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Se siete appassionati di moto sportive e frequentate i circuiti, il nome Mupo non ha certo bisogno di presentazioni. Per tutti gli altri, vi basti sapere che si tratta di una società fondata ad inizio millennio da Gianluca Maselli e Sandro Cassanelli a Castello di Serravalle, nel bel mezzo dell’appennino bolognese.
Fattasi rapidamente un nome sui circuiti grazie a prodotti di grande qualità e raffinatezza costruttiva, ma anche e soprattutto per l’attenzione e l’assistenza ai clienti, Mupo è stata acquisita qualche anno fa da Roberto Nuti SPA, grande gruppo (circa 30 milioni di euro il fatturato) il cui core business consiste in sospensioni per mezzi industriali. Una fusione che ha fornito a Mupo le risorse per investire in prodotti ancora più raffinati e sviluppare progetti innovativi come questo Magneto, che l’azienda bolognese – ora situata a Castel Guelfo – ci ha presentato in collaborazione con Moto Morini, che ha messo a disposizione due Granpasso equipaggiate con sospensioni Mupo, una tradizionale e una Magneto.
Un progetto nato dalla collaborazione con SpringOff, una piccola ma agguerrita spin-off dell’Università di Salerno, che in collaborazione con Dino Acocella – i più attenti se lo ricorderanno come l’elettronico artefice del successo della BMW in Superstock con Ayrton Badovini nel 2010, e poi ancora in Superbike con Ducati – ha sviluppato un sistema di sospensioni semiattive magnetoreologiche, tradotto in produzione sfruttando la tecnologia sulle unità tradizionali di Mupo. Ma andiamo con ordine.
Il progetto, dicevamo, nasce da una sperimentazione dell’Università di Salerno, in cui un manipolo di studenti guidato dal professor Antonio Pietrosanto ha sviluppato il concetto di sospensione magnetoreologica per l’impiego sulle moto. Un progetto partito in piccolo, all’inizio su una Yamaha TRX 850 e poi su una Suzuki GSX-R, ma che nonostante risorse limitate è evoluto rapidamente verso un prodotto dal funzionamento soddisfacente già dopo qualche stagione grazie anche alla fondazione di Spring Off nel 2008.
Sia Acocella che il team che se ne è occupato hanno lavorato molto bene, tanto da iniziare a proporre la tecnologia a diversi partner che potessero mettere a disposizione la componente meccanica ed elastica: attorno al 2010 il progetto è addirittura stato valutato da Anders Andersson di Ohlins, che ha espresso valutazioni molto positive. L’accordo non è stato perfezionato perché l’azienda svedese stava già investendo nello sviluppo della propria soluzione semiattiva, ma l’incontro ha convinto Spring Off della bontà del proprio prodotto, e grazie all’interessamento di Andreani (l’importatore italiano di Ohlins) è stato stabilito un contatto con Mupo.
Il resto, come si suol dire, è storia recente. Compresa la partnership con Moto Morini che, oltre a metterci a disposizione le moto su cui provare Magneto, lavora a stretto contatto con l’azienda bolognese e potrebbe essere il partner giusto per entrare nel mondo del primo equipaggiamento.
Le sospensioni magnetoreologiche non sono una novità assoluta, essendo già diffuse – se così si può dire – sulle supercar Audi, Lamborghini e Ferrari. Sulle moto ci sono state alcune sperimentazioni, ma finora nessuno era riuscito, o aveva voluto, creare applicazioni sulla produzione di serie.
La tecnologia magnetoreologica, sostanzialmente, non fa che ribaltare il funzionamento dell’idraulica tradizionale. Ferma restando la componente elastica, infatti, il sistema agisce sulla frenatura idraulica variando la densità dell’olio invece che la sezione dei passaggi. Un processo che avviene sottoponendo ad un campo magnetico l’olio speciale – contenente una certa quantità di particelle metalliche – che, appunto, è in grado se sollecitato di variare la propria densità passando da una fluidità quasi pari a quella dell’acqua fino ad una viscosità irraggiungibile da un olio tradizionale. Ma il bello è che questa trasformazione avviene quasi in tempo reale, eliminando servomotori ed affidandosi solo all’intensità del campo magnetico per effettuare le variazioni pilotate dalla centralina (dedicata) sulla base dei suoi algoritmi che tengono in considerazione le sollecitazioni del fondo stradale e quelle generate invece dalla guida del pilota.
Il pistone della sospensione, quindi, è dotato di un elettromagnete in grado di modificare la densità dell’olio in cui scorre, variando quindi istantaneamente la resistenza offerta al suo scorrimento. La centralina che lo controlla lavora su due assi, essendo quindi in grado di valutare in tempo reale – o meglio, in un millisecondo – l’assetto della moto (beccheggio e rollio, ovvero angolo e velocità di discesa in piega, nonché intensità di frenata ed accelerazione) ed adeguare la componente idraulica su un range estremamente ampio di possibilità.
Rispetto ad una soluzione semiattiva convenzionale (passateci questa sorta di ossimoro) il grande vantaggio di una componente magnetoreologica sta sì nella velocità di adeguamento, perché essendo priva di attuatori non ha parti da mettere in movimento, ma anche e soprattutto nel non lavorare seguendo mappe di frenatura predefinite, offrendo invece una variazione continua su tutti i punti del range di variabilità consentito dall’olio.
In una prima versione, tuttora in commercio per applicazioni specialistiche ma naturalmente più costosa e complessa, Magneto è dotato di sensori di escursione su forcella ed ammortizzatore a coadiuvare il lavoro della centralina. Nella versione che abbiamo provato, invece, il sistema ne fa a meno per contenere i costi ma anche facilitare il montaggio su più modelli di moto, che potrebbero non disporre dello spazio necessario ad ospitare i sensori. Si tratta comunque di unità con componenti meccaniche estremamente raffinate, perché per resistere all’azione abrasiva delle particelle metalliche contenute nell’olio è evidentemente necessario utilizzare materiali e lavorazioni che garantiscano una resistenza molto superiore alla media per poter offrire intervalli di manutenzione (stimati in circa 25.000 km) pari a quelle di una sospensione tradizionale.
Il nostro test si svolge con una breve, ma significativa, presa di contatto su strade scelte appositamente per la pavimentazione abbastanza approssimativa alle porte di Bologna. Tratti con fondo regolare e levigato si sono alternati a punti accidentati, con asperità fitte e di ogni genere, dal cambio d’asfalto trasversale al rattoppo a mezza corsia longitudinale. Insomma, tutto quello che potevamo fare su strada per andare ad analizzare il comportamento delle sospensioni.
Tutto il test è stato effettuato confrontando il comportamento di unità tradizionali Mupo con quelle semiattive a smorzatori magnetoreologici, alternando la guida delle due Moto Morini Granpasso equipaggiate con i due tipi di sospensioni.
Iniziamo il test con le sospensioni standard, ritrovando l’assetto che conosciamo sulla crossover italiana – piuttosto sostenuto sul retrotreno e invece più morbido sulla forcella – studiato per gestire l’esuberanza del bicilindrico Corsacorta. Sullo sconnesso emerge una buona precisione ma un comfort ridotto nel gestire le asperità, con una risposta controllata ma evidentemente rigida. La contropartita è naturalmente una bella precisione su fondi regolari e sul veloce, gratificante nella guida sportiva ed efficace quando si forza un po’ il ritmo.
Passiamo all’esemplare equipaggiato con sospensioni Magneto. L’impressione iniziale è di trovarsi su una moto con idrauliche scoppiate, con le molle che lavorano molto liberamente. Ad andatura ridotta le sospensioni filtrano perfettamente le asperità, ma soprattutto l’idraulica si fa sentire immediatamente. Altro che sospensione scoppiata, forcella e mono copiano le irregolarità del fondo ma il movimento della componente elastica viene smorzato quasi immediatamente, mantenendo sempre costante l’assetto della Granpasso.
L’assetto è quello che tipicamente si associa a moto dalla marcata indole turistica, comodo ma ben poco adatto a gestire coppie rilevanti o ad assecondare i comandi decisi nella guida sportiva. Potete immaginarvi la sorpresa quando iniziamo ad aprire un po’ il gas e le sospensioni – soprattutto il mono – si adeguano quasi istantaneamente irrigidendo l’idraulica. In accelerazione il mono si irrigidisce sensibilmente, mantenendo preciso l’avantreno che, dal canto suo, continua a copiare le asperità. In frenata il comportamento ricorda un po’ quello del BMW Duolever, con un certo affondamento iniziale che si assesta poi evitando di scaricare il retrotreno.
Provochiamo apposta il sistema andandoci a cercare gobbe e buche, e restiamo impressionati dalla capacità di sintesi del sistema, che cambia taratura dell’idraulica immediatamente ma soprattutto mantiene sempre un funzionamento coerente, senza quell’impressione di scoordinamento che a volte trasmettono alcune unità semiattive “tradizionali”.
La soddisfazione si consolida quando torniamo in sella alla versione con sospensioni convenzionali: di colpo la Granpasso ci sembra non solo troppo rigida nella guida rilassata, ma anche migliorabile quando si spinge. Sul veloce si ha un po’ di sensazione di deriva, la confidenza scende. Condizionamento mentale? Forse, ma è innegabile come la Granpasso così sia meno efficace e certamente meno versatile. Missione compiuta.
La proposta Mupo è volutamente pensata per impieghi non legati alle competizioni. Non perché la soluzione non possa rivelarsi valida sui circuiti (anzi, i ragazzi di Castel Guelfo hanno in programma diversi test a breve, complicati dal fatto che attualmente i regolamenti agonistici proibiscono in moltissime categorie l’uso di sospensioni semiattive) quanto invece perché il vantaggio principale del sistema sia il poter mutare il comportamento delle sospensioni in tempo reale su un range molto ampio di reazioni dell’idraulica. Un vantaggio che si adatta al meglio a moto del segmento crossover, utilizzate per impieghi turistici ma anche marcatamente sportivi.
Magneto è un prodotto naturalmente impegnativo dal punto di vista del prezzo: 3.250 euro più IVA nella versione kit, che consta di kit cartuccia, mono posteriore e centralina Spider con piattaforma inerziale e relativi cablaggi e si monta su tutte le moto con diametro degli steli forcella dai 41mm in su. Si risparmia qualcosa nella versione dedicata alle BMW con Telelever, che prevede due monoammortizzatori ed è posizionata a 2.900 euro più IVA.
Un prodotto che troverebbe naturale collocazione nel primo equipaggiamento, dove economie di scala ma anche l’eliminazione di una doppia spesa (sospensione tradizionale acquistata con la moto e componente aftermarket da acquistare successivamente) renderebbero la proposta sicuramente più allettante. L’apertura della centralina, predisposta per ricevere informazioni in entrata attraverso la rete CAN ormai diffusa su tutti i modelli di gamma alta (ma su cui i costruttori stentano ad accordarsi su un protocollo standard nella trasmissione dei dati) va sicuramente in questa direzione.
Ma è davvero interessante anche come proposta aftermarket, perché dimenticandosi per un attimo della componente economica, stiamo parlando di una soluzione dall’efficienza pari o spesso superiore a quella delle componenti semiattive attualmente diffuse sul mercato, e che quindi è in grado di valorizzare diversi modelli che ne sono sprovviste. D’altra parte, se chiedete a qualunque pilota se preferisca sospensioni sempre a punto o un motore preparato per erogare qualche cavallo in più, secondo voi che risposta otterreste?
Maggiori informazioni:
Moto: Moto Morini Granpasso equipaggiata con sospensioni Mupo Magneto
Meteo: Sole, 30°
Luogo: Castelguelfo, Bologna
Terreno: Extraurbano
Foto: Alberto Cervetti
Sono stati utilizzati
Casco Arai RX-7V
Giubbotto Alpinestars Pikes Drystar
Pantaloni Alpinestars Riffs
Guanti Alpinestars Corozal Drystar
Scarpe Alpinestars SP-1