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Cody Quinn, Pilota ufficiale Husqvarna-SpeedBrain, si è infortunato a metà novembre, e Volfgang Fischer ha chiamato Botturi a sostituirlo.
Alessandro, un bel colpo di fortuna…
«Sì, non c’è dubbio. Io ho aspettato fino all’ultimo per capire se c’era ancora una possibilità di correre con il Team che mi ha lanciato facendomi entrare in questa meravigliosa disciplina dalla porta principale. Non era solo una questione di coerenza professionale. Ci tenevo a mantenere la mia parola e volevo dimostrare con questo comportamento la mia riconoscenza. Ma non avrei potuto aspettare di più. Anche Marc Coma ha dovuto rinunciare, ancora più tardi di Cody, ma KTM ha affermato che aveva pianificato anche questa eventualità, e infatti ha inserito nel proprio organico Kurt Caselli. Quando Fischer e Husqvarna mi hanno lanciato la proposta, la risposta era già non solo logica, ma automatica».
Dunque hai “rischiato”?
«Diciamo che mi sono sottoposto al rischio. Poi, questo l’ho scoperto dopo, qualcun altro vegliava sulle mie sorti di “dakariano”, il mio Moto Club. Il presidente Damiano Bugatti, il suo vice Domenico Dall’Era, tutti erano allertati e si erano preparati a proteggermi le spalle. Chi aveva “prenotato” la moto, chi pensava all’iscrizione, chi a un supporto o ad una o l’altra delle infinite necessità. Ho ben ragione di essere orgoglioso del Moto Club Lumezzane!».
Non ti sei allenato moltissimo negli ultimi tempi, sei comunque in forma?
«Soprattutto non ho corso tutte le volte che avrei voluto, e quando ho corso, se si eccettua il Sardegna Rally Race che ho concluso al secondo posto, non sempre le cose sono andate benissimo. Mi sono comunque sempre allenato, in bicicletta, in palestra, andando in moto con l’enduro sui miei monti e con la moto da Africa in Tunisia, con Fasola. Fisicamente sono a posto, hanno fatto un eccellente assetto alla moto, “personalizzato” e tarato sulla mia statura fisica, e con la nuova Husqvarna mi sono trovato subito benissimo».
Come è la Husqvarna di SpeedBrain?
«Straordinaria. Soprattutto ha un motore incredibile. Potente e gestibile alla perfezione. La moto conserva tutte le caratteristiche di maneggevolezza tipiche dell’origine enduristica del modello, e in più ha un motore inesauribile che si dimentica del sovrappeso delle sovrastrutture e… del mio fisico. È una meravigliosa macchina da corsa. Un purosangue».
Avrai ormai capito che la Dakar va affrontata con una certa circospezione, soprattutto all’inizio e soprattutto in questo caso. Qual è il tuo atteggiamento?
«Più che di atteggiamento parlerei di approccio, e ti racconto che mi viene del tutto naturale. Ritengo di essere fortunato perché, contrariamente a molti altri Piloti, non parto con la smania del risultato o della prestazione. Parto con lo stato d’animo di chi non vede l’ora di scorrere il deserto del Perù, e poi quello argentino, e quello cileno, e di navigare. Navigare, sì, da solo. È la cosa più nuova e più affascinante, per me, di questa nuova esperienza da “rallista”».
Ma un risultato…
«Un risultato, certo, chi non lo vuole o persegue? Come può uno sportivo, e uno come me che ha gareggiato nel Rugby, nel Cross e nell’Enduro, esimersi dal volere ottenere il massino? In verità l’obiettivo che vorrei centrare è quello di un grande risultato di Squadra. Più che a un premio finale personale aspiro sinceramente a contribuire ad una vittoria del Team. Certo, se poi le due cose coincidessero…».
Piero Batini