Dakar 2012. Vita da ufficiali e vita da soldati nelle retrovie

Dakar 2012. Vita da ufficiali e vita da soldati nelle retrovie
La giornata di "riposo" obbligata determinata dall'annullamento della sesta tappa concede ai Piloti un'occasione insperata per tirare il fiato. Un break utile, forse antipatico al solo Coma... | P. Batini
6 gennaio 2012

Punti chiave


La giornata di "riposo" obbligata determinata dall'annullamento della sesta tappa concede ai Piloti un'occasione insperata per tirare il fiato. Non è una vera e propria giornata di riposo, come lo sarà domenica 8 gennaio, ma è comunque un break utile, forse antipatico al solo Marc Coma che ha di fatto una giornata di gara in meno per ristabilire l'equilibrio agonistico e rilanciare le proprie azioni per il successo finale. Ma questa è la vita, sempre abbondantemente imprevedibile, alla Dakar. Una vita che non è uguale per tutti, in pista come al bivacco.

Per un pilota ufficiale che corre per vincere, o almeno per ottenere un buon piazzamento, la responsabilità è notevole. Giocarsi tutto in una sola gara, e quindi centrare o mancare un obiettivo che si ripresenterà solo un anno dopo, è un bagaglio senz'altro pesante, ed è giusto che tutto attorno al pilota ruoti come un orologio perchè non gli resti che... dare il gas.

Per il Coma o per il Despres, cosi come per un ridotto numero di concorrenti che si sono guadagnati una buona reputazione e sono sostenuti da investimenti adeguati, la vita della Dakar è tutto sommato buona. Innanzitutto, salvo imprevisti, essendo i più veloci e partendo sempre tra i primi, arrivano di buon'ora al bivacco di fine tappa. Diciamo, quando le tappe non sono eccezionalmente lunghe o difficili (o tutt'e due) nel primo pomeriggio, ad ora di pranzo come nel caso della accorciata tappa di Fiambala. Al bivacco trovano la propria organizzazione, il camion o il furgone ufficiale, i mezzi di assistenza (da quando le assistenze sono tutte "terrestri", i più "ricchi" in Sud America possono permettersi anche un camper al seguito, che diventa l'albergo quotidiano e che sostituisce la tenda di africana memoria). Consegnano la moto al meccanico e non ci pensano più sino al mattino dopo, a meno che non sia richiesto loro di collaudare una regolazione o un'importante pezzo sostituito. Si ripuliscono e si rifocillano (un team che si rispetti ha sempre un piatto di pasta pronto per il Pilota, e se non è questo la tavola è comunque imbandita) e possono passare in branda per il riposino pomeridiano, in attesa che il sole smetta di dardeggiare sul bivacco). Poi si passa alle operazioni di "routine": la lettura critica del roadbook della tappa successiva, un po' di strategia con la Squadra e, prima di andare a cena, magari anche le cure del massaggatore o del fisioterapista.

Vita da ufficiali


Per quelli che ufficiali non lo sono, quelli che hanno risparmiato sino all'ultimo euro per partecipare e che non hanno potuto permettersi nessun extra (ed a volte neanche certi "must" come un mecanico al seguito) spesso la vita al bivacco inizia proprio a questo punto, quando la giornata volge al termine, e c'è quella successiva da organizzare pensando all'obbligatorietà di concedersi almeno qualche ora di sonno. Per questi la vita della Dakar è davvero dura. Bravi o no, spesso hanno trascorso in sella un tempo anche doppio rispetto ai "VIP", la moto devono cercare di tenerla insieme facendo tutto da soli, e la pastasciutta, quando c'è perchè è stata preparata da un volontario gentile, è fredda ed incollata da ore. E talvolta può capitare che rimarrà fredda per tutta la notte, aspettando invano il Pilota che è rimasto nel deserto accanto alla moto guasta, o è sul camion scopa che arriverà all'alba successiva.
Al "Privatone" toccano tutte insieme anche quelle mansioni delegate, nei grandi team, a persone diverse. Preparare la moto per la giornata seguente è sempre una operazione lenta e lunga, perchè richiede meticolosità doppia quando si è stanchi e doloranti. Andare a cercare un pezzo o un ricambio, portare gomme e cerchi al camion del "gommista" per il cambio, ripristinare il pieno di carburante e la dotazione di acqua (obbligatoria), allestire il giaciglio per la notte (e re-impacchettarlo al buio prima dell'alba successiva), ricomporre il puzzle di ricambi ed attrezzi stipato nella cassa regolamentare, che poi dovrà essere riconsegnata al mezzo che la trasporta da un bivacco all'altro, anche andare a mangiare sotto il tendone del bivacco, sono tutte operazioni che portano via un sacco di tempo, quando si preferirebbe, perchè se ne ha bisogno, riposare, e le poche ore a disposizione prima della partenza si volatilizzano alla velocità della luce. Per tutto questo, responsabilità agonistica a parte, come dicevamo all'inizio, i "privati" sono gli eroi della Dakar.

Per "sopravvivere", i privati si ingegnano, e spesso danno vita a delle piccole alleanze, sodalizi cruciali per andare avanti e risparmiare un po' di fatica (e di denaro). Spesso tali alleanze sono già state stabilite a casa, prima di partire, ma molte volte nascono spontanee durante la corsa, sulla base della complemetarietà delle necessità. Si può partire condividendo il meccanico prima della partenza, ma se ne possono anche "affittare" i servigi di quello rimasto improvvisamente disoccupato per il ritiro del Pilota assistito. Si può partecipare alla spesa di un camion di assistenza, ma si può scambiare lo spazio disponibile su una vettura in gara con una qualsiasi forma di aiuto anche solo promesso, decidendo sulla banchina dell'imbarco o alle verifiche preliminari. Un Pilota può essere un bravo meccanico, e l'altro un esperto elettro... moto, uno bravo a navigare e l'altro disporre di un buon intuito, uno avere più esperienza nello scovare i passaggi giusti e l'altro un fisico della madonna, utile a tirare su o far uscire una moto caduta o ficcata nella sabbia fino alle orecchie. O semplicemente due Piloti possomo decidere che l'uno andrà a fare la fila per prendere due vassoi con la cena mentre l'altro finisce di rimontare serbatoi e carene dele mot di entrambi. A volte per far brillare la scintilla della solidarietà lunga tutta una Dakar basta che uno abbia la leva del freno e l'altro quella della frizione nel marsupio. I motivi per darsi una mano non mancano alla Dakar, ed intendersi non è una questione di lingua, ma di disponibilità. E intelligenza.

Piero Batini
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