Intervista a Franco Acerbis

Intervista a Franco Acerbis
Ha legato il suo nome alla plastica: in principio SWM, oggi i maggiori costruttori al mondo. Frutto della sua passione gli Incas Rally e le Six Days disputate oltre oceano
31 gennaio 2008


Franco Acerbis costituisce un tassello fondamentale nel mondo del fuoristrada, sia per i numeri realizzati dall’azienda che porta il suo nome (la produzione di particolari in plastica dedicati al primo equipaggiamento supera i 4 milioni di pezzi all’anno), sia per il sostegno che ha sempre dato allo sviluppo delle discipline motoristiche considerate minori.

Enduro e Motorally devono molto all’imprenditore bergamasco, che ha dedicato tempo e risorse all’organizzazione di gare entrate nella storia del fuoristrada. Ha cominciato nel 1986 con l’Incas Rally in Perù, ha proseguito con i Nevada Rally negli States. Competenze e professionalità che non sono passate inosservate oltreoceano, tanto da convincere gli organizzatori delle storiche Six Days del Brasile (2003) e del Cile (2007, dominata da Maglia Azzura) a chiamarlo alla direzione delle loro manifestazioni. Incontriamo Franco Acerbis nella moderna sede di Albino, in Val Seriana. L’edificio hi tech non ha nulla da invidiare a quelli della Silicon Valley, grazie alla sua architettura e, soprattutto, al lavoro del reparto Ricerca e Sviluppo, le cui attenzioni vanno dalla moto al calcio, passando per l’arredamento, la moda, lo sci e il ciclismo (con il marchio Scott, di cui è distributore unico).

Filo conduttore del nostro incontro è la smisurata passione per le moto, per le gare, che ha guidato il Patron di Acerbis in quest’avventura, iniziata 35 anni fa.

Quando nasce Acerbis?
Franco Acerbis: “Nasce nel 1973. Ai tempi l’Enduro era molto popolare in valle (Seriana). In quegli anni i titolari di SWM, Sironi e Vergani, mi chiesero di curare la realizzazione delle plastiche delle loro moto, dal design alla produzione”.

SWM, un nome che richiama il mondo delle gare.
Franco Acerbis: “Certamente, si può dire che siamo partiti insieme. Loro curavano la parte meccanica, la ricerca dei cavalli, delle prestazioni. Io avevo carta bianca sulle plastiche. Siamo cresciuti, abbiamo imparato in che direzione muoverci proprio sui campi di gara, dando seguito alle richieste dei meccanici e dei piloti”.

La mulattiera era il vostro banco prova. Se un parafango non si spaccava lì…
Franco Acerbis: “La prima cosa che ho appreso è questa: un pezzo, uno qualsiasi della moto, dev’essere innnanzitutto funzionale. E questo vale per il motore, come per le tabelle portanumero. Prendi la Ferrari di Formula Uno, il suo design è figlio del vento, degli studi aerodinamici”.

E’ vero che il logo storico dell’azienda nasce quasi per caso?
Franco Acerbis: “La scritta giallo/nera nasce dall’arte di arrangiarsi, che spesso – unita all’ingegno – dà ottimi risultati. Negli anni ’70 producevo le tabelle adesive portanumero, gialle con i numeri in nero. Negli scarti di lavorazione della fustella avevo inserito la scritta Acerbis; in questo modo con ogni tabella avevo anche 4 adesivi. Se ci pensi, Piaggio ha fatto una cosa simile con i motori di Vespa, inizialmente prodotti per l’avviamento dei propulsori aeronautici e poi convertiti all’uso civile. O lo stesso Scott, con i suoi bastoncini da sci in alluminio”.

Ci racconti, da dove arrivano i bastoncini da sci della Scott?
Franco Acerbis: “Quei bastoncini erano in origine destinati alla fabbricazione del telaio degli aeroplani. Dopo la guerra vennero accatastati a tonnellate a Salt Lake City. Scott li comprò, aggiunse delle manopole da moto e creò in moderni bastoncini da sci in alluminio. Geniale, perché non soffrivano la ruggine”.

Il suo legame con l’America ha origine lontane. Ci parli dell’incontro con Steve Mc Queen e Preston.
Franco Acerbis: “Nel 1973 mi occupavo del controllo orario alla Six Days corsa negli Stati Uniti. In quell’occasione conobbi Steve Mc Queen e Preston, che all’epoca realizzava dei parafanghi avveniristici, fatti in polipropilene, un materiale di origine aeronautica molto resistente. L’anno successivo divenni importatore per il Sud Europa delle sue plastiche”.

Dalla creazione di parti in plastica destinate all’offroad, alla produzione di componenti di primo equipaggiamento (OEM, original equipment manufactoring) per le principali aziende. Un bel traguardo, come l’avete raggiunto?
Franco Acerbis: “La presenza costante sui campi di gara ci ha fatto conoscere alle grandi aziende, abbiamo stabilito i contatti, sono iniziate le prime collaborazioni. E oggi forniamo particolari di primo equipaggiamento ad Aprilia, Beta, Bmw, Cagiva, Ducati, Honda, Husqvarna, Ktm, Moto Guzzi, Montesa, MV Agusta, Triumph e Yamaha”.

Nel frattempo siete andati oltre il settore delle moto. C’è l’impegno nel calcio professionistico, con l’Albino Leffe.
Franco Acerbis: “Nel 2003 abbiamo fondato la Acerbis Football Department. Dal 2002 sono vicepresidente dell’Albino Leffe, che milita in Serie B. Con loro, e grazie alla nostra esperienza nelle protezioni sportive, abbiamo sviluppato la linea di abbigliamento tecnico per il calcio”.

Il marchio Acerbis si è visto a Pitti Uomo, a Firenze, e al Bread and Butter Fashion Show di Berlino. Franco Acerbis, dalla Sei Giorni alla passerella?
Franco Acerbis: “E’ stata un’idea di Guido (figlio di Franco Acerbis, nda). Aveva notato che sempre più aziende di moda ci chiedevano di realizzare per loro capi dalla linea motociclistica, un’area in cui evidentemente non avevano le competenze necessarie. Il passo è stato breve, abbiamo creato il marchio Acerbis Republik per essere presenti in prima persona in questo settore in forte crescita”.

Oggi realizzate mobili d’arredamento, particolari destinati ai veicoli industriali. La plastica ha abbandonato il parafango dell’SWM. E ne ha fatta di strada.
Franco Acerbis: “E ne farà ancora moltissima. La tecnologia ha fatto passi da gigante. Una volta la plastica era solo leggera ed elastica. Oggi è anche estremamente resistente. Vedrai che il suo impiego nelle automobili si amplierà. E addio ruggine, anche dopo 30 anni. Ma non credere che io sia un fanatico della plastica; gli spaghetti preferisco mangiarli dentro un bel piatto di ceramica…”.

A proposito dei mille usi della plastica, il silenziatore 035 dei primi anni ’90 che fine ha fatto? Oggi farebbe comodo, abbatteva drasticamente il rumore.
Franco Acerbis: “Era troppo silenzioso! Pensa che eravamo già scesi a 87 decibel (oggi il limite è di 94). Ed era facile intervenire per cambiare la lana di vetro interna. Ma allora i piloti non erano sensibili a questa problematica, e non se ne fece nulla”.

Nel 2008 Ivan Cervantes ha lasciato Acerbis per passare alla concorrenza. Le è dispiaciuto perdere uno dei piloti più amati dal pubblico?
Franco Acerbis: “Il nostro è un mondo che funziona grazie ai risultati, allo sport. Professionalmente quindi mi dispiace aver perso una pedina importante come Ivan. Dal punto di vista umano invece posso capire le scelte del pilota e gli auguro il meglio”.

A quale pilota è rimasto legato?
Franco Acerbis: “Yuri Stodulka. Credo che sia un affetto reciproco. Yuri era un campione all’epoca del nostro Gritti. Gli diedi i miei prodotti e lui mi aiutò molto a far conoscere il marchio Acerbis nei primi anni di attività”.

Anche il suo rapporto con Fabrizio Meoni era speciale.
Franco Acerbis: “Ho vissuto delle esperienze molto belle con Fabrizio, abbiamo affrontato i primi Rally insieme. Il primo Incas, da Lima a Rio de Janeiro, lo vinse proprio lui, in sella alla Ktm di Farioli. E quando arrivò primo sul Lago Rosa, a Dakar, ero lì ad aspettarlo. Sono felice d’aver aiutato Fabrizio a realizzare il suo sogno. Che poi era un po’ anche il mio”.

Ha organizzato le Six Days in Brasile, a Fortaleza, nel 2003, e in Cile, a La Serena, nel 2007. Quanto tempo, quante energie dedica a queste imprese transoceaniche?
Franco Acerbis: “Dietro c’è un lavoro immane. Prima della gara, siamo stati in Sud America 4 volte. Ktm Cile ci ha dato le moto con le quali studiare il percorso della futura Sei Giorni. La mattina si partiva da La Serena verso l’interno, 200/300 km al giorno per disegnare un tracciato che fosse tosto, ma non impossibile. Volevo evitare assolutamente i tappi, che creano malcontento tra i piloti e fanno annullare sezioni di gara. Nel 2003, sempre con l’aiuto fantastico dei ragazzi del Moto Club Bergamo, realizzammo la prima Sei Giorni sulla costa Atlantica dell’America, nel 2007 la prima su quella Pacifica. Non era mai successo prima”.

In 35 anni di carriera, Franco Acerbis ha raggiunto traguardi importanti. Nel 2010 lo vedremo ancora all’opera, questa volta in Messico. La Federazione Motociclistica di quel paese ha pensato proprio a lui, per organizzare un'altra Sei Giorni memorabile.

Andrea Perfetti

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