Per un attimo abbiamo pensato che la decisione annunciata da Francisco Lopez alla fine della settima Speciale fosse non vera, esagerata, presa troppo a caldo. Le notizie successive, forse alimentate dalle speranze dell'entourage del Campione cileno, parevano aprire uno spiraglio. Invece i medici del Pilota cileno, chiamati a consulto, hanno messo in chiaro che non era il caso di continuare, che era meglio che la Dakar di Francisco si chiudesse lì. Poi la conferma ufficiale, arrivata in tarda serata, del ritiro di "Chaleco", per una distorsione di secondo grado del ginocchio destro. Un trauma che ricade su una vecchia lesione aggravando la situazione e non lasciando troppa scelta. In bocca al lupo Rey.
La Speciale che doveva essere la più dura
La Copiapo-Copiapo doveva essere la Speciale più dura della Dakar. Ma non è stato così. Molti fattori hanno influenzato questo esito, per certi versi inaspettato. Innanzitutto la Dakar è sempre sorprendente, nel bene e nel male. Basta ricordare che la prima Speciale, di soli 57 chilometri, ha certamente mietuto più vittime del previsto, e che quella demonizzata di Fiambala, al contrario, non è stata certo trascendentale. Ora, se le cose fossero andate come si poteva ragionevolmente prevedere, i concorrenti sarebbero arrivati a Fiambala con la "lingua in terra", avrebbero affrontato l'attraversamento della frontiera in trasferimento (prendendosi comunque il loro bel "sottozero"), e si sarebbero immersi nella prima Speciale in territorio dell'Atacama, con fatica, tensione e stress meccanico ragionevolmente più elevati. Invece, spegni l'inferno di Fiambala, annulla la prima in Cile, ed ecco che il Gran Premio di Copiapo è diventato non dico una passeggiata, ma non certo quel mostro annunciato dagli organizzatori. Motori risparmiati, fatica risparmiata, un giorno in più, fuori programma e quindi di valore doppio, senza tensione agonistica. Il resto è venuto per caso o per fortuna, e non c'è da recriminare. Altra cosa è pensare che gli organizzatori francesi l'abbiano fatto apposta, per proteggere la carovana già notevolmente decimata (restano in gara circa 110 dei 178 partenti), che ai giorni nostri non è una bella publicità o, peggio, per proteggere la gara del pilota connazionale, in vantaggio di dieci minuti sull'avverario storico. Ma questa, serpeggiata al bivacco, è un'illazione bella e buona, e non ci sono elementi sufficienti nemmemo per aprire un'inchiesta. La ragione dell'annullamento è matematicamente assennata. Nel reale, di conseguenza, il Pilota maggiormente sacrificato è proprio Marc Coma, che si vede tolta la terra sotto i piedi e comincia a pensare che recuperare i dieci minuti di quell'errore non sia una cosa proprio da ridere.
Il valzer dei quindici minuti
Sino all'anno scorso era consentito cambiare un solo motore alla propria moto, dal secondo scattavano le penalità. Quest'anno il regolamento è più semplice, e a mio avviso più corretto. Il primo motore cambiato costa 15 minuti di penalizzazione, il secondo 45, il terzo ed i seguenti due ore. Normalmente la giornata di riposo era anche la giornata dei cambi di motore, per tutti quelli che se lo potevano permettere. Quest'anno, sotto questo aspetto, la pausa assomiglierà un po' di più al pit stop della formula uno, per il cambio gomme o il pieno. Qualcuno userà di certo una sua "strategia". Prima della gara c'era chi diceva di voler fare tutta la gara con un solo propulsore, e tra questi anche Helder Rodrigues. Il portoghese, che di solito è piuttosto irruento, quest'anno è stato particolarmente occulato, sin qui. La tesi quindi è plausibile. Detto anche che attualmente si trova in terza posizione nella generale, ma a una manciata di minuti dall'inseguitore, se questi cambiasse il propulsore e lui no, Helder si troverebbe con un vantaggio accessorio di altri 15 minuti. Ma, certamente, andrebbe incontro a maggiori rischi (che poi non è detto: è già successo che un motore appena cambiato durasse appena un giorno). Anche Coma potrebbe decidere di tenere il proprio "vecchio" motore, sperando che Despres lo cambi, e la partita sarebbe matematicamente riaperta. Ma qui c'è da pensare che il cambio sia già stato deciso, a tavolino, da KTM prima della partenza. Per ora è impossibile dire come andranno le cose. Lo sapremo alla partenza della ottava tappa, tra Copiapo ed Antofagasta, con la Speciale più lunga), poichè per decidere c'è tempo sino al pomeriggio avanzato della giornata di riposo, poiché il controllo di arrivo della settima taopa chiude alle 18:00.
"Operazione Guillaumet"
Nell'edizione dell'anno 2000, la Dakar venne sospesa per cinque giorni, poichè si temeva che la Corsa potesse subire un attacco di matrice terroristica. Fermata a Namey, in Niger, l'azione riprese da Sabha, in Libia, e per trasportare tutti i mezzi, e gli uomini, venne allestito un gigantesco ponte aereo che per cinque giorni, utilizzando i giganteschi cargo russi Antonov An-124, collegò via aerea le due località trasportando mezzi e uomini (compresi gli elicotteri). La Dakar si concluse felicemente alle piramidi di Giza, al Cairo, e vinse Richard Sainct, ma i media si scatenarono sull'"esodo", che divenne la principale cassa di risonanza del Rally, quell'anno. Annunciata all'improvviso, al briefing serale da Hubert Auriol, in realtà l'operazione era stata preparata sin dall'inizio, non appena individuati gli estremi del pericolo potenziale, e la sorpresa non fece altro che gonfiare l'effetto mediatico dell'evento straordinario, spargendone le notizie anche al di fuori dei canali specializzati convenzionalmente coinvolti.
L'emergenza neve che ha portato all'annullamento della sesta tappa della Dakar di quest'anno non ha niente a che vedere, per portata, con l'episodio ricordato, ma agli organizzatori della Dakar è sempre piaciuto dare un tono di epicità alle loro scelte, soprattutto a quelle legate ad un problema globale. Così è stato lo stesso Etienne Lavigne, direttore della Dakar sul campo, a denominare "Operazione Guillaumet" il convoglio che ha consentito di trasferire, via strada, la carovana della corsa dall'Argentina al Cile attraverso il Passo San Francisco bloccato da una tempesta di neve dei giorni scorsi. Henri Guillaumet, un pioniere dell'aeropostale degli anni trenta, fu costretto ad un atterraggio di emergenza sulle Ande, e rimase disperso per cinque giorni e quattro notti, tanti gli furono necessari per raggiungere, vestito del solo giubbotto da pilota e semiassiderato, il centro abitato della salvezza. L'operazione ha preso l'avvio alle sei di mattina da Fiambala, con il convoglio aperto da un camion 6x6 dell'organizzazione con a bordo medici e ossigeno, e due aerei che sorvolavano il Passo per garantire i collegamenti radio, e si è conclusa attorno alla mezzanotte a Copiapo, con l'arrivo dell'ultimo dei 750 mezzi coinvolti.
Piero Batini