è detto che non lo diventi, una volta entrato in azienda. Chi ama la Ducati, chi ha una Ducati in garage e l’avrà anche tra dieci anni, ha bisogno di gente che creda nello spirito Ducati e che abbia sposato la sua causa. E Dall’Igna ha sposato la causa Ducati».
In Ducati hanno fatto i salti mortali e si sono dannati per dare a Rossi una moto competitiva
Il momento difficile della Ducati è iniziato con Valentino Rossi?
«Valentino Rossi va osannato, esaltato e rispettato per quello che è stato ed è tuttora e per il risalto e la visibilità che ha dato a tutto il motociclistico. Purtroppo lo spirito suo e del suo gruppo non si è mai sposato con quello della Ducati. Di certo ci sono state delle incomprensioni, peggiorate dal fatto che lui non ha avuto tra le mani la Ducati migliore. E’ molto difficile dall’esterno dare giudizi su di una situazione estremamente complicata come quella tra Rossi e la Ducati. Valentino non ha mai avuto la moto che voleva, ma in Ducati hanno fatto i salti mortali e si sono dannati per dargli una moto competitiva. La grande voglia di tornare competitivi con Valentino e di metterlo nelle condizioni di vincere ha portato i tecnici Ducati a lavorare con troppa foga. Ci tengo a dire che Filippo Preziosi ha lavorato moltissimo per Rossi, senza mai risparmiarsi nemmeno dal punto di vista fisico. Ha dato sempre il 200%. Purtroppo non c’è riuscito, ma non è mai dipeso dalla mancanza di impegno sua o della Ducati. Vi basti sapere che so di alcuni miei ex colleghi che restarono a lavorare in azienda il 14 Agosto sino alle dieci di sera. E’ un dettaglio, ma può farvi capire l’impegno che c’era da parte di tutti per mettere Valentino nelle condizioni di far bene».
Non hai ricevuto nessuna telefonata da Borgo Panigale?
«Sono le 17 del 30 Ottobre e ad oggi non mi ha chiamato nessuno. Poi magari mi chiamano alle 17,10 …… a parte gli scherzi al momento non c’è stato nessun contatto tra me e la Ducati».
Ipotizzando un tuo rientro nell’ambiente delle corse, dove ti piacerebbe lavorare, in GP o in SBK?
«La Superbike è stata per anni la mia casa. Conosco tutti e voglio bene a quel campionato, dove ho corso e lavorato per molti anni. Però se potessi scegliere forse opterei per la GP, proprio perché sarebbe un ambiente nuovo, che sono certo mi procurerebbe grandi stimoli. Una cosa è certa : se faccio le corse le faccio solo per vincere. Per poter arrivare ai massimi traguardi. Fa parte del mio carattere della mia indole di pilota».
Di certo segui le gare in televisione e a volte anche dal vivo. Hai notato qualche pilota giovane che ti è piaciuto e che pensi potrà emergere?
«Un nome ce l’ho e penso che possa avere un buon futuro davanti. E’ Stefano Manzi (leggi l'articolo su Stefano). Non solo per quanto fa in pista, dove è molto veloce, ma soprattutto perché ha quella grinta, quell’intelligenza viva e pronta e quella “cattiveria” che ho già visto in alcuni campioni del passato».