Dakar 2012. La vita dei privati al bivacco

Dakar 2012. La vita dei privati al bivacco
La tappa marathon è una delle situazioni più affascinanti della Dakar. C'è un'atmosfera di maggiore intimità, e ogni pilota tira fuori la lista delle operazioni per il tagliando, preparata dal meccanico che per un giorno non c'è | P. Batini
13 gennaio 2012

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Arequipa, 12 gennaio 2012.


Il bivacco della tappa marathon e le "Casse"


La tappa marathon è una delle situazioni più affascinanti della Dakar.
I piloti sono arrivati alla spicciolata, hanno preso possesso del loro fazzoletto di terra al bivacco, ed hanno cominciato a pensare alle loro cose come accadeva una volta: da soli. Non ci sono i mezzi di assistenza, gli assistenti, e i decibel di rumore generati dai gruppi elettrogeni sono crollati.
C'è un'atmosfera di maggiore intimità, e ciascuno dei piloti tira fuori dalla giacca la propria lista delle operazioni per il tagliando, preparata dal meccanico che per un giorno non c'è. Ma i "privati" il meccanico spesso non ce l'hanno neanche gli altri giorni, ed al bivacco della tappa marathon anche i più "privatoni" fanno un passo avanti, perchè gli ufficiali si rendono conto "da vicino" di che vita fanno i "barboni". Qualcuno, beninteso, è "clochard", è "privato" per scelta e non per necessità, ed intende la Dakar solo in questo modo: lui, la sua moto, il suo marsupio. E la sua Cassa.

Da 17 anni, alla Dakar, gli organizzatori trasportano una "cassa", dove il Pilota stipa un picolo campionario di essenzialità: lo spazzolino da denti, la felpa, mutande, 100 grammi di piume dentro un sacco a pelo, un pistone, la centralina, la pomata di Fissan, le leve, fasci di fascette, lampadine, viti e bulloni, 125cc di grappa o di olio degli ulivi di casa sua. All'esterno il numero di gara, all'interno del coperchio è incollata la lista delle centinaia di cose, scelte con cura e pensate, sopravissute tra mille all'esclusione perchè ritenute necessarie. Il contenuto deve stare tutto in una cassa delle dimensioni di 80 per 40 centimetri, alte non ricordo più quanto, che i piloti privati senza assistenza trovano ogni sera insieme ad una coppia di ruote.
Le casse sono trasportate da un camion, una volta addirittura da un aereo, l'"aereo delle casse", autentico epicentro della notte del bivacco. Attorno al camion della casse, o all'aereo della casse, sono state scritte intere epopee della Dakar.
Al culmine della sua parabola c'erano elettricità, enormi punti luce, caffè, compressori ed utensili, bottiglie di Pastis, la pressa, sigarette, tecnici geniali capaci di tagliare, piegare, saldare, disponibili tutta la notte, perchè non si dormiva mai al camion (o l'aereo) della Casse.
C'erano persino sponsor per quell'aereo, che vedevano lì l'anima della Dakar, quella vera.
E naturalmente Piloti per tutta la notte, al lavoro fino all'alba, anche fino a cinque minuti prima di partire per la tappa.

Qualche lustro fa dal ventre dell'aereo scendevano, per risalire al mattino dopo, miracolosamente richiuse e coscienziosamente radunate ai suoi piedi, centinaia di casse e di ruote.
Oggi i "privatoni", e conseguentemente le Casse, sono sulla via dell'estinzione, si contano sulle dita di un paio di mani, ed attorno a quelle Casse non c'è più la stessa atmosfera.
Gli organizzatori pensano addrittura di abolirle, perchè sono un costo e perchè, dicono, i privati ormai preferiscono spendere qualche soldo di più ed avere, o condividere, un'assistenza propriamente detta.
Qualcuno non è d'accordo.


Piero Batini  
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