Massimo Clarke. Le esigenze dei motori sportivi delle ultime generazioni

Massimo Clarke. Le esigenze dei motori sportivi delle ultime generazioni
Lo sviluppo e la produzione degli oli per motori di alte prestazioni: le condizioni di lavoro degli oli sono particolarmente gravose per le forti sollecitazioni alle quali sono sottoposti i vari organi meccanici | Massimo Clarke
23 febbraio 2011


Le condizioni di lavoro degli oli sono oggi particolarmente gravose, e questo dipende in larga misura dalle forti sollecitazioni alle quali sono sottoposti i vari organi meccanici. Le potenze specifiche dei quadricilindrici sportivi di 600 cm3 superano i 200 CV/litro (con velocità di rotazione di oltre 13000 giri/min) e quelle dei motori di 1000 cm3 di eguale frazionamento sono molto vicine (con regimi oramai sempre superiori ai 12000 giri/min). Ciò si traduce in velocità medie dei pistoni al regime di potenza massima che, per i quadricilindrici di maggiore cilindrata, superano sempre (e talvolta non di poco!) i 20 metri al secondo, indicati fino a non molti anni fa come limite da non valicare assolutamente, nei modelli di serie, e da superare solo in misura limitata nei motori da corsa. Quelle che contano in misura ancora maggiore sono le accelerazioni dei pistoni (alle quali sono legate le forze d’inerzia e quindi le sollecitazioni che interessano i cuscinetti dell’albero a gomiti); oggi possono anche superare i 55000 m/s2, valore che fino a poco tempo fa veniva raggiunto solo nei motori da competizione. I carichi che il velo d’olio presente nelle bronzine deve sopportare sono dunque particolarmente elevati.

Anche le velocità di strisciamento tra perni dell’albero a gomiti e le bronzine sono aumentate. Nei quadricilindrici sportivi, al regime di potenza massima, superano tranquillamente i 21 metri al secondo, per i cuscinetti di banco. Il lubrificante, soggetto a imponenti azioni di taglio, nell’attraversare le bronzine subisce un riscaldamento considerevole (dell’ordine anche di una trentina di gradi).

Il picco di pressione in camera di combustione supera spesso gli 85 bar (che vengono raggiunti con una estrema rapidità), e questo contribuisce come ovvio a rendere elevatissime le sollecitazioni di natura meccanica, e quindi i carichi ai quali è sottoposto il lubrificante che separa i componenti interessati.
Al crescere della massa d’aria immessa nei cilindri corrisponde un analogo incremento della massa di carburante che viene fornita al motore. Poiché il rendimento volumetrico in questi motori è molto elevato e i regimi di rotazione sono altissimi, la quantità di calore che viene sviluppata nell’unità di tempo è impressionante. La funzione refrigerante dell’olio, già considerevole in passato, diventa ancor più essenziale. Una parte tutt’altro che trascurabile del lubrificante erogato dalla pompa (anche più del 20 %!) viene oggi inviata ad appositi ugelli piazzati alla base di ogni cilindro, dai quali escono getti di olio indirizzati contro la parte interna del cielo dei pistoni. Grazie a questa soluzione si ottiene una vigorosa sottrazione di calore dal pistone stesso (la cui temperatura può scendere di 25 – 30 °C).

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Per ottenere le prestazioni che le moderne moto sportive sono in grado di fornire sono state necessarie grandi migliorie a livello non solo di schemi progettuali, in campo motoristico, e di disegno e dimensionamento per quanto riguarda gli organi meccanici, ma anche a livello di materiali e trattamenti. E anche l’olio ha risentito di questa situazione, per quanto riguarda le sue condizioni di lavoro.

Schematicamente si distinguono tre regimi fondamentali di lubrificazione. Quello ottimale, nel quale si ha una completa separazione tra le superfici dei componenti in moto relativo, grazie alla presenza tra di esse di uno strato d’olio di spessore cospicuo, è il regime idrodinamico. Qui il carico viene sostenuto interamente dal lubrificante, la cui viscosità risulta pertanto di importanza essenziale. L’usura è praticamente nulla (non ci sono contatti metallici diretti) e la resistenza al moto è quella dovuta all’attrito interno del fluido, ovvero alla sua viscosità.

Le cose vanno meno bene, anche se la situazione rimane comunque ampiamente accettabile, quando lo spessore dello strato lubrificante è talmente ridotto che in varie zone le microasperità delle due superfici entrano in contatto. Quello che si instaura è il regime misto, nel quale il carico è sopportato in parte dall’olio e in parte dalle superfici dei componenti; a queste è comunque aderente uno strato sottilissimo di lubrificante, che ne “copia” le piccole asperità. A contare, oltre alla viscosità, sono le caratteristiche tribologiche dell’olio (adesività, untuosità o lubricity). L’attrito è superiore a quello che si ha nel regime idrodinamico.

La situazione può diventare critica quando le due superfici sono a contatto diretto, eccezion fatta per un sottilissimo velo d’olio (lo spessore può essere anche poco più che molecolare!), che rimane attaccato ad esse. Questo è il regime limite, nel quale l’attrito è ancora più elevato e a contare sono esclusivamente le proprietà tribologiche del lubrificante.
Le bronzine lavorano in condizioni di lubrificazione idrodinamica, una volta a regime. All’avviamento, però, il perno dell’albero poggia direttamente sulla bronzina, e quindi si è in un regime limite. Dopo qualche attimo, non appena l’olio erogato dalla pompa arriva e riempie il meato tra i due componenti, la rotazione del perno determina la formazione di un “cuneo” di lubrificante sul quale il perno stesso letteralmente galleggia.

I segmenti del pistone hanno una vita dura, per quanto riguarda la loro lubrificazione; in prossimità dei punti morti infatti la velocità del pistone è troppo bassa perché si possa instaurare un regime idrodinamico. Inoltre, occorre anche considerare che al primo segmento di olio ne arriva sempre pochissimo. Fondamentali qui, oltre alle proprietà tribologiche del lubrificante, sono la finitura della canna del cilindro e le caratteristiche della superficie di lavoro dei segmenti. Lo sviluppo di riporti in materiali come cromo, molibdeno e matrici metalliche con disperse particelle ceramiche ha consentito di ottenere risultati eccezionali.

Un accoppiamento particolarmente critico è quello tra gli eccentrici degli alberi a camme e le punterie (o i bilancieri). Qui si hanno pressioni localizzate elevatissime, unitamente a un movimento che ha luogo con una velocità relativamente bassa e con uno spostamento sfavorevole della zona di contatto. Non è possibile l’instaurazione di una lubrificazione idrodinamica e talvolta addirittura si può passare dal regime misto a quello limite.
Le condizioni di lavoro sempre più severe (basta pensare che oggi l’olio nella coppa può raggiungere temperature dell’ordine di 150 °C), derivanti dalle prestazioni via via più elevate dei motori moderni, rendono indispensabile l’impiego di lubrificanti di alta qualità, appositamente sviluppati per questo tipo di impiego.