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Dicono che per un pilota di alto livello il momento più difficile sia quello del ritiro. Quello in cui si deve decidere se continuare o lasciare, quel momento in cui, come in altri ambiti della vita, si vorrebbe avere nello stesso momento la saggezza, l’esperienza, la conoscenza accumulata negli anni, e il fisico di un ventenne. C’è chi non riesce a resistere alla tentazione di provarci ancora, e chi invece sa dire basta. E magari, come fece Giuseppe Andreani a fine anni 80, prova a trasferire questa esperienza a chi il fisico da ventenne ce l’ha.
Non tutti lo sanno o se lo ricordano, ma la prima avventura di Andreani nel ruolo di ex pilota è stata proprio quella di una scuola. Siamo nel 1988, e Beppe decide di appendere il casco al chiodo dopo una lunga carriera, che gli ha fruttato nove vittorie nel Mondiale Cross fra 125 e 250, contro gente da leggenda come Bayle, Geboers o Vekhonen. E decide di creare una scuola per trasferire quello che ha imparato, osservando e sperimentando, ai giovani piloti.
Una scuola rivoluzionaria per l’epoca, con l’ausilio di riprese video per vedersi dall’esterno. Una scuola che però non va come Giuseppe vorrebbe perché come dice lui stesso, forse con una punta di rimpianto, scopre che certe cose non si possono insegnare. Si può costruire un pilota tecnicamente, gli si può insegnare a guidare bene, ma il limite della paura non si supera.
Giuseppe si è reso conto di come si tratti di una questione di percezione. Di come ci siano piloti che vanno in allarme al minimo movimento della moto, mentre invece altri - come a suo tempo Massimo Manzo, l’esempio che Beppe ci porta - potendo contare su doti naturali di agilità, propriocezione e condizione atletica, non battano ciglio nemmeno quando la ciclistica sembra annodarsi su sé stessa e la moto va a tutti gli effetti fuori controllo secondo i parametri comuni.
E da qui l’illuminazione: se non posso eliminare il limite della paura, posso però spostarlo molto, molto più in alto, agendo sulla componente che più di ogni altra influenza il comportamento della moto, mantenendola in assetto oppure - se non è a punto, o semplicemente necessita di manutenzione - creando quelle situazioni in cui il cervello manda segnali d’allarme e impedisce di percepire il limite, generando quella paura più o meno irrazionale che porta a chiudere il gas. Le sospensioni.
Anche perché - e anche qui si torna all’esperienza maturata con la scuola - andare forte alla guida significa trasformare in automatismi tante azioni, lasciando il cervello libero di pensare, ragionare, imparare ed esplorare sensazioni, percezioni, limiti e quant’altro. Ma per generare automatismi, come la reazione a una perdita d’aderenza o a un’impennata, è necessario ripetere gesti in rilassamento un numero elevatissimo di volte - 2600, stando al celebre preparatore Francesco Conconi - cosa che è possibile solo se, appunto, nel cervello non stanno suonando mille campanelli di allarme. Ovvero, se le sospensioni sono a posto e la moto ha l’assetto giusto.
Da qui nasce la nuova avventura di Beppe, che parte importando e distribuendo WP, e poi - quando l’azienda diventa di proprietà KTM abbandonando l’aftermarket - Öhlins. E proprio per le sospensioni dorate, l’azienda (che nel frattempo è diventata Andreani Group, con filiali anche all’estero) diventa una vera e propria specialista, capace di offrire non solo il prodotto ma anche, e soprattutto, la consulenza su come farlo funzionare al meglio.
Con il tempo, Andreani Group ha creato e consolidato un database con gli assetti raccomandati per tutte le moto dal 1992 a oggi, con schede che aiutano lo specialista a lavorare con le tarature di partenza per ciascuna situazione. E l’esperienza derivante dall’assistenza in gara ha contribuito a formare nei tecnici la conoscenza necessaria per aiutare tutti, dal semplice appassionato al pilota del Mondiale passando per tutte le categorie intermedie, a risolvere i suoi problemi. Ma di questo parleremo in un altro articolo.
Con il passare degli anni, l’attività si è ampliata e differenziata, pur restando comunque nel campo delle sospensioni (Andreani produce anche i propri kit cartucce, per inciso), seguendo il semplice principio per cui l’esperienza maturata può aiutare altri a lavorare meglio. Quindi, immaginando come le esigenze dei tecnici del gruppo siano fondamentalmente le stesse di chiunque lavori sulle sospensioni, in quel di Pesaro tutti i giorni c’è chi pensa a come realizzare attrezzi, banchi prova e sistemi che possano migliorare la qualità del lavoro, e poi a come industrializzarli e rivenderli.
Chiavi, set di adattatori, ma anche strumenti più complessi per rendere meno faticoso e a volte - direttamente o indirettamente - più elegante il lavoro del tecnico. Se c’è un’attività che si può o si deve compiere su una forcella, un monoammortizzatore o un ammortizzatore di sterzo, state tranquilli che il gruppo Andreani ha sviluppato un attrezzo specifico per compierla riducendo lo sforzo, aumentando la precisione e rendendo tutto il procedimento meno rumoroso, sporco e potenzialmente approssimativo. O un kit, valigette in cui è presente tutto quello che serve per lavorare su un determinato modello di ammortizzatore, dagli adattatori agli strumenti specifici.
Un esempio per tutti: un sistema che sfrutta la spinta di una vite che si allenta per aprire gli ammortizzatori, e che evita martellate, morse e cacciaviti piantati nel corpo dell’unità del cliente. Un capolavoro di razionalità: si monta lo strumento attorno al corpo, si svita e anche il mono più inchiodato si smonta, in un posto pulito, ordinato e professionale, evitando scene da fucina del fabbro ferraio. Quale delle due immagini preferireste vedere associata al lavoro su una vostra sospensione?
Ma anche i banchi prova e quelli per la manutenzione, che negli ultimi anni sono diventati una fetta importantissima dell’attività di Andreani Group, e che - con comprensibile orgoglio - l’azienda fornisce anche a Öhlins stessa, con il loro logo. O per esempio, passando al settore bici, a Fox, che addirittura integra l’attrezzatura sviluppata da Andreani (una “macchina del vuoto”, di cui vi parliamo a seguire, e una pressa per verificare il corretto funzionamento del blocco degli ammortizzatori) nella dotazione obbligatoria per gli importatori di ogni paese.
Uno dei fiori all’occhiello del gruppo, al momento, è la SP5, un banco automatico capace di effettuare una sostituzione completa dell’olio, spurgo e pressurizzazione compresi, su ammortizzatori e forcelle in pochi minuti e con precisione assoluta. E c’è tutta una famiglia di questi banchi - dall’SP3 fino alla futura evoluzione SP6 - con funzionalità più o meno avanzate, per venire incontro alle possibilità economiche di ogni professionista.
Non ci si ferma naturalmente qui, perché la famiglia di banchi più interessanti è la DB, ovvero quella dei banchi dinamometrici che misurano il comportamento di una sospensione sottoposta a sollecitazioni. In questo modo si ha la possibilità di misurare e valutare la dinamica di ogni possibile combinazione della sospensione, variandone le componenti e le tarature, per trovare soluzione a determinati problemi o dare risposta a qualche esigenza specifica. Durante la nostra visita abbiamo appunto avuto modo di vedere il responso di un banco DB4 su un’unità automobilistica, ma anche qualche grafico risultante da test su moto non ancora in produzione, a testimonianza di quanto sia importante e affidabile il lavoro dell’attrezzatura di Andreani Group.
Anche perché, a differenza di altre realizzazioni, i banchi prova di Andreani hanno quotazioni abbordabili: con circa 12.000 euro ci si porta a casa uno strumento completo e affidabile, senza l'investimento di centinaia di migliaia di euro (o anche svariate decine di migliaia) richieste da soluzioni certamente più raffinate ma fuori portata per un normale professionista.
Ma tutto questo non servirebbe assolutamente a nulla senza divulgazione. Divulgazione intesa come formazione dei tecnici che devono lavorare sulle sospensioni, ma anche diffusione di un po’ di cultura generale sul funzionamento degli ammortizzatori e sulla loro taratura. E’ per questo che Andreani ha realizzato una sala corsi che da diversi anni viene utilizzata per spiegare, nella pratica, come funziona una sospensione e come la si mette a punto.
Una sala con diversi banchi che traducono in pratica la teoria, perché un conto è sentirsi spiegare le cose, tutt’altro è provarlo in prima persona. E anche il sottoscritto, che qualcosa si vantava di saperne in materia, è rimasto abbastanza impressionato dalla dimostrazione pratica di alcuni concetti (l’importanza della frenatura - o meglio, della “sfrenatura” in estensione) che, del resto, sono da anni al centro di una campagna di divulgazione da parte di Andreani e dei suoi collaboratori.
L’uso del banco - realizzato con una moto vera e propria, che viene sottoposta a sollecitazioni su entrambe le ruote da pistoni idraulici installati sotto il pavimento - aiuta moltissimo a comprendere le variazioni, a volte inaspettate e controintuitive, del comportamento della sospensione a seguito di una variazione nella taratura.
Anche in questo caso, manco a dirlo, tutto il sistema è stato progettato e realizzato dall’Andreani Group, creando una struttura unica al mondo che è stata studiata da diverse realtà ben più strutturate. E da anni, Andreani tiene periodicamente corsi di formazione e aggiornamento per tecnici di tutto il mondo, perché oltre a quelli normalmente destinati ai professionisti italiani, c’è anche l’esempio della Suspension World Academy, che ha visto partecipanti provenienti da Russia, Taiwan, Grecia, Dubai e Slovacchia.
Il discorso torna a chiudersi, perché tutto questo studio, queste attività di sviluppo e di miglioramento dei processi di assistenza sulle sospensioni - dalla vendita di componenti qualitativamente migliori fino al semplice “tagliando” sull’unità per riportarla al comportamento ottimale - è quello che raggiunge l’obiettivo iniziale.
Per il pilota, la cosa significa naturalmente andare più forte, vincere gare e titoli oppure, semplicemente, poter portare al limite il materiale di cui dispone. Per il semplice appassionato, dallo stradista che ama la guida brillante fino all’amatore che ogni tanto si concede qualche turno in pista, la capacità di divertirsi di più, andando più forte e affinando la guida senza la costante sensazione di paura, e in ultima analisi rischiando di meno, perché una sospensione ben curata e tarata garantisce reazioni corrette da parte della moto che si sta guidando.
Il tutto in cambio di forse un migliaio di euro per un monoammortizzatore o qualche centinaio per un kit forcella, materiale che poi si può anche rivendere. E con poche centinaia, una volta all’anno o giù di lì, li si riesce a tenere nella massima efficienza - poco più di un turno in pista, che poi, con la moto a punto, ci si gode ben di più. Scusate se è poco.