Poker d'assi a Dakar, parte 2: Marc Coma

Poker d'assi a Dakar, parte 2: Marc Coma
Prosegue la nostra rassegna di interviste ai protagonisti della Dakar 2013. Dopo Rodrigues tocca a Coma parlarci della sua situazione e delle sue aspettative per la classica sudamericana
3 dicembre 2012

Punti chiave

Continuiamo con la seconda intervista del nostro poker di protagonisti annunciati della Dakar 2013. Dopo Helder Rodrigues stavolta tocca a Marc Coma fare una veloce chiacchierata e raccontarci dell'incidente al Maroc, del suo stato d'animo e di quelle che sono le sue aspettative per la Dakar.

 

Marc, l’incidente in Marocco non ci voleva…

«Un incidente non ci vuole mai, ma le corse sono così, può capitare. Non è stato un infortunio grave, siamo a buon punto nel percorso di recupero ma bisogna lavorare ancora e di più per essere pronti. L’incidente c'è stato ma bisogna andare avanti, non c’è altra soluzione.»

 

Quando sei caduto ti sei preoccupato?

«In effetti si. Si pensa sempre al peggio, soprattutto in vista della Dakar. In un primo momento pensavo che fosse più grave di quello che in effetti era, e per un momento ho pensato che la mia prossima Dakar fosse finita prima ancora di iniziare. È stata la prima sensazione, dopo abbiamo visto con i medici che era meno grave di quello che sembrava ed abbiamo cominciato subito a lavorare. Con la fisioterapia, con il recupero. E stiamo ancora lavorando, ma con la certezza che saremo pronti per il grande giorno

 

Sarà una Dakar d’attacco? Come vedi l’edizione che sta per arrivare?

«Penso che sarà un poco diversa da quelle a cui ci siamo abituati negli ultimi anni. È arrivata Honda, Husqvarna ha ormai qualche anno di buon lavoro sulle spalle, e noi ci siamo. Per questo penso che sarà una Dakar con un gap ridotto tra i piloti in lizza per la vittoria. Già l’anno scorso pensavamo che sarebbe stata così, un rally con una maggiore bagarre, anche se poi si è risolta come le ultime: un confronto limitato a due piloti. Quest’anno credo proprio che finalmente vedrete un rally molto più aperto e combattuto. Per noi tutto sommato è meglio. Quando la gara è aperta c’è poco da controllare e poche tattiche da scegliere e da adottare. Bisogna fare una cosa soltanto: attaccare.»

 

Diventa una gara più istintiva, più "all’antica”?

«Sì, penso che sarà proprio così. Ed è un bene per la corsa, per l’interesse che potrà suscitare negli appassionati. E sarà certamente una bellissima Dakar.»

 

Quest’anno credo proprio che vedrete un rally aperto e combattuto. Per noi piloti è meglio, bisogna fare una cosa soltanto: attaccare

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Che pensi di Helder Rodrigues?

«Helder è già da due anni sul podio, e non penso che sia una casualità. L’arrivo della Honda ufficiale gli da un po’ più di consistenza, e lo avvicina ulteriormente a noi.»

 

 

Vedi una gara aperta a tre marche fino all’ultimo giorno?

«Ci penso. Non lo so se sarà così fino all’ultimo giorno, ma sono sicuro che nella prima parte assisterete ad una guerra interessante. Poi, dopo, conosciamo bene la Dakar. È una gara a eliminazione, e l’importante è essere lì tutti i giorni fino all’ultimo. Solo allora potremo vedere dove siamo realmente.» 

 

Piero Batini

 

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