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“La Bella Vita con l’esperienza che segna il volto
Le Mani Libere, in Tasca il Giusto, nel Cuore Molto …”
Credo che Lorenzo Jovanotti non potesse riassumere meglio in sole due strofe della sua canzone “La Bella Vita (La Belle Vie)” quello che rappresenta il quartiere di Guinaw Rails a Dakar.
A 15 km dal centro città si entra in quella “seconda” Dakar così vicina e così diversa che è nota come “banlieue”, una estesa periferia che ci obbliga a fare i conti con il divario “ricco-povero” della capitale metropolitana; il cambiamento, il confine si avverte anche solo nell’aria, che cambia odore tutto ad un tratto.
Guinaw Rails è sicuramente la parte più estrema di questa periferia, possiamo dire la banlieue nella banlieue. Al di là dei binari, di nome e di fatto, è questa infatti la traduzione italiana del nome del quartiere, vive una grandissima famiglia allargata, che forma una comunità densamente popolata composta per la maggior parte da bambini. L’essere situato al di là dei binari porta il quartiere ad avere un confine che a volte, dall’esterno, funziona in un’ottica di isolamento. Quando parlo con dei senegalesi non residenti qui noto subito lo stupore nei loro occhi anche se le loro parole cercano di attutirlo: ”Come, Guinaw Rails? E cosa fai lì? Come hai fatto a capitare lì?” E quando rispondo: “Che c’è di male? D’altra parte è il mio quartiere d’adozione!” le parole non escono più dalle loro bocche.
Mi ci hanno portato nel dicembre del 2010 spiegandomi sommariamente quello che dovevo aspettarmi di vedere e di fare come volontaria di un’associazione di Roma. Da allora ci sono tornata praticamente ogni sei mesi da sola fino alla decisione di passarci un intero anno, senza essere appoggiata a nessuna Onlus, contando solo su di me, sui miei contatti e sulla mia determinazione.
Ed è proprio così che ho conosciuto Monsieur Oussaynou Goudiaby, Pére Ousin per tutti noi, direttore del “Centre Cred – Daara Ji” il centro di recupero e mutuo aiuto di Guinaw Rails che accoglie allievi dalla scuola materna fino alla classe dell’esame, se così lo possiamo chiamare, di “terza media” , dato che in Senegal viene adottato il sistema d’istruzione francese, differente da quello italiano. Ed è proprio in questo centro, in questa scuola che ho deciso di passare il mio anno scolastico 2013-2014!
Pére Ousin, che ha aperto il centro alla fine degli anni ’80, mi ha raccontato di aver conosciuto personalmente Fabrizio Meoni e di aver ricevuto da lui nel 2001 il grande edificio a due piani in cui attualmente si trova la scuola; proprio per questo dal 2004 la scuola viene dedicata a Fabrizio con il nome di scuola “Fabrizio Meoni & Amici D’Italia” ed è l’unica voluta personalmente dal campione della Parigi-Dakar prima della sua morte.
Il motivo che mi ha convinto a fermarmi qui è dato dalla natura stessa di questa scuola, di questo centro: né pubblico né privato ma associativo. Nel quartiere contiamo due grandi scuole pubbliche e diverse scuole private incapaci però di esaurire le richieste d’iscrizione dal punto di vista numerico le prime e sociale le seconde. Ecco perché Pére Ousin ha dato vita nel quartiere a questo tipo di scuola alternativa, non riconosciuta al suo debutto, quasi chiamata la scuola della clandestinità in un primo momento ma che, piano piano, si è fatta strada grazie a un massiccio riconoscimento sociale che ne ha decretato quasi per dire l’esistenza e permesso il suo diffondersi per tutto Guinaw Rails e anche oltre. Tutto ciò ha dato vita ad un vero e proprio organismo che prende il nome di “Collettivo per l’educazione alternativa”, che ha come obiettivo il recupero e l’accesso all’istruzione di tutti i bambini della banlieue provenienti da famiglie per la maggior parte al limite della soglia della povertà.
Alla scuola accogliamo i figli delle famiglie di cui nessuno sembra volersi rendere conto, le iscrizioni sono aperte tutto l’anno e non è obbligatorio accedere avendo per forza un certificato di nascita, cosa che rende ancora difficile l’avvicinamento delle famiglie alle scuole e non abbiamo una tassa d’iscrizione né una mensilità fisse, ma preferiamo parlare di contributo o partecipazione simbolica delle famiglie fino all’accesso gratuito in determinati casi.
Ciò che più è stato sorprendente per me sta nella risposta al quesito che mi ponevo ogni giorno che passavo a scuola. Come poteva tutto questo funzionare? Come si poteva superare la mancanza di mezzi e strumenti , da quelli didattici a quelli finanziari?
Sicuramente la risposta sta nell’impegno e nella solidarietà degli insegnanti, fra i quali l’anno scorso c’ero anche io! Il corpo docenti del Centro Cred è come una famiglia, presenti dalle 8.00 della mattina fino alle 17.00 del pomeriggio dal lunedì al venerdì, con un salario mensile basso e per nulla costante considerando anche il fatto che alcuni di loro hanno sulle spalle diversi chilometri da percorrere per venire ad insegnare.
Mano a mano che passavano i giorni e che passavo del tempo nelle classi con ognuno di loro potevo percepire chiaramente questa loro determinazione e volontà nel percorrere solo un obiettivo comune: l’educazione dei loro allievi! Aiutavo gli insegnanti ogni giorno con più gioia, li affiancavo nelle lezioni e nelle correzioni dei compiti dal momento che in ogni classe minimo si contavano 35-40 allievi! Una mattina alla settimana si usciva per fare ginnastica e competere in mini tornei di calcio fra scuole, ed è scontato dire che era la mattina preferita da tutti gli allievi. Ho seguito diversi mesi anche la classe della materna con i bimbi dai 3 ai 6 anni; questo mi ha permesso di imparare a parlare un minimo di wolof, la lingua senegalese!
La maggior parte del tempo l’ho comunque passata con il prof. Malang Goudiaby e la “nostra” classe d’esame. Per questo motivo mi si è riempito ancora di più il cuore di gioia quando il direttore mi ha comunicato via mail, perché io purtroppo ero già rientrata in Italia, che tutti i nostri ragazzi di 11-12 anni avevano interamente superato l’esame per l’accesso alle superiori!
La speranza che mi sono portata a casa è quella di riuscire a creare una rete solidale di persone ciascuna delle quali si possa prendere carico dell’istruzione di anche solo un allievo della scuola per garantire innanzitutto la frequenza e lottare contro la dispersione scolastica, consapevoli del fatto che in Senegal l’istruzione non è ancora obbligatoria e che la strada della sensibilizzazione è in alcune zone del paese ancora lunga da percorrere.
Silvia Tebaldi