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Una giostra, un Gran Premio, il secondo girone disegnato dalla mente cinica di ASO per autenticare l’Inferno annunciato della maratona più dura e spietata del Mondo. Partenza in linea, ovvero non più uno dietro l’altro in base all’ordine di arrivo della tappa precedente. La fila dei primi dieci, al colpo di cannone, poi quella dei secondi, cinque minuti dopo, e così via. Una battaglia corpo a corpo, senza più nessuna possibile elusione tattica, chi primo arriva sul traguardo ha vinto. Giornata ideale per uno show di Francisco Lopez nello “stadio” di casa, e per Cyril Despres la possibilità di “rosicchiare” un po’ dello svantaggio. Il francese non è un “crossista”, ma il suo talento di guida “fitta” perfettamente con le difficoltà della Speciale. Certo Marc Coma, che ha una guida più aggressiva, non starà a guardare…
L’ottava tappa si è chiusa tardi, con gli ultimi arrivati e i primi a rimanere nel deserto per un’altra notte gelata, ed il Rally “migliora” un record poco apprezzato: sono rimasti in gara meno di cento concorrenti. Settanta a casa. L’indice di durezza del “diamante” dei Rally Raid torna elevato. Per i piloti e per le meccaniche. Lo ha osservato tra le righe di un mini bilancio Marc Coma, con un sorriso di sollievo alla fine della Speciale più lunga, quando la promessa di affidabilità della sua nuova moto è stata mantenuta.
«Questa Dakar non è diversa dalle altre: è sempre dura, e difficile da inquadrare. Ti aspetti un giorno difficile e te la cavi, supponi una tappa senza difficoltà e diventa un inferno. Devi sempre temere che le cose possano virare al peggio, anche quando te lo aspetti di meno. La regola aurea diventa prendere la corsa alla giornata, andare a vedere cosa succede ed affrontare ogni nuova tappa con la massima attenzione. Sì, si cerca sempre di impostare tatticamente la giornata che sta per arrivare, ma la maggior parte delle volte si è poi costretti a modificare la strategia a causa di qualcosa che arriva all’improvviso. Può essere di dover attaccare a testa bassa perché l’avversario se n’è andato, oppure al contrario di potersela prendere più comoda perché questi ha rinunciato ad attaccarti. La Dakar si vive giorno dopo giorno, ed ogni giorno è diverso, o differente da quello che ti aspettavi.
La tappa più lunga del Rally l’ho affrontata pensando alla moto che sfidava per la prima volta una speciale così lunga. Abbiamo tenuto un ritmo abbastanza elevato, e Lopez ha aperto la pista per lunghi tratti, conosce bene questo deserto ed è bello vederlo muoversi con tanta padronanza. La moto è andata bene. Pensavamo di poter essere noi ad aver dei problemi, ed invece li hanno avuti altri…».
E infatti è stata anche una tappa di piloti… meccanici. Verhoeven, che ha danneggiato la moto non lontano dal luogo dell’incidente del compagno di squadra Gonçalves, Tomas Maffei, che dato via libera alla leadership di Alejandro Patronelli nei Quad, e Viladoms, per esempio. Tutti impegnati per ore a sistemare la propria moto, alla meglio, per cercar di concludere la tappa e non essere catapultati fuori dalla corsa.
11 gennaio 2005, undicesima tappa, in Mauritania tra Atar e Kiffa, della 27ª Dakar. Alle 10:15, poco dopo il secondo CP, cade e perde la vita Fabrizio Meoni. Aveva 47 anni, ed era stato il vincitore delle edizioni del 2001 e del 2002. Era il pilota che più di ogni altro impersonava la passione per questa corsa, ed una delle persone più belle che abbiano abitato quello e questo mondo. È il ricordo indelebile e struggente di un uomo incomparabile, vittima di un evento insopportabile.
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Piero Batini
Foto: DPPI, Red Bull