Il fauno (figura mitologica agreste che ha ispirato il logo)
Dainese ne ha fatta di strada in questi anni, scandendo le tappe più significative in tema di
equipaggiamenti di sicurezza passiva per motociclisti.
È di quest’anno
il ventennale del paraschiena, sviluppato da
Dainese in collaborazione con l’austriaco Mark Sadler.
Correva il 1987,
Toni Mang si laureava campione del mondo nella
classe 250 con indosso una tuta Dainese, contemporaneamente esordiva
il primo paraschiena dell’azienda vicentina.
Non è un caso,
Lino Dainese ha sempre visto nelle corse il miglior banco di prova e di messa a punto dei propri indumenti.
Agostini, Bayliss e Rossi testano per noi
Tester di eccellenza sono stati, nel corso degli anni,
piloti del calibro di Giacomo Agostini, Eddy Lawson, Kevin Schwantz, Jorge Lorenzo, Troy Bayliss, Max Biaggi e Valentino Rossi. Come dire, i migliori.
Lino Dainese ha legato il suo nome anche agli anni d’oro dei
Rally Africani, vestendo – e proteggendo – piloti del calibro di Ciro De Petri, Edi Orioli, Franco Picco. Immagini che appartengono alla storia di questo sport, che
Dainese ha sapientemente rispolverato per dare vita a una linea vintage che rimanda proprio ai
miti della Dakar (la giacca in pelle – ai tempi si correva con questo materiale - Superdune, ad esempio, è identica a quella usata nell’83 da
Andrea Balestrieri, primo italiano a terminare una Dakar).
Una crescita formidabile
Dal 1972 l’azienda ha conosciuto un incessante sviluppo, alla
sede originaria di Molvena (tuttora in attività, come vedremo) si è aggiunto il polo di altissima tecnologia di Vicenza, il famoso
cubo nero visibile ai margini dell’autostrada Milano-Venezia.
Nondimeno si è allargato l’orizzonte e Dainese ha esteso il proprio know how derivante dalle competizioni motociclistiche ad
altre discipline “estreme” (down-hill, snowboard, water sport).
Dalle piste da sci al palio di Siena
Il piccolo fauno veneto in futuro proteggerà anche gli
amanti della vela e dell’equitazione.
E gli studi condotti dal
reparto R & D (al suo interno vi lavorano oltre 50 persone, tra ingegneri e ricercatori) potrebbero – se ne studia la fattibilità - trovare applicazione anche nel ramo dell’
antinfortunistica.
L’azienda vicentina conta oggi
oltre 300 dipendenti, per un fatturato che
supera i 100 milioni di Euro.
L’espansione del marchio italiano prosegue oltre oceano, grazie all’apertura del
primo D-Store americano, avvenuta a San Francisco.
Un mercato difficile, quello a stelle e strisce, che bada poco alla qualità e tanto al low cost. Dainese dovrà trasmettere il messaggio che
ricerca e qualità hanno un prezzo.
In Europa ci è riuscita.
E proprio per essere
reattivi nel mercato globale è nato il centro logistico di Vicenza,
il cubo.
Non si tratta semplicemente di un’
opera architettonica futuristica, è un magazzino altamente automatizzato (persino i muletti elettrici sono automi privi di guida umana) che consente di
evadere gli ordini provenienti da ogni dove in tempi ridottissimi.
AGV
Dainese ha di recente
rilevato l’azienda di caschi AGV, riportando in Italia un marchio storico finito in mani straniere.
Una
decisione strategica, presa per rafforzare l’azienda di Molvena nel settore dei
caschi racing, che ha anche dei
risvolti emotivi.
Ecco quali:
Lino Dainese e AGV hanno appoggiato – insieme – i forti
campioni del passato e del presente (Agostini, Rossi). Una storia parallela fatta di successi, che procederà ora nella stessa direzione, consentendo
a Dainese di sviluppare una gamma di caschi ad alto valore aggiunto di tecnologia (sistemi Blue-tooth e di trasmissione radio tra più motocicli nel raggio di 400 mt).
Il know-how di AGV tornerà utile a
Mavet, la società padovana controllata da Dainese che si occupa della produzione delle
calotte per conto dell’azienda di Molvena.
Valentino Rossi su Marte
C’è poi il
progetto Marte. No, non siamo impazziti.
Il MIT (il prestigioso Massachussets Institute of Technology di Boston) e
Dainese stanno collaborando alla
realizzazione della tuta spaziale che accompagnerà gli astronauti
sul pianeta rosso nel 2030.
Biosuit – così si chiama – è aderente al corpo umano e sfrutta il
principio dei punti inestensibili.
Non la vedremo solo nello spazio, la stessa
idea è stata applicata alla tuta Newframe, che coniuga la sicurezza delle protezioni con il confort di questo concetto innovativo.
Hi tech e belle arti
Visitiamo le stanze e i laboratori che hanno come missione la sicurezza di tantissimi motociclisti, italiani e stranieri.
Dainese esporta oggi circa il 40% della produzione. All’estero la percezione del brand vicentino è peculiare, quasi elitaria. Alle tute col diavoletto si riconosce
un alto contenuto tecnologico, che si accompagna con le
finiture artigianali tipiche del Made in Italy.
Logica conseguenza di questo posizionamento è la presenza frequente di Dainese sulle riviste straniere di
moda e lifestyle.
Lo stabilimento di Molvena è la prova del nove di questa
italica simbiosi tra tecnologia e artigianato d’alta fattura: al piano terra lavorano operai specializzati che trattano le pelli (provenienti dalle
concerie di Arzignano), al primo piano ci sono i
laboratori dove si testano i nuovi materiali e i sistemi di sicurezza.
Nulla è lasciato al caso, anche le semplici scritte in rilievo o le cerniere sono sottoposte a intensi cicli di affaticamento.
Le tute dei campioni
Degno di nota è il reparto dedito alla
confezionatura delle tute (in pelle di canguro, come tutto il top di gamma Dainese)
dei campioni: vi lavorano signore dalle abilità manuali chirurgiche.
E quelle – da riparare – di tutti noi
A poca distanze ci sono gli operatori che seguono noi comuni mortali: siamo
nel reparto riparazioni.
Le tute rovinate o abrase, siano esse in Goretex o in pelle, trovano qui il loro elisir di lunga vita, grazie a riparazioni eseguite a regola d’arte.
D-AIR, l’airbag secondo Dainese
La strada intrapresa da Dainese nella
ricerca della sicurezza non si ferma ai pur validi paraschiena.
Nel corso del
2008 vedremo il primo Airbag dell’azienda veneta. Verrà inizialmente testato in gara (banco prova che non permette passi falsi), per poi approdare alla strada.
Sarà fortemente innovativo: grazie ad appositi sensori,
non necessiterà di collegamenti con la moto (cavi o elastici), ma leggerà il distacco del pilota e azionerà la carica esplosiva che gonfia il cuscino d’aria.
Troverà alloggiamento dove ora c’è la gobba della tuta, sarà asportabile (
come un piccolo zainetto) e garantirà la protezione di
cervicale e clavicole.
I primi test si sono svolti nel
dicembre del 2006 sulla pista di Adria, con il pilota stunt Claudio Pacifico.
Ktm e Bmw si sono mosse nella direzione della prevenzione dei traumi cervicali, introducendo il Neck Brace (
un collare rigido protettivo).
I ricercatori di Molvena lo ritengono uno strumento utile, da perfezionare sotto il profilo della vestibilità.
Il D-AIR potrebbe costituire la risposta alle esigenze di protezione e leggerezza.
Proprio nel corso del
Gp di Valencia Simoncelli ha testato il D-AIR. Un primo passo verso la produzione di questo valido strumento di protezione.
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OFF-ROAD
Il fuoristrada è tornato di moda: Dainese ha rispolverato le
linee dei capi storici e ha introdotto nel catalogo 2008
giacche di taglio Vintage (come Dune e Superdune). Un occhio alla moda, quindi, senza tralasciare i dispositivi di sicurezza passiva frutto dello studio di questi anni.
Non si tratta del preludio al ritorno di Dainese nelle competizioni fuoristrada, ma di un richiamo forte alla
storia del marchio.
I prodotti 2008.
Il reparto R & D ha introdotto elementi di novità sia sui capi in pelle, sia su quelli in Goretex.
La giacca
Seymour presenta ad esempio un
salsicciotto morbido staccabile all’altezza del collo, frutto dei Beta Test e dei suggerimenti della clientela.
Un’intuizione
semplice, ma efficace che si sposa con materiali tecnici resistenti (inserti in D-Stone) e protezioni composite.
Sulla giacca
Neck è stato perfezionato il
supporto cervicale che dà sostegno al collo del pilota nelle lunghe percorrenze in moto.
La tuta in pelle
Newframe, oltre a riprendere l’idea dei
punti inestensibili, sfrutta la pelle D-Skin (più morbida), ha una nuova imbottitura traspirante denominata
3D bubble e consente di applicare una protezione composita
a riparo del petto.
La gobba posteriore è ventilata.
Sempre più dedicata è
la linea di abbigliamento femminile, che si differenzia nettamente da quella maschile.
Inserti in vernice (giacca
Lucky), motivi gessati (completo
Michelle) e colorazioni sono studiati per coccolare un pubblico che si è fatto
più numeroso ed esigente.
Tra le novità del prossimo anno menzioniamo le
giacche vintage, sia di impronta stradale, che fuoristrada.
La memoria è l’anima del futuro
In Dainese, nella sede di Molvena, non c’è un museo in senso stretto, ossia visitabile da tutti.
Una stanza immensa ospita però
l’archivio storico dell’azienda.
Sulla porta lo stesso
Lino Dainese ha scritto con pennarello indelebile:
”La memoria è l’anima del futuro”.
L’infilata di tute che si para innanzi è tale da mozzare il fiato di qualunque motociclista. Nessun campione è dimenticato. C’è il
primo pilota Dainese, Ditier Bruan, il campionissimo
Giacomo Agostini, le
saponette in legno (!) di Eddy Lawson, le tute distrutte di
Rossi e di Biaggi, i completi di
Edi Orioli e tanto altro (non basterebbe la Treccani a descrivervi il ben di Dio stoccato a perdita d’occhio).
Livree sgargianti fanno capolino davanti a noi:
il colore è stata un’altra innovazione di Lino Dainese a cavallo degli anni ’70.
Non solo completi più
belli, soprattutto più visibili, quindi
sicuri.
Di colpo le tute nere abbandonano le piste del mondiale. Segno che talvolta la
vera innovazione, quella che trova reale applicazione,
si nasconde dietro idee semplici.
Non mancano le
tute rosse usate dai pattinatori nel corso della presentazione dei
Giochi Olimpici di Torino (of course, made in Dainese) e una
tuta verde, che attira la nostra attenzione.
Si tratta di un completo dell’
aviazione militare russa, utilizzato dagli
ingegneri della R & D per studiare i sistemi di insufflaggio (ancora una volta il confort del pilota è visto come elemento fattivo di sicurezza attiva).
L’ennesimo tributo a quella
trasversalità tra discipline differenti, utile a portare a termine la
missione di Dainese.
Garantire
la sicurezza dei motociclisti, sulle piste del motomondiale come
sulle strade di tutti i giorni.
Andrea Perfetti