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Le protezioni in moto sono sempre un argomento caldo, ancor più in questa stagione dove i motociclisti si dividono tra quelli che... Protezioni sì e protezioni no
Noi siamo sempre e comunque per il sì, ne parlava giusto pochi giorni fa il nostro Perfetto e, nella nostra sezione Accessori, vi proponiamo quotidianamente novità e consigli su cosa indossare in città, o nei lunghi viaggi, in pista o in fuoristrada.
Il settore dell'abbigliamento e dei dispositivi di sicurezza ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e lo stato dell'arte può attualmente essere considerato l'airbag indossabile, ultimamente oggetto di qualche discussione tra case produttrici per quanto riguarda brevetti e violazioni.
Ma com'è nato l'airbag? E quello per motociclisti? Il primissimo brevetto di airbag - che semplicemente significa sacca d'aria - risale addirittura al 1952, ma è dagli Anni '70 che ha cominciato a equipaggiare le automobili non senza un grande seguito di critiche e incertezze sulla sua effettivà funzionalità.
Negli anni il sistema è stato perfezionato al punto da essere montato non più solo nel volante ma anche nelle portiere, nei montanti, a protezione di più ampie parti del corpo e addirittura all'esterno dall'abitacolo, per proteggere i pedoni.
In seguito la tecnologia è stata rivista per poter essere anche indossata, soprattutto da ciclisti e motociclisti e nell'equitazione, sino a diventare addirittura obbligatorio nella MotoGP.
L'idea, per quanto riguarda il settore moto, è di Lino Dainese e del suo team, e risale al 2003, anno in cui sono arrivati i primi prototipi, poi i test in pista nel 2006 e le prime gare, fino ad arrivare alla commercializzazione del primo D-Air nel 2011.
Declinato in due principali rami, meccanico o elettronico, l'airbag può andare ad equipaggiare tute, giacche o essere indossato come gilet sopra o sotto la giacca.
Ma se il livello tecnologico di questi dispositivi è alto, anche il prezzo non scherza e, soprattutto per quanto riguarda la pista, resta un oggetto alla portata dei piloti e di pochi altri motociclisti "normali".
E intanto qualcuno inizia a pensare anche ad airbag montati direttamente sul nostro amato mezzo a due ruote.
Prima di consigliarvi qualche tuta dotata di airbag (e giacche e gilet nelle prossime puntate), andiamo a vedere come lavorano questi sofisticati meccanismi e quali sono le differenze di funzionamento, con relativi pro e contro ma, soprattutto, rispondiamo alla domanda più frequente: cos'ha in più, rispetto a un buon paraschiena?
Semplice: il paraschiena, così come tutte le altre protezioni, va a distribuire l'energia causata dall'urto di modo che non si concentri in un solo punto; l'airbag invece assorbe quest'energia, così che non vada ad arrecare danno al corpo del motociclista.
I primi modelli che, qualche anno fa, hanno portato questo nuovo concetto di sicurezza nel mondo delle due ruote, lavorano in maniera semplice ma efficace: chi guida è connesso alla moto tramite un cavo che, in caso di caduta, si sgancia andando ad azionare il sistema di gonfiaggio della sacca mediante l'azione di una o più bombolette a gas, con un tempo di attivazione inferiore ai 200 millisecondi.
I pro? Il sistema è veloce, semplice e attualmente economico rispetto alle proposte stand alone. E poi normalmente si tratta di gilet comodi da indossare sopra alla giacca, di facile manutenzione e quindi decisamente più versatili di una giacca o tuta.
Tanti pro, ma anche qualche contro: in caso di apertura del dispositivo ovviamente dovremo preoccuparci di rimpiazzare la bomboletta con una nuova, e poi c'è il problema dell'eventuale urto da fermo o della caduta "apparentemente innocua" che non farà staccare il cavo dalla moto e "innescare" l'esplosione che gonfierà la sacca.
Ultimo non ultimo, il dimenticarsi del cavo e scendere belli spediti dalla moto facendo esplodere il tutto senza motivo.
In ogni caso il sistema di aribag meccanico resta il più diffuso sulle strade, per economicità e versatilià di utilizzo.
Più costoso e sofisticato, invece, il dispositivo elettronico, di cui andiamo a parlare nel prossimo paragrafo.
I device elettronici o, per dirla in maniera tecnica stand alone, sono la versione più evoluta dell'airbag per motociclisti, e funzionano grazie a una centralina che controlla sensori, giroscopi, accelerometri e attraverso una serie di algoritmi rileva l'impatto e aziona, entro 100 millisecondi, l'apertura del cuscino protettivo.
Salta subito all'occhio dunque il primo punto a favore dell'elettronico: la velocità di azionamento, inferiore anche del 50% rispetto a quella di un dispositivo meccanico; e poi la precisione, l'affidabilità, la libertà di non essere agganciati alla moto.
Tra i contro invece bisogna in primis annoverare il costo, ancora molto alto, di queste apparecchiature e una discreta manutenzione da mettere in conto per essere certi di avere addosso un prodotto sempre pronto a proteggerci.
E l'omologazione? Dal 2013 vige la Norma Unica Europea che ha lo scopo di testare i sistemi airbag per motociclisti, la EN1621/4.
Gli airbag certificati con questa normativa devono obbligatoriamente riportare in maniera ben visibile il pittogramma che assicura al cliente che il prodotto ha soddisfatto tutti i requisiti di sicurezza.
I test sono decisamente severi e riguardano l'innocuità dei materiali utilizzati, i tempi di gonfiaggio, la sensibilità al riconoscimento della situazione di incidente, i test di sgonfiaggio, quelli ergonomici e di confort eseguiti con il sistema airbag gonfio e sgonfio, i test dei sistema di trattenuta del sistema airbag al corpo.
Ora che abbiamo un'infarinatura sui funzionamenti dei vari airbag passiamo alla pratica: cosa c'è sul mercato?
Cominciamo dalle tute, nella prossime puntata, e poi procederemo con giacche e gilet.