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Uno che ha cominciato a correre i rally africani nel 1985 - soprattutto in moto, ma anche in auto, col quad e col camion - e nel 2023 era ancora lì, di storie da raccontare ne ha tante. Franco Picco è stato - o meglio è - un pilota e un personaggio straordinario: punta ufficiale e bandiera di Yamaha, poi di Suzuki e di Gilera, non ha vinto la Parigi-Dakar soltanto per pura sfortuna, ma ha comunque portato a casa due successi pieni ai Faraoni, tre nel Rally delle Piramidi e una Transpagna. Una leggenda.
L’ho conosciuto fin da quando vinceva nel cross, l’ho seguito da vicino alla Dakar in Africa dal 1986 al ‘91, ma si sa: di una persona non conosci mai veramente tutto. Sapevo che è coraggioso e tosto, che è una gran bella manetta, che sa mettere le mani nei motori e che è un vero appassionato. Ma non immaginavo quanto alto fosse il suo livello e il libro ha sorpreso anche me.
Un protagonista. Suo malgrado, in fondo. Perché è un tipo schivo e poco amante della ribalta, certo, ma anche perché accettò di correre sulla sabbia soltanto per allenarsi al fondo per lui più ostico del motocross. “E facciamo sta Dakar che sta a cuore alla Yamaha - si disse nel 1985 - qualche giorno per accontentarli e poi torno a casa”.
Poi capì che era più sicuro stare con gli altri fino alla fine, l’idea di perdersi gli faceva giustamente paura, e giorno dopo giorno ci prese gusto. Fu proprio quell’edizione del 1985 ad appassionare il pubblico italiano: Picco e i suoi compagni di Yamaha guidavano la classifica benché avessero perduto tutti i mezzi di assistenza, Franco andò vicino a vincere subito il rally e fu fermato da un cavillo regolamentare. Mediaset passava qualche immagine prodotta dai francesi, decidemmo che dall’anno successivo avremmo seguito la carovana con la nostra troupe e così accadde.
Negli anni successivi scoprii un Franco Picco talentuoso e tenace, deciso nelle sue scelte e generoso: pronto a prendersi tutte le responsabilità, anche quelle che non gli competevano, senza farlo pesare e nessuno. L’atmosfera nel team Yamaha-Belgarda non era facile, lo sponsor investiva molti soldi e voleva tutto, “bisognava” vincere e ogni intoppo era vissuto come una tragedia. Non era lo spirito ideale per la Parigi-Dakar. Pazienza, è andata così.
C’è anche qualche bella foto, nel libro, principalmente di Rally Zone e di Gigi Soldano. C’è tanto motociclismo, fino agli ultimi anni con la Fantic Motor. Avventure, vittorie, sconfitte, cadute rovinose e trionfi all’insegna della semplicità, dell’autenticità del personaggio. Pagine molto belle, come quella dove si racconta un Picco giovanissimo: convinse Ancillotti a dargli un muletto ufficiale nelle finali tricolori del 1973 con la serenità dell’appassionato comune, la mia moto è rotta e la vostra è lì a far niente...
Quando giri l’ultima pagina hai la netta sensazione che tanto di più si poteva raccontare. Ma la carriera di Franco è così lunga che era difficile far meglio….“Storie straordinarie dalle mie Dakar - Franco Picco” è scritto da Massimo Tamburelli e Matteo Aramini; edito da Univers Edizioni, ha 128 pagine e costa 19 euro. Lo trovate in libreria e facilmente sul web.