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E’ strano vederlo in un box, davanti alla grande scritta 3Max, ma in abiti civili, parlare con i meccanici ed i piloti a bassa voce, quasi avesse ancora un poco di timore a calarsi in questo ruolo per lui nuovo ed impegnativo. Siamo a Imola, nel primo round del CIV Moto3, che ha segnato il debutto della squadra ideata e creata dal sei volte campione del mondo.
«Non chiedetemi quanto costa questo team. Non ha voluto fare i conti. Preferisco non saperlo» - risponde scherzosamente Max a chi gli chiede quale budget sia necessario per un team Moto3 ambizioso come il suo.
Ambizioso e puntiglioso Biaggi lo è sempre stato, e per capire che non è cambiato basta entrare nel suo box. Tutto è pulito e curato, ogni cosa è al suo posto e la zona riservata a Delbianco è esattamente come quella di Baldini, come fosse riflessa su di uno specchio. Cambiano solo i profili dei piloti, disegnati sulle pareti posteriori. Max si aggira nel suo box quasi con circospezione. Si muove con calma, anche nelle fasi concitate delle qualifiche, quando i suoi piloti si fermano davanti al box e i meccanici corrono e lavorano concitati attorno alle due Mahindra. I suoi piloti ed i suoi meccanici lo cercano con lo sguardo, e sono molto attenti a quello che il Corsaro chiede o suggerisce.
Il suo team al momento non ha una sede fissa. «La nostra è una sede itinerante, anche perché le nostre moto vengono preparate presso la sede della Mahindra, che è dalle parti di Varese – ci informa Max – e con i tecnici della Casa indiana la collaborazione è ottima. Le nostre moto sono performanti – continua – ma non sono superiori alle altre. Non penso che in Moto3 ci siamo moto nettamente superiori alle altre. In questa categoria è ancora il pilota che può fare la differenza».
E i tuoi come li ha scelti?
«Delbianco l’ho visto al Mugello lo scorso anno nell’ultimo appuntamento del CIV – racconta il Corsaro - mentre Baldini l’ho visto correre una sola volta. Pioveva, e lui dava mezza pista a tutti. Mi sono piaciuti entrambi e ho proposto loro di entrare a far parte del mio team. Delbianco è ovviamente più maturo, avendo quasi diciotto anni, mentre Baldini è giovanissimo. Ma sono entrambi dei ragazzi e come tali vanno trattati. Bisogna stimolarli, aiutarli, e poi bisogna che si divertano e che siano contenti di quello che fanno. Quindi quando serve bisogna rimproverarli, ma quando fanno bene vanno lodati».
Cosa ha fatto scattare in te la molla, la decisione di creare un team?
«Dovevo decidere cosa fare ed ero davanti ad un bivio. Avevo ricevuto due proposte di lavoro in MotoGP, e anche una proposta come pilota in Superbike. Pensate che c’è ancora qualcuno che pensa che io possa correre in moto (sorride). Ma erano proposte che non mi stimolavano. Io avevo bisogno di qualcosa di più impegnativo, di un’altra sfida difficile, ma che proprio per questo mi impegnasse al massimo. E allora ho deciso di gettarmi in questa avventura».
Non c’è stato verso di farci dire quale fosse il team Superbike o quali fossero le due proposte che gli erano state fatte per la MotoGP, ma siamo certi che per il sei volte campione del mondo il team 3Max sia stata la scelta giusta. La vita di Biaggi è sempre stata costellata di grandi sfide e di vittorie che hanno creato il suo personaggio, a volte scomodo, ma sempre estremamente determinato e vincente. Come quando, lasciata l’Aprilia 250, dimostrò di poter vincere il mondiale anche con un'altra moto, o quando debuttò in MotoGP vincendo subito con una moto privata, andando a sconvolgere le gerarchie della classe regina. O come quando, ormai troppo scomodo per il mondo della GP, dopo un anno lontano dalle piste fu autore di un altro debutto vincente. Questa volta in Superbike, con la Suzuki del team Alstare. Un’impresa impossibile che lo commosse sino alle lacrime. Sfide difficili, vittorie incredibili. Non potendo più ottenerle come pilota, cercherà di farlo con la sua squadra. Si apre un nuovo capitolo.
In bocca al lupo, inossidabile Max.