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Decima tappa. Si riprende con Marc Coma in testa. Cyril Despres è a poco più di otto minuti, Francisco Lopez a poco più di 23. Si riparte lasciando il Cile incredibilmente ospitale e… tornando in Argentina, con una tappa senza dubbio durissima.
È una di quelle tappe che uno non vede l’ora di essersi messo dietro le spalle. Dal livello del mare (o quasi) di Copiapò ai quasi 5.000 del Passo San Francisco, il varco sulle Ande che i concorrenti dovranno superare per entrare in Argentina; dal freddo dell’ora di partenza antelucana da Copiapò, al gelo in quota; dal muro della Cordillera davanti a sé al senso di vertigine oltre il San Francisco, affacciati sull’Argentina prima di scendere di nuovo ai 1.500 m s.l.m per raggiungere l’inizio della Prova Speciale.
I trasferimenti come questi sono un affare serio, da non sottovalutare. Ancora una sveglia ad un’ora innaturale (ma alla Dakar di “naturale” c’è ben poco), con la prospettiva di tanti chilometri, ben 686, da percorrere prima di raggiungere la “zona delle manovre” del giorno. È una prospettiva disarmante, anche se fa parte del gioco.
Ore 03:30. Sveglia. È buio, fa freddo. Colazione abbondante per accumulare energie (e chi ha mai mangiato uova fritte, prosciutto, sfilza di budini di cioccolato alle tre e mezzo di notte, per colazione?). Bisogna coprirsi bene e mettersi d’accordo con l’assistenza per consegnare l’abbigliamento invernale. Prevedere di fermarsi per i rifornimenti, mandare giù qualcosa ogni tanto.
04:30. Si parte. Il trasferimento è interminabile, il problema è che manca l’adrenalina della Prova Speciale. Tensione e concentrazione calano a livelli minimi. Non a caso molti incidenti, anche gravi, alla Dakar, sono successi proprio nei trasferimenti. Non si trova la posizione sulla sella, le pupille sono dilatate, l’attenzione sulla strada è approssimativa. Per questo ci sono piloti che l’affrontano come una prova, partono ed arrivano fermandosi il minimo indispensabile. Per altri, al contrario, ogni occasione è una scusa buona per una sosta: sette volte per la pipì, dodici per pulire gli occhiali, tutte quelle che capitano per due chiacchiere con l’occasionale compagno di viaggio. Ed i tempi, già lunghi, si allungano ancora.
In un caso o nell’altro, quando arriva la Prova Speciale, una bella fetta del patrimonio energetico se n’è andato.
Ed eccoci, oggi, all’appuntamento con una Speciale, manco a dirlo, sfinente. 177 chilometri “soltanto”, che sono stati ulteriormente scorciati di una ventina di km, ma è la Prova delle dune di “Fiambala”. Un nome da sussurrare, con timore. L’anno scorso è stato il teatro di un piccolo inferno iniziale. Panne, cadute, piste sbagliate. Quest’anno il percorso è affrontato al contrario. Si inizia con una parte più scorrevole, ma poi ci si tuffa nelle dune di sabbia bianca, finissima, inconsistente. E dopo il freddo della notte, della Cordillera, della stanchezza, la temperatura torrida del “catino” di sabbia. Chilecito, bivacco della decima tappa della Dakar 2011, sarà una mèta decisamente agognata.
Foto: DPPI, Red Bull