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Venticinque anni. Un quarto di secolo che sembra quasi un’era geologica se pensiamo al panorama motociclistico mondiale; provate a guardare alle moto di serie e a quelle da corsa e di colpo avrete la percezione di quanto tempo è passato da quel lontano 1991. Quando le GP erano ancora le sibilanti 500 a due tempi, le sportive vere erano ancora al massimo di 750 (oppure 851 se i cilindri erano solo due) centimetri cubici, la BMW R1100GS doveva ancora rivoluzionare il concetto di maxienduro e l'idea di elettronica sulle moto era limitato si e no alla gestione dell’accensione. Insomma, una vita fa.
La nostra visita in Akrapovič è iniziata con la presentazione del fondatore, Igor Akrapovič appunto, che ha però presto lasciato la parola all’amministratore delegato Uroš Rosa al quale è toccato il privilegio di condurci in un viaggio della memoria lungo le tappe più significative che hanno segnato questo quarto di secolo per l’azienda di Ljubljana. Un percorso che ha portato l’azienda ad arrivare, partendo dal nulla, ad esportare i propri prodotti in 80 paesi.
Nel 1991 il mondo è cambiato non poco. E’ andata online la prima pagina web, quella del CERN di di Ginevra, e il Primo Ministro finlandese ha effettuato la prima chiamata cellulare sulla rete GSM. Se pensiamo alle moto, Loris Capirossi e Luca Cadalora vincevano ciascuno il proprio secondo titolo iridato, e al salone di Tokyo Honda si preparava a cambiare per sempre il mondo delle sportive giapponesi con la prima CBR900RR.
A quel tempo nessuno, al di fuori della Slovenia, si è accorto che a Ivančna Gorica nasceva una piccola fabbrica di scarichi. Con il senno di poi, quella piccola impresa dà oggi da lavorare ad oltre 600 dipendenti e produce circa 500 scarichi al giorno. Da poco si è distribuita su due impianti, acquisendo nel 2014 una seconda fabbrica a Črnomeli, ad una quarantina di minuti di auto da Ljubljana, e garantendosi così lo spazio vitale per assecondare una crescita quasi asintotica sostenuta da grandi investimenti compiuti proprio quando la crisi ha colpito più duro.
Una strategia che ha pagato in diversi segmenti: Akrapovič, quando altri si chiudevano in difesa, ha avviato il programma auto e creato quella fonderia per il titanio (ne esistono solo sei in Europa) che gli ha permesso di acquisire e sviluppare in casa tante tecnologie che oggi le permettono di produrre tubi come nessun altro è in grado di fare.
Una strategia che ha permesso ad Akrapovič di aprirsi anche ad altre opportunità, diversificando la produzione verso i settori del packaging e soprattutto – grazie alle caratteristiche di biocompatibilità del titanio – quello medicale, lasciando aperte tutte le porte tranne, per precisa filosofia aziendale, quello legato ad impieghi militari. Qualcuno in passato ha provato a commissionare qualche particolare sospetto, ma come si suol dire è stato sgamato subito…
Siamo nel 1991, dicevamo, e Igor Akrapovič fonda la sua compagnia. Un’azienda che, come giustamente dice Rosa, forse non avrà cambiato il mondo, ma sicuramente la percezione del pubblico rispetto ad un impianto di scarico l’ha evoluta non poco.
Inizialmente Skorpion – così si chiama l’azienda, prima della telefonata dell’ufficio legale Ford – si concentra sugli scarichi racing, facendosi un bel nome soprattutto sui mercati britannico e tedesco. Bisogna infatti aspettare il 1996 per assistere alla nascita del primo scarico in Titanio omologato CE; l’anno dopo si torna però a parlare di gare, perché il marchio Akrapovič – nel frattempo il nome è cambiato ed il logo è cambiato – appare sulle Kawasaki del team ufficiale tedesco con Jochen Schmid nel Mondiale Superbike.
Nel 1999 Igor acquisisce una macchina per la produzione dei tubi in casa; ad una fiera in Germania si innamora di una macchina (a tuttora presente in fabbrica, anche se ormai poco utilizzata) che gli costa 1,2 milioni di marchi – quasi 12 milioni di euro di oggi. Quando torna a Ljubljana annunciando l’acquisto tutti sudano freddo pensando al metaforico passo più lungo della gamba, ma la storia dà ragione ad Akrapovič: il marchio dello scorpione appare sui silenziatori della Honda VTR-SP di Colin Edwards (nella foto d'apertura in sella alla SP-2 con cui si è riconfermato due stagioni dopo) e nel 2000 arriva il primo titolo iridato della Casa slovena, che si trova di colpo proiettata nell’olimpo del motociclismo. Ora tutti conoscono “gli Akra”, e da lì in avanti la crescita non si arresterà praticamente più.
Nel 2002 nasce la MotoGP a quattro tempi, ed Akrapovič è già lì con l’Aprilia RS Cube di Règis Laconi. E visto che ormai è diventata davvero grande, la Casa slovena partecipa alla sua prima fiera, l’edizione di Intermot di quell’anno. Due anni dopo, nel 2004, arriva anche la Formula 1, dove lo scorpione appare sugli scarichi in Inconel delle BAR-Honda di Jenson Button e Takuma Sato. Il motore era considerato uno dei più performanti del campionato, e non a caso il team arrivò secondo nel Mondiale costruttori.
Nel 2007 cambia nuovamente il logo: dello scorpione resta praticamente solo la coda, stilizzata, e dall’anno successivo Akrapovič fa il suo ingresso nel settore auto producendo il primo scarico OEM per la Porsche 911 GT2.
Nel 2009 nasce la fonderia per il titanio, un cambiamento epocale che fa il paio con l’arrivo della prima macchina per la produzione dei tubi: è il solo modo per poter produrre determinati dettagli che i progettisti della Casa di Ljubljana vorrebbero a tutti i costi realizzare nei loro scarichi. L’unica soluzione è fonderseli direttamente in casa, e così arriva quella struttura di cui vi abbiamo parlato in apertura e che vi raccontiamo meglio nel pezzo dedicato alle tecnologie produttive. Per ora vi basti sapere che è l’unica, delle sei presenti in Europa, capace di lavorare con materiali termoresistenti e che ha saputo stupire anche i giapponesi.
Un aneddoto a questo proposito: uno dei fornitori di titanio grezzo, situato appunto in Giappone, qualche tempo fa ha chiesto ad Akrapovič di realizzare un tubo con piegatura a 90° restando entro particolari vincoli di spazio e senza naturalmente effettuare saldature, per dimostrare ad un altro cliente come la cosa fosse possibile. A Ljubljana, un po’ per orgoglio e un po’ per scherzare, hanno restituito al fornitore un tubo che rispettando le dimensioni imposte dal cliente effettuava una piega di 180°…
Nel 2010 si inizia a fare sul serio anche fra le auto, con la vittoria nella LMP1 con Audi Sport; due anni dopo Akrapovič fa l’en plein in MotoGP, conquistando tutti e tre i titoli con Jorge Lorenzo, Marc Marquez e Sandro Cortese. Curiosamente sarà proprio il maiorchino, con la vittoria del 2015, a regalare ad Akrapovič il suo centesimo titolo. E a fine 2013 arriva anche l’accordo con Ducati Corse per la MotoGP e successivamente la Superbike, campionato in cui la Panigale trova di colpo competitività con l’arrivo di nuovi impianti di scarico.
Il resto è storia molto recente. Nel 2014 arriva il nuovo impianto a Črnomeli, nuove partnership sportive ma anche grandi innovazioni di prodotto. Akrapovič si lega infatti al Team Monster X-Raid, con cui arriva la prima vittoria alla Dakar, ma nasce anche la nuova linea di silenziatori moto e soprattutto i nuovi impianti di scarico superleggeri per le auto – spicca quello per la Lamborghini Aventador, di cui a Ljubljana vanno giustamente orgogliosi – che richiedono un profondo studio sull’elettronica, dal momento che si tratta di impianti attivi, che modificano il flusso dei gas e quindi l’erogazione ma anche la voce del veicolo sulla base di diversi parametri.
25 anni che sono passati in un attimo, da un certo punto di vista, ma che hanno permesso ad Akrapovič di fare la storia in diversi settori di motociclismo ed automobilismo. Una storia che contrasta moltissimo con quella del modello prevalente al giorno d’oggi, fatto di aziende che vengono fondate, fatte crescere e vendute nel volgere di qualche stagione. Un modello sbagliato, come giustamente sottolinea Uroš Rosa, perché manca dei presupposti per desiderare di fare sempre meglio, di far crescere l’azienda e di portarla avanti.
Un atteggiamento inconcepibile in Akrapovič, dove il fondatore non si stanca mai di sottolineare l’importanza di ricordare le proprie radici, e mantenere un atteggiamento di lealtà verso i clienti. Atteggiamento che, oggi più che mai, permette di gestire una crescita ragionata e mantenere un’identità del marchio che, sul lungo termine, premia chi sa lavorare bene e pensa al futuro in termini di prodotto, non di bilanci trimestrali.
In Akrapovič lo sanno bene, perché quando gli si chiede del futuro non si parla di numeri, ma delle sfide tecniche che caratterizzeranno le prossime stagioni. Ovvero le normative anti-inquinamento sempre più stringenti per auto e moto, e per tornare all’inizio, ad un’elettronica ancora più pervasiva, che arriverà a gestire direttamente scarichi sempre più attivi e protagonisti nel caratterizzare l’erogazione e la personalità di una moto. E c’è chi le chiama ancora “marmitte”…