Dakar 2012, aspettando Fiambalà (con una certa apprensione)

Dakar 2012, aspettando Fiambalà (con una certa apprensione)
In attesa dello spauracchio di Fiambalà, la tappa che ormai per definizione caratterizza e dipinge l'inferno della prima parte della Dakar 2012 | P. Batini
5 gennaio 2012

Punti chiave


Chilecito, 4 gennaio 2012
In attesa dello spauracchio di Fiambalà, la tappa che ormai per definizione caratterizza e dipinge l'inferno della prima parte della Dakar 2012, non si può dire che quest'anno la corsa abbia dato modo ai partecipanti di "ambientarsi" con calma.
La corsa è entrata immediatamente nel vivo ed è stata dura e spietata sin dalle prime battute, sin dai primi 800 chilometri che sembravano essere solo un modo per allontanare la Dakar dalla turistica Mar del Plata e darle il modo di concentrarsi su se stessa. In quattro tappe sono stati già sfatati parecchi miti. Il primo, come abbiamo già avuto modo di spiegare, è quello della supposta fine dell'era Coma-Despres, che a quattro giorni dall'inizio dell'anno fa veramente ridere.
Basta guardare la classifica della quarta tappa per rendersene conto. I vincitori, tre ciascuna, delle ultime sei Dakar sono ormai fuori portata, e solo un imprevisto grave può ormai togliere lo spagnolo ed il francese dai primi due gradini del podio di Lima.
Marc Coma è il guerriero di sempre, quello che se non avesse avuto un problema al freno anteriore a cento chilometri dalla fine della Speciale avrebbe chiuso la prova sbalordendo ancora una volta e dimezzando il vantaggio concesso all'avversario con un errore certamente atipico.
Despres, il talentuoso opportunista (in senso buono) che non si lascia scappare una sola occasione, ha preparato ancora una volta con estrema cura la sua gara, ed è nelle condizioni di giocare come meglio sa, ovvero facendo meno errori di tutti gli altri per capitalizzare sulla lunga distanza.
L'unico Pilota che ha, in passato, dimostrato di poter colmare il gap dell'era più recente della Dakar, Francisco Lopez, che è anche l'unico dotato di un'alternativa tecnica, l'Aprilia 450cc bicilindrica, in grado di rompere il monopolio tecnologico di KTM (altro mito che resta da sfatare, la battibilità di KTM, padrona del campo dal 2001), è ancora a mezzo servizio. Ancora perchè non è dato sapere se la sua Terra riuscirà a fare il miracolo di restituirci un "Chaleco" al 100%, visto che sin qui il cileno ha già dato prova di eccezionale forza di carattere. Alle spalle di Coma e di Despres, Chaleco in sospeso, c'è già un baratro di mezz'ora.
Helder Rodrigues, Campione del Mondo, conta sul fatto di dover cambiare meno motori degli avversari e non si prende un solo rischio, David Casteu, Frans Verhoeven, Paulo Gonçalves cercheranno il successo di tappa per corroborare il morale di uno status eccellente ma, come dire, in un'era sbagliata, ancora chiusa agli avvvicendamenti di tendenza.

Il duello


La Dakar è, dunque, ancora avvincentemente blindata dall'epopea del Grande Duello, e saldamente ancorata all'asse franco-spagnolo stabilito prima ancora dell'avvento di Despres e Coma, ovvero dieci anni fa, era l'edizione del 2003, quando Richard vinse Sainct succedendo alle due vittorie consecutive di Fabrizio Meoni. Da allora gli italiani hanno fatto fatica a ben figurare, ad entrare in quella top ten che in tutti gli sport è la referenza di base (solo Giovanni Sala, 8° nel 2005 e 3° nel 2006, c'è riuscito).

Quest'anno potremmo anche esserci, un po' a sospresa


Le speranze italiane sono in buona parte riposte nel Bordone-Ferrrari Racing Team che, sempre un po' a sorpresa, è arrivato all'improvviso, correndo in fretta negli ultimissimi mesi, ed ha portato al debutto Alessandro Botturi, "strappato" all'Enduro. Il Team milanese ha fatto le cose in grande, e si presenta organizzato come una grande squadra ufficiale.
Due piloti spagnoli, Jordi Viladoms (ieri era il suo compleanno) e Gerard Farres, due italiani, Botturi e Paolo Ceci, ed il Team Manager che ha accompagnato le vittorie di Joan "Nani" Roma e Marc Coma, Jordi Arcarons. Alessandro Botturi non ha ordini di scuderia, anzi, deve solo imparare e far esperienza. Intanto il "Bottu" è tredicesimo assoluto.

E gli altri italiani?


Alcuni di loro sono già, purtroppo, fuori gara, come Franco Panigalli e Maurizio Frigerio, o Alex Zanotti che ha coinvolto TM in un grande progetto e che, come abbiamo visto, è rimasto prima attardato da un problema di carburante (o di alimetazione), poi si è dovuto fermare per la tripla foratura del pneumatico posteriore, e quindi si è costretto alla resa per non soccombere al bombardamento del sole argentino. Tra gli italiani, ma di adozione, vorrei salutare con dispiacere il... francese Edouard Boulanger, che si è ritirato ieri per una caduta. Vittima di una stiramento inguinale molto doloroso Dudd, che aveva vinto la sua Dakar al Pharaons Rally di Daniele Cotto, ha responsabilmente deciso di tornare a casa... in Italia.
Paolo Ceci è dunque 22°, ed al 69° posto troviamo un vecchio leone, Franco Picco, uno che non lo fermi neanche a fucilate. Filippo Ciotti e Andrea Fesani li troviamo irriducibili a rappresentare ufficialmente Rieju, e nella top 100, che è l'emblema degli obiettivi degli amatori, troviamo Claudio Pederzoli e Manuel Lucchese. Federico Ghitti e GianErnesto Astori sono ancora più indietro, ma la classifica non interessa loro quanto vincere la sfida personale.
Ancora perfettamente unita è la famiglia Tonetti, il 22enne Luca naviga a vista alla scoperta della sua prima Dakar, mentre papà Roberto, ma i più lo conoscono con il soprannome di "Checco", dopo aver vissuto giornate di ansia a causa di un problema elettrico, nella quarta tappa si è preso il lusso di essere il migliore dei piloti dei Quad italiani, piazzando il suo 4ruote Yamaha all'ottavo posto, davanti a Norberto Cangani (a Mar del Plata coinvolto in una ingiusta bagarre regolamentare) ed alla Campionessa del Mondo Camelia Liparoti, tanto minuta quanto coriacea rappresentante del gentil sesso.

A proposito di donne, si è ritirata Rosa Romero, moglie di Nani Roma, mentre Laia Sanz, la spagnola Campionessa del Mondo di Trial, occupa la 66ma posizione non ostante i quaranta minuti di penalizzazione per il "salto" di un Waypoint Masqué, un controllo di passaggio "segreto", da trovare con l'ausilio del GPS, che ha fatto strage (e discutere, parecchio) al termine della terza tappa, intrappolando anche nomi importanti come quelli di Ruben Faria, Alain Duclos, Pal Anders Ullevalseter, Felipe zanol, Joan Barreda.


Piero Batini
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