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I due piloti italiani - che hanno fatto la storia del motociclismo internazionale - si sono raccontati a stampa e addetti ai lavori, condividendo la loro esperienza a fianco di Dainese, che li ha accompagnati e aiutati per gran parte della loro carriera.
«Quando ho iniziato a correre, le tute non erano altro che uno strato di pelle in più, non ti proteggevano. Se cadevi rischiavi di farti male davvero. Le tute si sfaldavano, i caschi non erano sicuri e le piste erano piene di pericoli: guardrail, marciapiedi e nessuna via di fuga. È stata la passione di Lino Dainese a cambiare le cose…lui ha sempre cercato un compromesso che facesse sentire il pilota più sicuro, senza togliergli aerodinamica, leggerezza e comfort. E così è stato: ha creato una tuta più spessa ma sempre leggera, ha introdotto l’utilizzo delle protezioni per ginocchia e schiena e sono ormai 10 anni che studia l’airbag.» racconta Giacomo Agostini.
Marco Lucchinelli invece ricorda come «Dainese è sempre stato un marchio importante, ma quello che lo differenziava dagli altri era la passione che ci metteva Lino, che va oltre agli affari e agli interessi. Ecco un esempio: l’unico anno in cui non ho usato la tuta Dainese – l’anno che ho vinto il mondiale – il mio sponsor spagnolo non era in grado di confezionarmi la tuta nel modo in cui volevo, così Lino me la fece comunque scrivendo, alla fine, il nome dello sponsor spagnolo. Ecco, questa è l’anima di Lino, l’anima di Dainese: proteggere il pilota al di là di qualsiasi interesse».
E per le tute ormai non più utilizzabili, Dainese ha trovato un modo per mantenerle in vita, per riciclarle lasciando comunque l’adrenalina della strada. L’azienda vicentina ha presentato, proprio in questa occasione, il moto re-cycling, in collaborazione con Regenesi: una linea di accessori e piccola pelletteria creata grazie all’utilizzo della pelle proveniente dalle tute utilizzate durante gare di campionati ufficiali o nei test.