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Due settimane: tanto è il tempo che i produttori di moto e scooter hanno a disposizione per elaborare e presentare al governo indiano il loro piano strategico e di intenti rispetto alla loro conversione all'elettrico.
Del resto, fin dai primi momenti della sua campagna elettorale, l'ultrahindu Modi, neoeletto presidente, aveva manifestato a chiare lettere nel suo programma l'intenzione di introdurre una serie di nuove regole per la mobilità pulita.
Regole che, oggi, via via, si apprestano a entrare in vigore. Come quella che dovrebbe garantire che il 40% delle flotte dei servizi di sharing, taxi e consegna sia elettrica entro il 2026, oppure che, a partire dal 2025, tutti gli scooter e le moto con una cilindrata superiore a 150 cc venduti nel Paese dovranno essere elettrici. Sullo sfondo c'è la necessità di ridurre l'inquinamento assecondando i princìpi di Parigi, ma anche quella di ridurre i costi alla voce "importazione di carburante", una delle grandi uscite del Paese-Continente
Questa ondata ecologista - ma soprattutto i tempi stretti con cui il potere politico indiano ha intenzione di scatenarla - ha ovviamente spaventato i principali produttori coinvolti nella partita, che hanno immediatamente espresso le loro perplessità, affermando che una tale strategia potrebbe portare a pericolose interruzioni nelle catene produttive attuali, oltre a creare non poche difficoltà nel predisporre gli investimenti per le infrastrutture necessarie a far partire la produzione dei mezzi elettrici. Con tutte le ricadute occupazionali del caso.