Dakar 2012, 10a Tappa: Peterhansel investe Ciotti, è polemica

Dakar 2012, 10a Tappa: Peterhansel investe Ciotti, è polemica
Le storie di Despres e di Peterhansel, entrambi con il successo di questa edizione della Dakar in gioco, hanno fatto un giro del mondo e mezzo, scatenando ondate di sdegno e crociate di assoluzione | P. Batini
12 gennaio 2012

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Arica, 12 gennaio 2012
Cyril Despres si è fatto aiutare da Paulo Gonçalves per uscire dal fango, e una volta fuori, ciao! Stephane Peterhansel ha toccato Filippo Ciotti durante il contemporaneo attraversamento di un guado, e l'italiano è rotolato nell'acqua insieme alla sua Rieju. Le storie di Cyril Despres e di Stephane Peterhansel, entrambi con il successo di questa edizione della Dakar in gioco, hanno fatto un giro del mondo e mezzo, scatenando ondate di sdegno e crociate di assoluzione. Questo dimostra, sul piano oggettivo, soltanto una cosa... che tra l'atto e la sua spiegazione può succedere di tutto. Questione di riflessi, di tempo e di spazio, e chiunque ci può mettere dentro la sua. I due episodi hanno in comune soltanto la loro fase reale, per così dire dimostrabile, filmati e foto, di gran lunga più "realistica" di qualsiasi interpretazione.


Mi sono soffermato a lungo sulle dinamiche, molti hanno saltato analisi e retorica e sono andati direttamente al giudizio... universale, ed alla fine dico la mia. Innanzitutto si tratta di due episodi di natura profondamente diversa. L'affaire Despres matura dopo vari minuti di "azione", mentre il fatto "Peter" è questione di un attimo. Il primo è riconducibile ad una attitudine comportamentale, conseguenza di una situazione critica, il secondo, seccamente, ad un'esecuzione sbagliata. Il primo porta via tempo, da tempo, per riflettere, e lascia tutto il tempo che si vuole per offrire, se non una mano, almeno un segno di gratitudine. Il secondo è come un'istantanea, si risolve maldestramente in un momento e, conoscendo bene Peterhansel, ci puoi mettere la mano sul fuoco che non ha pensato male neanche per un attimo. Condanna e assoluzione? Non sta a me, non sono ne dio ne organizzatore. Però la storia di Despres mi lascia almeno perplesso, e quella di Peter-Ciotti riesce anche a farmi sorridere.

Ma siccome tra piloti in corsa l'istinto può correre più veloce della razionalità, e correndo forte può anche sbagliare strada di tanto in tanto, tutto sommato tenderei a smorzare i toni. Sarei più intransigente, invece, con l'organizzazione, che pur con mezzi, esperienza e tempo ha gestito la faccenda dei paperi nel fango con essenziale superficialità, stravolgendo il concetto di base della corsa e prendendosi gioco dell'impegno di Coma che, passato indenne oltre la trappola e scatenato il suo inferno di tappa, ha infine visto vanificato il risultato dei propri sforzi, ereditandone il carico di tensioni.

Gli organizzatori hanno strombazzato ai quattro venti la loro emozione il giorno che il brasiliano Guilherme Spinelli, le lacrime agli occhi, è andato dai commissari ed ha cofessato: "Scusate io mi ritiro. Ho usufruito dell'assistenza illegale di uno spettatore, è vietato. Non posso concepire di concludere la Dakar avendo imbrogliato, l'onestà è la mia priorità e la mia motivazione!" E giù con lo spirito della Dakar, della prima volta nella vita di quel commissario, dei valori umani che la Dakar rappresenta in esclusiva. Via così.

A quegli stessi commissari, ancora con la pelle d'oca per l'emozione di aver visto in faccia lo Spirito della Dakar, dovevano prudere le dita nell'impazienza di prendere per le orecchie Despres. Poi, preso in considerazione l'aspetto regolamentare, avrebbero potuto "graziarlo" per il fango in cui si è impastato e "punirlo" rigettandolo nel fango di cui si è macchiato. Avrebbero fatto giustizia e un figurone con il Mondo. Perchè Despres, tra tutte le cose che poteva fare si è dimenticato dell'unica che gli sarebbe costata zero: alzare una mano in segno di gratitudine ed una spalla per fare capire a Gonçalves che era meglio se ripartiva il più in fretta possibile. Anche se la sia testa, verisimilmente, si è immediatamente riempita dell'immagine dell'avversario in fuga. Così, invece, gli organizzatori hanno, in un colpo solo, restituito a Despres i termini quantificabili della sua sfortuna, preso a calci il talento di Coma, e perso un'occasione. Il figurone l'ha fatto Paulo Gonçalves. Ha detto che sono cose che succedono a causa dell'adrenalina della gara, che per lui era tutto a posto e che sperava che lo fosse anche per tutti gli altri, invitando se stesso e gli altri a pensare ad altro e ad andare avanti. Per la verità, credo che Paulo abbia ragione, e capisco che, limitatamente alle circostanze, il frangente era di quelli da far perdere la testa a chiunque.

La questione di Peterhansel, che ha mezzo "affogato" Filippo Ciotti, secondo me non è neanche paragonabile. Anche in questo caso "Peter" avrebbe potuto aprire uno sportello e tirare fuori una mano, ma per come ho visto che sono andate le cose la faccenda è molto meno drammatica e, come detto, è l'istantanea di un momento sfortunato, privo di qualsiasi "premeditazione", non ce n'era il tempo, evoluzione indesiderata di un momento della corsa. Peterhansel potrebbe anche non aver avuto modo di rendersi conto pienamente degli effetti del contatto. E bisogna aggiungere che Stefane si è precipitato da Ciotti, al bivacco, per scusarsi.

L'episodio di Spinelli mi ha fatto pensare anche a quelle circostanze, abbastanza comuni nella Dakar, in cui il sapersi arrangiare vola allo stato dell'arte. Non me ne vogliano gli eroi della Dakar, quelli che hanno tentato con tutti i mezzi di non soccombere alla Dakar. La loro è la Storia stessa della Dakar, che non esisterebbe senza i loro episodi. Alex Zanotti, che ha lavorato come un cane sotto il sole per far ripartire la moto, Manuel Lucchese, che ha smontato e rimontato in mezzo alle dune, Alain Duclos che, in circostanze analoghe, si è ritrovato addirittura senza sella e serbatoio. Tutti loro, ma questo succede a quasi tutti  quelli che hanno storie incredibili e simili da raccontare nella Dakar del Sud America, hanno accettato, o addirittura richiesto, un aiuto da parte degli spettatori, cuore pulsante della Dakar risorta dopo l'Africa, finendo però per infrangere il regolamento. Beninteso, io farei lo stesso, e non come Spinelli, idolo di una Dakar un po' troppo ideale.

Ma, in fondo, queste sono quisquilie. Che dire, allora, di espiritu e di regolamenti, quando ci si sofferma sulla notizia del giorno e si scopre che l'Hummer di Robby Gordon, scatenato mostro a quattro ruote alla caccia del primato fino ad ora nella mani di Stephane Peterhansel, sarebbe tecnicamente non conforme, e quindi squalificato? Ma no, non ricominciamo a scandalizzarci. Diciamo che gli organizzatori farebbero meglio  a curare con più attenzione una parte del loro lavoro.


Piero Batini

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