Dakar 2012, 2a Tappa. "Animali" da Corsa. Lopez, Botturi e Aubert

Dakar 2012, 2a Tappa. "Animali" da Corsa. Lopez, Botturi e Aubert
Ancora 800 chilometri, pochi meno, per la seconda tappa della Dakar 2012. Partenza da Santa Rosa de la Pampa ed arrivo a San Rafael | P. Batini
2 gennaio 2012

Punti chiave

 

San Rafael, 2 gennaio 2012

Se fa male svegliarsi e scoprire dentro la Dakar il germe della tragedia (non è finita lì, ieri, per il capodanno della 33ma edizione: Luis Soldavini, 37 anni, ed il figlio Thomas, di 11, che sorvolavalano la corsa con un ultraleggero sono precipitati ed hanno perso la vita) fa, invece, veramente bene ritrovare una Dakar intatta sotto il profilo delle aspettative agonistiche che si sono formate nei lunghi mesi della sua infinita istruttoria. A differenza di ogni altra corsa, la Dakar è un obiettivo singolo, unico. Di una stagione intera, a volte di una vita, e per questo i moventi che ispira sono tremendamente importanti. Chiaro: il proposito di tutti è centrare quell'obiettivo, sia esso uno qualsiasi, ma non è mai di bassa lega, o uno commisurato con il proprio potenziale umano e sportivo, già precedentemente espresso, ed in questo caso l'asticella viene posizionata un po' più in alto, o in attesa di divenire manifesto.

I Piloti della Dakar sono "animali da corsa", gente con una marcia in più sotto molti aspetti. Sono caratterizzati da una resistenza fisica ed un potere di concentrazione fuori dal comune, hanno coraggio e quel livello di determinazione che vorremmo avere tutti. Credete, il tempo degli inscoscienti, estrosi ed un po' fuori di testa, che si lanciavano allo sbaraglio, è finito. Oggi il Pilota che parte per una Dakar porta sulle spalle un bagaglio di doti umane, di talento e, naturalmente, psico-fisiche fuori dall'ordinario. Un bagaglio pesante ed esplosivo, la cui miccia è comune, per tutti: la passione per questo genere di corse, per questo Rally.


Francisco Lopez


Francisco Lopez, 36 anni, ha davvero rischiato la vita in Tunisia, neanche un anno fa, ed avrebbe potuto smettere di correre e dedicarsi a qualcos'altro o, in modo meno traumatico, "riciclarsi" come pilota di auto o di Camion. No. La sua passione è correre in moto alla Dakar. Sospeso per mesi tra il poter continuare a correre in moto ed essere obbligato a smettere, "Chaleco" ha perseverato nella preparazione per la Dakar, impegnandosi e sacrificandosi per un obiettivo tutt'altro che certo: riuscire a partire per la sesta volta. Non più obiettivi di gloria ma, semplicemente, come per molti amatori, riuscire ad essere al via. Pochi giorni prima della partenza Francisco ha convocato una conferenza stampa, ed io ho temuto che in quell'occasione avrebbe dato l'annuncio della sua resa. Invece non è stato così. Lopez ha riassunto freddamente la sua situazione, definendola non ottimale. Il recupero non è completo, la preparazione fisica non sufficiente per "reggere" un'intera Dakar. Ma la decisione è stata ugualmente ferma: partire, e monitorare giorno per giorno le sue condizioni. Il primo giorno non contava molto, ma ha finito per essere fondamentale. Tornare a vincere, seppure in una corta speciale come quella della prima tappa, è il visto di ritorno del Pilota, la certificazione che tutto il suo talento è ancora a disposizione. La seconda tappa era, invece, "autentica". Lunghissima, con una speciale velocissima e rischiosa, con un caldo asfissiante. Lopez ha aperto la pista per buona parte della giornata, ha concluso con un eccezionale quarto posto, è secondo in classifica generale. In tre parole: Lopez c'è (e c'è da giurare che ci sarà fino alla fine).
 

Alessando Botturi


Alessando Botturi, 36 anni. Campione di Rugby, Campione di Enduro. Un fisico colossale, la passione per le gare "dure", estreme, un carattere calmo, semplice e determinato. Il nuovo Team Bordone-Ferrari è nato anche, almeno un po', attorno al Campione di Lumezzane, che non si capacita ancora della fortuna che ha avuto, entrare alla Dakar... dalla porta principale. Dopo due giorni di gara Botturi è il migliore degli italiani, sedicesimo assoluto, ed anche questo è un fatto a cui stenta a credere. Per due volte Alessandro ha dovuto imparare a fare qualcosa di importante, e per due volte è riuscito a farlo bene. Nessun dubbio che cercherà di fare altrettanto la terza volta che riparte da zero. Botturi è spinto da una passione spropositata per questa corsa, è ancora più sognante che "presente", e si rammarica continuamente di non essere ancora pronto per questo genere di corse, di non essere ancora padrone delle necessarie tecniche di navigazione. Però è contento, attento, umile e determinato come non mai. Perchè la Dakar gli piace.


Johny Aubert

Quello di Johnny Aubert, 31 anni, è il debutto di questa Dakar che preferisco. Posso avere simpatia per un pilota? Essere tifoso anche io? Bene: io tifo per Johnny Aubert. Aubert è stata una grandissim promessa, mancata, del Motocross francese, ed ha buttato via una carriera, anche per colpa sua. Nell'Enduro è arrivato grazie a Filippo "Pippo" Lamotte, che dice di averlo messo "in riga". Ma Pippo scherza, perché non è vero. Johnny si è messo in riga da solo, è diventato due volte Campione del Mondo ed è uno dei più forti Piloti, in assoluto, oggi in circolazione. Talento a parte, in Aubert confluiscono due caratteristiche difficili da miscelare: una calma prossima alla freddezza e l'entusiasmo travolgente. Riuscire a dare a questa miscela esplosiva un equilibrio controllato diventa una forza (talento a parte, ancora). Sin da bambino Aubert ha coltivato un sogno, messogli in testa dal padre: correre alla Dakar. Per oltre un anno si è avvicinato con circospezione al sogno, trasformandolo pian piano in una realtà praticabile. Finalmente, chiuso il Mondiale 2011, Johny è partito per Mattighofem deciso: o lo lasciavano partecipare alla Dakar o smetteva. Ed eccolo, anche lui, "dentro" attraverso la porta principale, ufficiale KTM (anche se con un profilo più basso). Nella prima tappa Aubert si è "incartato" un paio di volte con il trip che non funzionava, nella seconda è caduto, ha piegato il manubrio ed è rimasto fermo per aggiustare la moto, perdendo una diecina di posizioni. All'inizio si è innervosito, perchè sentiva addosso la pressione del tempo perso, come il Pilota di Enduro. Poi ci ha sorriso sù e, come un Campione consumato, ha imparato la lezione della pazienza, della calma necessaria per affrontare quindici giorni di inferno con i nervi saldi. Ha capito anche quanto sia diverso correre contro il tempo ad una velocità relativamente bassa e passare, invece, un'intera giornata sempre, o quasi, lanciato come un missile. La Dakar si vince prima di tutto dentro la testa.


Piero Batini

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